SCATOLE COLORATE
Quest’anno abbiamo deciso di farvi viaggiare nello Spazio partendo proprio dalle parole di Gianni Rodari. Come forse avrete sentito dire, Rodari era un insegnante e artista versatile che scriveva sia in prosa sia in poesia; era un innovatore e si interessava di tanti argomenti diversi, tra i quali l’astronomia.
Vi invitiamo a raccontarci una storia, in prosa o componimento poetico, sui Buchi Neri, usando come incipit uno dei due che abbiamo scelto fra quelli scritti da Gianni Rodari e che vi riportiamo nelle due scatole colorate blu e rossa. Un momento… Non sapete cos’è un incipit? Niente paura, ve ne parliamo nella scatola verde, mentre in quella arancione trovate molti spunti sui Buchi Neri, l’argomento astronomico che deve essere presente nella vostra opera.
Gianni Rodari La torta in cielo (1964)
Una mattina d’aprile verso le sei, al Trullo, i passanti che attendevano il primo autobus per il centro, alzando gli occhi a studiare il tempo, videro il cielo della loro borgata quasi interamente occupato da un enorme oggetto circolare di colore oscuro, che se ne stava al posto delle nuvole, immobile, a un migliaio di metri sopra il livello dei tetti. […] “La cosa”, effettivamente, pareva un gran buco nero nel cielo, e aveva intorno una corona limpida e azzurra.
Gianni Rodari, Un uomo in cielo da Filastrocche in cielo e in Terra (1960)
In rotta per Aldebaran
la vedetta gridò:
– Capitano, un uomo in cielo!
L’astronave si fermò.
Scegliete uno dei due incipit che vi proponiamo scritti da Gianni Rodari, senza cambiarlo, e poi scatenate la vostra fantasia, continuando sull’onda narrativa o poetica nata dalle parole del maestro.
Attenzione: il testo inviato deve essere conforme al bando e avere come tema (per l’appunto) i buchi neri.
TUTTA COLPA DELLA MASSA
La caratteristica più importante di un buco nero dipende dalla sua immensa forza di gravità. Noi la forza di gravità la conosciamo, la sperimentiamo fin da piccoli quando facciamo cadere un po’ tutto a terra. O quando saltiamo e ricadiamo al suolo. La forza di gravità dipende dalla quantità di materia (i fisici dicono “la massa”) del pianeta che ci sta sotto i piedi: la Terra.
È possibile sfuggire a questa forza che ci tiene legati al suolo? Fare un bel salto e non tornare giù? Sì. Ma ci vuole una velocità molto elevata che, con molta fantasia, si chiama velocità di fuga: per lasciare la Terra bisogna viaggiare a più di 11 chilometri al secondo, cioè più di 40 000 chilometri all’ora. Nessuna automobile ci riesce, ma i razzi sì, da quelli che portano in orbita i satelliti a quelli che ci hanno fatto raggiungere la Luna.
E anche per sfuggire alla Luna servono 11 chilometri al secondo? No: la Luna è più piccola e leggera della Terra e la velocità necessaria per lasciare la sua superficie è più bassa, ma sempre altissima per le nostre abitudini quotidiane: poco più di 8000 chilometri all’ora (circa 2 chilometri al secondo). Per il Sole, ben più imponente di Terra e Luna, servono addirittura più di 2 milioni di chilometri all’ora, che corrispondono a 600 chilometri al secondo (da Milano a Roma in 1 secondo!).
La velocità di fuga in realtà non dipende solo dalla massa del corpo da cui ci si allontana, ma anche da quanto questa massa è concentrata: tanto più densa è la materia, maggiore è la velocità che serve per allontanarsene. Se continuate ad aumentare la quantità di materia (di massa) o a diminuire le dimensioni che la contengono, la velocità necessaria per allontanarsi continua a crescere; ma la nostra velocità non può crescere all’infinito, c’è un limite, come ci ha spiegato Albert Einstein: è la velocità della luce nel vuoto (che vale circa 300 000 chilometri al secondo). Non si può superare, non tanto perché non siamo riusciti ancora a costruire un motore abbastanza potente, ma proprio perché le leggi della fisica (almeno per come le conosciamo ora) non lo consentono.
Quindi, se la velocità di fuga da un corpo celeste diventa maggiore della velocità della luce, vuol dire che nulla riesce a sfuggire: nessun razzo o diavoleria meccanica, ma nemmeno la luce. Un corpo di questo tipo viene chiamato buco nero. La distanza a cui nulla può sfuggire si chiama orizzonte degli eventi. Ne riparleremo, intanto guardate cosa combina Willy il Coyote.
