Aggiornato il 20 Settembre 2022
Nel centenario dalla nascita di Mario Lodi, uno dei ‘maestri che hanno fatto l’Italia’, abbiamo invitato Cesare Sottocorno – maestro di scuola e nostro collaboratore – a scrivere una riflessione su questo pedagogista, insegnante e scrittore che ha profondamente contribuito a innovare la scuola italiana dal secondo dopoguerra a oggi e che – a nostro avviso – merita di essere incontrato. Ecco le sue parole.
Ho conosciuto, poco tempo dopo il mio diploma magistrale, il Movimento di Cooperazione Educativa e condiviso, idealmente e, quando mi è stato possibile, nella pratica quotidiana del mio essere docente, il pensiero pedagogico di quel gruppo innovativo per la scuola degli anni settanta del secolo scorso. Uno dei più attivi esponenti del gruppo, le cui metodologie educative erano ispirate agli insegnamenti di Cèlestin Freinet, era Mario Lodi. Come lui ero maestro di quella che era la scuola elementare. Insegnavamo ai poli opposti della provincia di Cremona, io a Rivolta d’Adda, ai confini del Milanese, e lui al Vho e a Drizzona, frazioni di Piadena, paese poco distante dal Mantovano. La stessa terra, gli scolari figli in gran parte dei contadini che arrivavano a piedi dai cascinali sparsi nella campagna. Non ho vissuto come lui né gli anni del fascismo e della guerra durante la quale venne imprigionato per motivi politici, né quelli del miracolo economico e del neorealismo.
Ma come scolaro mi sono seduto sui banchi di legno con il calamaio e ho scritto con l’inchiostro del pennino. Ho imparato a leggere, scrivere e far di conto quando i programmi seguivano il ritmo delle stagioni e delle feste religiose: l’autunno, san Francesco, una vacanza quattro giorni dopo il suono della prima campanella, l’inverno e di seguito i Morti, Natale…
Quando sono passato dall’altra parte della cattedra e dopo aver letto Il Paese sbagliato. Diario di un’esperienza didattica, ho scoperto che la sua scuola era lontana da quella che avevo frequentato. Nelle sue classi si insegnava la Costituzione repubblicana, si mettevano al centro i valori della libertà, della democrazia e della partecipazione.
Le nozioni hanno lasciato spazio al testo libero, alla ricerca sul campo (quella che oggi viene chiamata ricerca-azione), ad attività espressive quali la pittura e il teatro, alla lettura dei quotidiani, alla scrittura individuale e di gruppo di testi e di libri come Cipì, alla corrispondenza interscolastica, sviluppando naturalmente quelle competenze intorno alle quali, oggi, si definiscono i progetti e il lavoro degli insegnanti.
Tra i destinatari delle lettere dei suoi alunni c’erano i ragazzi della scuola di Barbiana di don Lorenzo Milani che Mario Lodi aveva incontrato nell’agosto del 1963. Sulle pareti della stanza della canonica del piccolo borgo sperduto tra i boschi dell’Appennino, il priore don Lorenzo aveva esposto gli articoli della Costituzione proprio come aveva fatto il maestro del Vho.
Un maestro di campagna che ogni giorno ha saputo ascoltare le voci dei bambini, fare tesoro delle loro esperienze vissute per crescere e formare cittadini pensanti che hanno saputo prendere coscienza di sé, degli altri e di quanto accade nel mondo. Le sue classi, liberate dalla cattedra, non sono più una somma di singoli individui ma un insieme di idee, di pensieri che si confrontano e dialogano tra di loro. Classi laboratorio nelle quali l’io diventa noi, dove si stampa il giornalino della scuola, si progettano lavori per migliorare l’ambiente, si parla di pace, si costruisce una biblioteca, si recuperano la cultura e le tradizioni del territorio.
Lasciata la scuola, acquista una cascina a Drizzona dove fonda la Casa delle Arti e del Gioco, un laboratorio di linguaggi e metodi pedagogici e un centro studi sulla cultura del bambino.
L’esperienza di Mario Lodi e il suo metodo sono stati adottati, con il tempo, da molte classi interessando un numero sempre maggiore di insegnanti. Il processo di crescita e di rinnovamento, che ha coinvolto alunni e genitori, ha consentito alla scuola elementare italiana, anche grazie al suo insegnamento, di essere una delle istituzioni educative migliori in Europa.
Nel panorama della Scuola Italiana, in particolare di quella che viene chiamata Primaria, l’esperienza di Mario Lodi è stata seguita, non tanto nei programmi o nelle riforme ministeriali, ma nella pratica quotidiana da un molteplice numero di insegnanti (prova ne è, per esempio, la partecipazione al concorso dedicato a Gianni Rodari), la cui creatività è rimasta lontana dalle cronache e dai riflettori dei media. Certamente la scuola di Mario Lodi non ha niente a che vedere con la didattica a distanza che, a causa della pandemia, ha travolto il sistema scolastico e numerose attività educative e culturali. Ma il maestro del paese sbagliato avrebbe trovato una soluzione anche in questa situazione che sta agitando e creando non poche difficoltà agli insegnanti, ai bambini e alle famiglie italiane (e non solo).
Nato a Vho di Piadena il 17 febbraio 1922, si diploma maestro proprio allo scoppiare della Seconda Guerra Mondiale. Subisce il carcere per motivi politici e, al termine della guerra, si adopera per stimolare l’espressione dei giovani: un giornale, il teatro, scuole gestite da volontari. La presa di coscienza dell’esperienza bellica si trasforma in impegno pedagogico per una scuola e una società democratiche. Fulcro della sua attività la collaborazione e la possibilità di esprimersi per arrivare alla conoscenza della libertà attraverso la pratica della libertà.
Si avvicina al Movimento di Cooperazione Educativa per imparare a formare e liberare la cultura del maestro insieme con quella dei bambini. Oltre all’insegnamento, si dedica alla scrittura di libri di fiabe e racconti, alcuni scritti insieme con gli studenti, e di saggi per documentare le proprie esperienze pedagogiche.
Anche dopo la pensione, continua a promuovere i processi educativi centrati su aspetti positivi della socialità come la partecipazione, la collaborazione, il rispetto, la felicità.
Organizza mostre e raccolte di materiale prodotto dai bambini, un giornale (“A&B”, in seguito “Il giornale dei bambini”) interamente scritto e illustrato dai bambini, per mettere in pratica il loro diritto costituzionale di esprimersi e comunicare.
Nel 1989 riceve la Laurea Honoris Causa in Pedagogia dall’Università Statale di Bologna. Nello stesso anno fonda La casa delle Arti e del Gioco con i proventi del premio LEGO: un laboratorio in cui sperimentare tutti i linguaggi umani. L’associazione è tuttora attiva per mantenere viva la conoscenza delle opere e del pensiero di Mario Lodi: Casa delle Arti e del Gioco – Mario Lodi.
Dal 1995 cura la collana Laboratorio Minimo per Editoriale Scienza: testi guida per ragazzi e educatori che vogliano introdurre un atteggiamento scientifico nel quotidiano scolastico. Nel 2001 viene nominato nel consiglio di amministrazione di INDIRE (Istituto nazionale di documentazione innovazione e ricerca educativa).
Muore a Drizzona il 2 marzo 2014.
Approfondimenti
Si ringrazia Francesca Brunetti per la consulenza bibliografica
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