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Un pensatore creativo: Fred Hoyle

Uno dei maggiori e più controversi scienziati del XX secolo. Noto per la teoria cosmologica dello stato stazionario, divulgatore d’eccezione e autore prolifico.

Aggiornato il 25 Gennaio 2023

Il 28 marzo del 1949, durante il Terzo Programma della BBC (successivamente riprodotto nel magazine audio The Listener, sempre della BBC), uno dei più famosi astronomi dell’epoca coniò il termine “big bang theory” riferendosi alla teoria secondo cui l’universo era nato a partire da un punto di densità infinita. Disse qualcosa del tipo:

These theories were based on the hypothesis that all the matter in the universe was created in one big bang at a particular time in the remote past.(1)Queste teorie si basavano sull’ipotesi che tutta la materia dell’universo venisse creata in una singola grande esplosione, in qualche istante ben definito in un passato lontano.

L’astronomo era il britannico Fred Hoyle, autore e sostenitore della teoria concorrente, quella dello stato stazionario, un vero creative thinker, secondo il collega Geoffrey Burbidge.

La vita

Fred Hoyle bambino
Fred Hoyle bambino – via St John’s College

Fred Hoyle nasce il 24 giugno 1915 a Gilstead, un paese dello Yorkshire (Regno Unito). I genitori, musicisti, lo incoraggiano tuttavia alla scienza: la curiosità di capire le novità del momento, come la costruzione di radio amatoriali appena dopo la prima guerra mondiale, circonda Fred bambino.
La tragedia della mia vita, confessa in un’intervista ad Alan Lightman è di non aver mai avuto un insegnante che mi spingesse a studiare, dai 6 ai 18 anni(2)Alan P. Lightman e Roberta Brawer, Origins: The Lives and Worlds of Modern Cosmologists, Harvard University Press, 1990. Una collezione di interviste a cosmologi di una o due generazioni successive a Hoyle. Include anche un’intervista allo stesso Hoyle. Molti degli intervistati hanno testimoniato dell’influenza di Hoyle nella divulgazione dell’astronomia e della cosmologia.. All’Università si avvicina al celebre fisico Paul Dirac: un professore che non voleva studenti per uno studente che non voleva mentori. La lezione di Dirac secondo Hoyle: un vero salto in avanti sulla conoscenza fisica dei fenomeni, e in particolare di come è fatto l’Universo, viene solo da una chiarezza matematica.
Durante la seconda guerra mondiale viene impiegato dalle forze armate per ricerche sui radar come mezzo di difesa. È in questa occasione che conosce due dei suoi primi collaboratori: Hermann Bondi e Thomas Gold. È la scintilla per elaborare la teoria della nucleosintesi esplosiva nelle supernove.

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Scienzati dello IOTA, l’Institute of Theoretical Astronomy, nel 1967. Si riconoscono: al centro Fred Hoyle, alla sua sinistra Margaret Burbidge, secondo da sinistra seduto Geoffrey Burbidge; terzo da sinistra seduto William Fowler. – via elementy.ru

Dopo la guerra, torna all’Università di Cambridge come docente e si fa conoscere in tutto il mondo per i suoi studi. Nel 1967 fonda l’Institute of Astronomy, di cui è il primo direttore, oggi una delle più rinomate culle della ricerca teorica in astrofisica. Dal 1958 al 1972 ricopre la Cattedra Plumiana di astronomia e filosofia sperimentale, una delle posizioni più prestigiose a Cambridge, ricoperta prima di lui da Sir Arthur Eddington prima di lui e da Sir Martin Rees e altri famosi astronomi dopo.
La sua passione per la montagna, testimoniata da vare imprese, come lo scalare tutti i Munro scozzesi (cime sopra i 3000 piedi) fu causa del suo declino: nel 1997, più che ottantenne, cadde in un dirupo e fu trovato solo dodici ore dopo. Vari guai fisici seguirono e lo accompagnarono fino alla morte, il 20 agosto 2001 a Bournemouth.

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Piantina annotata dei Munro scozzesi, in mostra al St. John’s College