ORIZZONTI E SPAGHETTI
Siamo sinceri: cadere in un buco nero non deve essere piacevole. C’è di buono che non ci si spiaccica su una superficie; si pensa infatti che un buco nero non abbia una parete solida che lo divide dal resto. Se no non sarebbe un buco, direte voi, ma attenzione! Non è un buco come lo intendiamo noi nella nostra quotidianità, cioè non è vuoto: dentro c’è parte della stella iniziale che lo ha generato (vedi Nascita e morte di un buco nero) e c’è pure tutto quello che il buco nero si è mangiato nella sua lunga e famelica vita.
E dove sta tutto ciò? Pensiamo che questa materia sia molto compressa al centro del buco nero, in un punto chiamato “singolarità”. Intorno, a una certa distanza che dipende dalla massa del buco nero, c’è quello che abbiamo chiamato orizzonte degli eventi. Questo orizzonte separa il “dentro” dal “fuori”, un po” come un confine oltre il quale nulla sfugge.
Per farvene un’idea, pensate a una situazione drammatica: una barca vicino a una cascata, voi state remando furiosamente per sfuggire al baratro. Se siete sufficientemente lontani, la vostra forza (panico!) vi permetterà di allontanarvi dal pericolo, ma se superate un confine critico, per quanto vi sforziate, la forza della corrente vincerà e (purtroppo) cadrete giù. Quel confine non è segnato sul fiume, ma c’è.
Nel caso della cascata, cadete e vi bagnate. Ma nel caso del buco nero? Quando si attraversa l’orizzonte degli eventi e si precipita nel buco nero, strane cose capitano alla materia in caduta. Immaginatevi lì vicino: state cadendo di testa, come in un tuffo; ebbene, la vostra testa sente più gravità dei piedi, vi allungate, sempre più, sempre più, fino a quando diventate uno spaghetto (si chiama proprio così: spaghettificazione). Finirete dunque i vostri giorni come uno spaghetto? No, purtroppo le brutte notizie non sono finite: la vostra struttura molecolare si disgregherà e gli atomi che compongono il vostro corpo raggiungeranno il buco nero…in fila indiana.
Ma niente paura: nessuno di noi corre il rischio di caderci dentro. Facendo un conto approssimativo, vediamo che il buco nero a noi più vicino dista circa 80 anni luce: cioè la luce, che viaggia a una velocità irraggiungibile per noi umani, a 300 000 chilometri al secondo, ci mette più di 80 anni per arrivare. Quindi al momento per noi è davvero difficile, per non dire impossibile, raggiungere un buco nero di persona.
Con l’immaginazione, però, è tutta un’altra storia.
GUARDARE IN FACCIA UN BUCO NERO
L’orizzonte degli eventi, il confine di un buco nero, è forse uno dei luoghi più affascinanti dell’Universo. E noi (umani curiosi e determinati) l’abbiamo sfidato: con una serie di radiotelescopi abbiamo guardato in faccia dei buchi neri.
Il telescopio “dell’orizzonte degli eventi” (EHT da Event Horizon Telescope, in inglese) ha prodotto l’immagine diretta della zona intorno all’orizzonte degli eventi di due buchi neri supermassicci: nel 2019 quello di una galassia del nostro vicinato, Messier 87 (o M87) e nel 2022, quest’anno!, quello nella nostra Galassia (la Via Lattea).
La parte colorata che vedete nelle immagini mostra i fotoni (cioè la luce) emessi dalla materia che sta cadendo dentro il buco nero. Appare a forma di ciambella perché è prodotta da fotoni che non riescono ad andare dritti ma curvano a causa dell’immensa gravità dovuta al buco nero.
Vi sembrano due immagini fuori fuoco o poco più? Beh, in parte è vero, ma questi oggetti non sono proprio a portata di mano e soprattutto non si sono messi in posa per la foto, quindi è stata un'impresa straordinaria raggiungere questo risultato: gli scienziati hanno usato una serie di antenne sparse per il mondo che hanno funzionato insieme, come se fossero un unico gigantesco telescopio di dimensioni pari a quelle del nostro pianeta. Questo permette di osservare con un dettaglio straordinario gli oggetti celesti, un dettaglio pari a quello necessario per distinguere, dalla Terra!, una ciambella sulla Luna.
Elisabetta Liuzzo dell'INAF che collabora con l’EHT ci racconta: Per gli astronomi, i buchi neri sono tra i corpi celesti più misteriosi del Cosmo. Piano piano stiamo riuscendo a 'colorare' questi oggetti tramite il lavoro intenso e coordinato di tanti ricercatori e strumenti, ma c'è ancora molto che deve essere compreso sulla loro natura e fisica.
COME FOGLIE AL VENTO
Per molto tempo i buchi neri furono considerati oggetti astratti, non reali, previsti grazie al genio, e alla matematica, di Albert Einstein e Karl Schwarzschild. Oggi sappiamo che sono reali almeno quanto un gatto (nero?) che si lecca una zampa.
