Aggiornato il 19 Maggio 2020
La mostra è allestita nello spazio Trieste Città della Conoscenza nella stazione ferroviaria di Piazza della Libertà ed è visitabile, gratuitamente, da lunedì a venerdì dalle 9 alle 12 e dalle 14 alle 17.
Sempre nello stesso spazio, si terranno due conferenze.
Il 20 marzo, alle 18: Da un esagono all’esplorazione virtuale, Federico Gasparo e Giulia Iafrate, INAF-Osservatorio astronomico di Trieste.
Il 27 marzo, alle 18: Omaggio a Primo Levi e Dmitri Mendeleev: l’origine degli elementi nell’Universo Francesca Matteucci, Accademia dei Lincei e Università di Trieste
Il telescopio con uno specchio segmentato alla Horn è lo strumento del presente e del futuro. Quando se ne costruirà uno sulla luna, questo sarà necessariamente un telescopio con uno specchio a tasselli. Già negli anni Cinquanta del XX secolo, con una lucidità impressionante, Horn aveva scritto come uno specchio a tasselli poteva essere trasportato più agevolmente nello spazio e con minori rischi di rottura. Ed è così che il successore del telescopio spaziale Hubble, il James Webb Telescope, che ha uno specchio da 6.5 metri di diametro formato da 18 tasselli esagonali di berillio, verrà messo in orbita nel 2010. Lo specchio a tasselli esagonali è ripiegato in tre parti per essere contenuto nell’ogiva di un razzo Ariane 5. Una volta nello spazio si aprirà come un fiore a dispiegare tutta la sua superficie.
La storia del telescopio è in gran parte la storia della produzione di lenti e di specchi sempre più grandi perché permettono di vedere sorgenti celesti sempre più deboli e lontane. Le dimensioni massime nella costruzione di uno specchio per il telescopio sono quindi il fattore determinante e vengono sempre associate al telescopio per indicarne le possibilità. Ma esistono limiti ben precisi alla costruzione di specchi, ed è per superare questi limiti che Horn concepisce il suo telescopio a tasselli proprio negli anni Trenta e realizza il primo prototipo da 1 m di diametro e poi uno con un diametro di 1.8 m, formato da 61 segmenti esagonali che allora, nel 1952, era il più grande telescopio in Italia.
L’intuizione di Horn è stata ripresa e sviluppata oltreoceano con il Multi Mirror Telescope negli anni Settanta, nell’epoca dei calcolatori, e oggi viene utilizzata dai maggiori telescopi nel mondo, come pure in quelli in costruzione. Come l’E-ELT, che con i suoi 798 specchi esagonali di 1.4 m ciascuno, formerà uno specchio di 39 m e che, una volta realizzato, sarà il maggiore al mondo. Ma saranno telescopi segmentati anche quelli delle generazioni a venire, che raggiungeranno i 100 m, come già era stato proposto dall’astronomo dell’ESO Roberto Gilmozzi, e oltre. Lo specchio a tasselli alla Horn è uno specchio tecnologicamente illimitato.
L’innovazione apportata da Guido Horn d’Arturo alla concezione stessa del telescopio è talmente fondamentale da poter accostare senza timore di esagerare il suo nome a quello dei grandi che hanno fatto la storia del telescopio come Galileo e Newton. È merito del Museo Ebraico di Bologna, del suo direttore, Vincenza Maugeri, e dei suoi ricercatori, Caterina Quareni e Stefano Nicola Sinicropi, aver realizzato una mostra su Horn nel 2017, in occasione della ricorrenza dei cinquant’anni della morte di Guido Horn d’Arturo con il “desiderio di riportare alla memoria collettiva” il ricordo di una figura nota solo agli specialisti ma di assoluto rilievo internazionale. Direi che è anche grazie a questa iniziativa, e all’infaticabile lavoro di Marina Zuccoli e Fabrizio Bonoli e dei colleghi dell’Osservatorio di Bologna, che la figura di Horn sta incominciando a venire apprezzata per il suo reale valore storico.
Dopo Bologna la mostra è stata presentata a Catania in occasione della dedica a Guido Horn d’Arturo del telescopio ASTRI (Astrofisica con Specchi a Tecnologia Replicante) di 4 m all’Osservatorio di Serra La Nave, Catania, che da allora si chiama Telescopio Guido Horn d’Arturo. E la Società Astronomica Italiana ha intitolato quest’anno a Guido Horn d’Arturo una borsa di studio per la migliore tesi di carattere strumentale.
È con grande piacere, quindi, che abbiamo colto l’opportunità di portare la mostra del MEB a Trieste, la città dove Horn è nato ma dove è praticamente misconosciuto, anche negli ambienti scientifici. Anche se gran parte della sua carriera Horn l’ha fatta a Bologna dove andò come direttore nel 1920, è pur sempre un figlio illustre di questa città. Città a cui Horn rimarrà sempre legato come si evince dalla sua corrispondenza privata che rivela una personalità estremamente raffinata e complessa. Basterà ricordare che aveva studiato inglese da James Joyce e poi, a Bologna, era divenuto amico di Morandi, a cui pare avesse anche donato una delle sue ceramiche che il pittore ha ritratto nelle sue famose nature morte.
Non è un caso che la mostra si inauguri il 6 di Marzo, giornata dei Giusti tra le Nazioni, la vita di Horn è stata fortemente segnata dalle leggi razziali antiebraiche. Nel 1938 perse la direzione dell’Osservatorio di Bologna ed è grazie a qualche “Giusto” se ha potuto sopravvivere alle persecuzioni e nascondersi nei difficili anni della guerra per ritornare nel 1945 alla direzione dell’Osservatorio di Bologna e riprendere il suo progetto del telescopio a tasselli. Quest’anno ricorre il 100° anniversario della fondazione della Società Internazionale degli Astronomi (IAU). Horn fu membro della IAU fin dai primi anni di attività della società. Ebbe anche un ruolo di primo piano contribuendo alla commissione 3 presieduta da Frank M. Schlesinger (1871-1943), direttore dell’Osservatorio Astronomico di Yale, che ridefinì i contorni delle costellazioni celesti e la cui proposta fu approvata dalla IAU a Leiden il 13 luglio del 1928. E la mostra fa parte anche delle iniziative della IAU100.
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