Ma come si studia un oggetto da cui non esce luce? Dagli effetti che ha su quanto lo circonda. Voi non vedete il vento, ma se vedete le foglie svolazzare, capite che il vento c’è. Accade una cosa analoga per un buco nero: lo si studia in modo indiretto, sfruttando gli effetti che la sua gravità esercita nei paraggi. Le immagini ottenute negli ultimi anni con l'Event Horizon Telescope, di cui abbiamo parlato in Guardare in faccia un buco nero, sono un capolavoro di creatività e tecnologia, ma non sono l'unico modo; fra gli altri possibili modi di studiare i buchi neri, ve ne raccontiamo tre.
1) L’immensa gravità di un buco nero accelera tutto ciò che si avvicina, come accade alle stelle in orbita intorno al buco nero al centro della nostra Galassia. La danza delle stelle di cui vedete un'immagine qui sotto (e che potete vedere in video qui) può essere spiegata solo attraverso la presenza di un corpo celeste estremamente massiccio e buio, come un buco nero.
2) Un altro modo riguarda lo studio del cosiddetto disco di accrescimento, un disco di materia che si forma intorno ai buchi neri e che si muove verso l'orizzonte degli eventi: la materia inizia a girare sempre più velocemente intorno al buco nero, si scalda a temperature elevatissime (parliamo di qualche milione di gradi) e ne scopriamo l’esistenza grazie alla luce che emette per effetto della temperatura: l’emissione è nella banda dei raggi X.
3) Un nuovo modo di osservare i buchi neri viene da una delle intuizioni geniali di Albert Einstein (sempre lui) e sfrutta le cosiddette onde gravitazionali. Quando due buchi neri si avvicinano molto tra loro, iniziano a ruotare l'uno intorno all’altro, in una danza sempre più vorticosa, fino a raggiungere un momento in cui l’uno non si può distinguere dall’altro poiché si sono fusi a formare un unico buco nero. Questo scontro così imponente distorce lo Spazio facendolo vibrare e generando onde gravitazionali, che effettivamente abbiamo osservato.
TAGLIE DEI BUCHI NERI
Spesso si crede che i buchi neri per essere tali debbano essere per forza grandissimi. Come abbiamo visto, questo non è vero: quello che conta non è solo quanta materia si ha in gioco, ma anche in quanto spazio è compressa. Se volessimo, per chissà quali strani motivi, far diventare la Terra un buco nero, basterebbe (si fa per dire) comprimere tutta la sua massa in una piccola biglia: da più di 6 mila chilometri di raggio a meno di 1 centimetro. Per fare lo stesso con il Sole, che ha molta più massa della Terra, bisognerebbe prendere la sua massa, che sta in un raggio di circa 700 mila chilometri, e schiacciarla in una palla di qualche chilometro (ben più grande della biglia terrestre, ma il punto di partenza è diverso).
Nella nostra galassia osserviamo buchi neri la cui massa è pari a qualche decina di volte quella del Sole (chiamiamoli 'piccoli' perché non abbiamo ancora visto buchi neri più piccoli di così): di fatto abbiamo calcolato che ce ne dovrebbero essere davvero tanti, qualcosa come mezzo miliardo (solo nella Via Lattea). E di galassie come la nostra ce ne sono centinaia di miliardi nell'Universo!
Osserviamo anche un'altra categoria di buchi neri, di qualche milione o addirittura qualche miliardo di masse solari: quelli cosiddetti supermassicci ('grandissimi') che stanno al centro delle galassie. In realtà si pensa che tutte le galassie contengano un buco nero grandissimo, che a volte è tranquillo, a volte invece è molto attivo, tanto che lo vediamo fare scintille con la materia circostante (sono i nuclei galattici attivi o AGN, Active Galactic Nuclei).
Quello che non sappiamo ancora con certezza è se esistano i buchi neri di taglia intermedia (diciamo qualche migliaio a qualche centinaia di migliaia di volte la massa del Sole). Sembra strano che ci siano così tanti buchi neri 'piccoli' (una decina di volte la massa del Sole) e buchi neri 'grandissimi' (milioni o miliardi di volte quella del Sole) ma non quelli che stanno in mezzo. Sono effettivamente molto meno o sono solo difficili da osservare per qualche motivo? Al momento, non è chiaro nemmeno per gli studiosi.
NASCITA (E MORTE) DI UN BUCO NERO
I buchi neri di massa stellare, che abbiamo chiamato 'piccoli', si formano quando una stella sufficientemente grande termina la propria vita in un'esplosione di supernova. (Per i più curiosi: sufficientemente grande vuol dire una stella di almeno 20 volte la massa del nostro Sole). Quello che prima era molto luminoso, una stella, poi diventa buio: un buco nero. Infatti quando il carburante interno della stella (che la tiene accesa e luminosa) viene tutto consumato, la stella “collassa”, cioè molta parte della stella cade verso il centro e, non trovando alcun ostacolo che possa fermarla, finisce con il formare un oggetto molto denso, un oggetto da cui a un certo punto nemmeno la luce potrà sfuggire: un buco nero, appunto. Gli strati più esterni vengono invece lanciati nello spazio a formare un resto di supernova.
I buchi neri che abbiamo chiamato 'grandissimi, invece, sono ancora un po' misteriosi: non sappiamo esattamente come si formino. Una delle possibilità è che nascano per fusione: buchi neri più piccoli che unendosi ne formano uno sempre più grande. Per far questo ci vuole moltissimo tempo, miliardi di anni, una grande parte della vita dell’Universo (che ha circa 14 miliardi di anni).
E i buchi neri intermedi che facciamo così fatica a scovare? Nascono da esplosioni di stelle particolari? Studiarli potrebbe aiutarci a capire come si sono formati i buchi neri grandissimi. Ma non abbiamo ancora la risposta, magari un giorno lo scoprirete proprio voi e ce lo racconterete.
Se da un lato ci sono teorie e indicazioni sulla nascita dei buchi neri (le supernove e i resti di supernova sono osservabili), per quanto riguarda la loro fine il tutto è molto più incerto. Una possibilità è che, una volta finito di attirare la materia nelle vicinanze, i buchi neri inizino a 'evaporare' rilasciando energia nello spazio circostante (fenomeno noto come radiazione di Hawking dal nome dello scienziato che l'ha proposta). Ma al momento non sappiamo se questa teoria sia corretta: per i buchi neri che conosciamo (dai ‘piccoli’ in su), il tempo di evaporazione previsto è troppo lungo, molto più dell’età dell’Universo.
Chissà se qualcuno, da qualche parte nell’Universo, umano o alieno, vedrà mai la fine di un buco nero.
Per approfondire
Viaggio verso il buco nero al centro di M87 (EHT, video di 47 secondi)
Scritto da voi in Briciole Spaziali: una rubrica vietata ai maggiori di 14 anni
- Bruno (9 anni) spiega i “Buchi neri e il loro fascino”
- Emanuele (12 anni) ci parla di “Buchi neri e teorie associate“
Più adatti per la scuola secondaria
Per i più curiosi (audio di 34 secondi)
Percorso didattico sui buchi neri (in occasione del Nobel 2020 per la Fisica)
Percorso didattico sulle onde gravitazionali
Velocità di fuga nel Sistema Solare (su una distanza di 50km) – in inglese (video di 1 minuto e 47 secondi)
Universo Animato: in caduta libera nel Sistema Solare
Buchi neri per curiosi: intervista a Gabriele Ghisellini dell’INAF
Tre cose che ancora non sappiamo sui buchi neri – Amedeo Balbi (video di 7 minuti e 28 secondi)
Il sito del telescopio EHT (in inglese)
La rotazione delle stelle intorno al buco nero della Via Lattea (video di 37 secondi).
Dopo M87, ecco il buco nero della nostra galassia (video, 4 minuti e 43 secondi) – Intervista a Elisabetta Liuzzo dell’INAF.
Confronto tra le dimensioni reali dei due buchi neri osservati da EHT (Sagittario A*, il buco nero al centro della Via Lattea, e il buco nero al centro della galassia M87). Video di 19 secondi.
STIAMO ARRIVANDO - 23 OTTOBRE 2022
Moduli e documentazione
- Partecipazione individuale: Modulo di iscrizione, Scheda di autorizzazione
- Partecipazione per classe: Modulo di iscrizione
- Informativa sul trattamento dei dati personali
- Bando del concorso
- Locandine: in nero, in bianco
Concorso a cura di: Adamantia Paizis, Anna Wolter, Federica Duras, Giuliana Giobbi ed Elena Zucca del gruppo Storie dell'INAF.
Giuria: Elena Zucca, Sandro Bardelli, Francesca Brunetti, Marco Castellani del gruppo Storie dell'INAF con la collaborazione esterna di Emanuela Bussolati (autrice, illustratrice e ideatrice di libri e collane per bambini) e Cesare Sottocorno (docente e conoscitore dell’opera di Gianni Rodari)..
Grafica a cura di: Gianluigi Filippelli (sito), Laura Barbalini (locandina), Emanuela Bussolati (Illustrazione)
Video di lancio del Concorso: Federica Duras del gruppo Storie dell'INAF
Si ringraziano la famiglia Rodari per la possibilità di utilizzare i testi di Gianni Rodari che appaiono in queste pagine; Gabriele Ghisellini e Elisabetta Liuzzo (INAF) per la loro partecipazione e passione verso i buchi neri.