Lo scienziato: pensiero indipendente

Nonostante sia noto soprattutto per la teoria dello stato stazionario, una descrizione dell’origine e dell’evoluzione dell’universo alternativa a quella del Big Bang, il suo principale contributo alla scienza riguarda l’origine degli elementi. La nucleogenesi degli anni ’50 fu la prima pietra miliare, mentre il culmine fu il famoso articolo Synthesis of the Elements in Stars, noto come B2FH dalle iniziali degli autori, scritto insieme con i colleghi Margaret e Geoffrey Burbidge (astronomi osservativi) e William Fowler (suo partner in molti articoli). In questo lavoro, gli autori passano in rassegna i processi di nucleosintesi stellare per spiegare la produzione degli elementi più pesanti del ferro e le loro abbondanze relative nell’universo.
L’interpretazione rivoluzionaria portò a un Premio Nobel per Fowler nel 1983. Perché Hoyle non fu premiato? Nature suggerì che forse le idee non convenzionali di Fred Hoyle sull’origine della vita – frequente nell’universo (l’ipotesi nota come panspermia) e diffusa da comete e meteore – ma soprattutto sull’origine di alcune epidemie influenzali a causa di virus trasportati sulla Terra da sciami meteorici(3)Hoyle, F., & Wlckramasinghe, N. C. (1990). Sunspots and influenza. Nature, 343(6256), 304-304 – pdf non attirassero il favore dell’accademia svedese. In realtà tutti gli interessati negarono che questo fosse il caso: queste idee riempivano soprattutto la sfera “letteraria” di Fred Hoyle. Un altro possibile caso di ostracismo potrebbe essere stata la sua reazione indignata, con tanto di denuncia per diffamazione da parte del Comitato Nobel, all’assegnazione del premio Nobel a Antony Hewish per la scoperta delle pulsar, escludendo la vera scopritrice, all’epoca studentessa di dottorato, Jocelyn Bell Burnell(4)Fred Hoyle: the scientist whose rudeness cost him a Nobel prize. Forse l’arroganza e l’indipendenza intellettuale non pagano al fine di ricevere i premi? Solo le minute del Comitato svedese lo sanno.

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Hoyle insieme con Donald Clayton mentre scrive la lettera al Times sulla mancata assegnazione del Premio Nobel a Jocelyn Bell – via Clemson University

Il presidente della Royal Society, nel consegnare a Hoyle la Medaglia della Regina nel 1974, lo presentò come una delle menti più originali nell’astronomia del momento aggiungendo che la sua enorme produzione di idee viene riconosciuta immediatamente come una sfida dagli astronomi in generale… i suoi scritti di popolarizzazione della scienza (oggi diremmo opere divulgative)) sono da raccomandare per lo stile descrittivo e l’entusiasmo sui temi trattati che riescono a trasmettere.

Lo scrittore: romanzi e divulgazione

La fantasia di Hoyle non si ferma alla produzione di scenari cosmologici, ma ha grande efficacia nella sua produzione letteraria, i cui prodotti più noti sono i romanzi La nuvola nera (1957) e A come Andromeda (1962; reso famoso anche in Italia da una serie televisiva). La sua collaborazione con la BBC iniziò quasi per caso, sostituendo un collega del St. John’s College, con cinque lezioni di astronomia per il grande pubblico. Il contenuto delle trasmissioni fu raccolto nel libro La natura dell’Universo (The Nature of the Universe). Tra gli altri, molti, libri di divulgazione scientifica ricordiamo L’astronomia (1963) pubblicato da Sansoni Editore: una dettagliata storia di come abbiamo imparato a conoscere l’Universo, leggibile quasi come un romanzo.
Naturalmente le sue capacità di divulgatore e scrittore furono necessarie per ottenergli il successo: è un fulgido esempio del connubio tra rigore e estrosità, tra logica e immaginazione, come i migliori scienziati.

La scienza

La teoria dello stato stazionario

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Sir Fred Hoyle, Fellow of the Royal Society

Mentre Bondi e Gold propongono un span id=”cit”>perfetto principio cosmologico secondo cui l’Universo deve avere un alto grado di uniformità non solo nello spazio ma anche nel tempo, escludendo così la possibilità che esista un inizio dell’universo nel passato, Hoyle si concentra invece su come spiegare l’espansione dell’Universo – osservata e descritta da Hubble e Lemaître – con una produzione continua di atomi di idrogeno primordiale, in modo da mantenere costante – in media su lunghi tempi scala – la densità dell’Universo.
La teoria alternativa invece postula che l’Universo sia “esploso”: entrato nella realtà con un unico evento in un qualche preciso punto nel passato. Nella fornace di questo inizio pirotecnico si sarebbero formati tutti gli elementi, più in fretta di quanto serva a cuocere un’anatra arrosto con le patate secondo la proposta del suo maggior esponente, George Gamow.
La convinzione di Hoyle è tale che anche negli ultimi anni di vita, quando la teoria del Big Bang ha ormai preso piede nella comunità scientifica di riferimento, continua a proporre lo stato stazionario come alternativa e cercare falle nella teoria di un Universo che nasce – e che forse morirà.
Il fisico inglese viene spesso indicato come l’inventore del nomignolo Big Bang dato alla teoria di Gamow e collaboratori durante un’intervista alla radio BBC nel 1949. Non so se ho inventato io la definizione di Big Bang, racconta Hoyle, ma nessuno me l’ha mai contestato e perciò lo ritengo corretto. Lo sforzo di spiegare alla radio, con il solo aiuto delle parole, la differenza tra le due teorie di stato stazionario e di inizio esplosivo hanno portato all’uso delle parole un grande scoppio, un big bang.(5)Alan P. Lightman e Roberta Brawer, Origins: The Lives and Worlds of Modern Cosmologists, Harvard University Press, 1990. Una collezione di interviste a cosmologi di una o due generazioni successive a Hoyle. Include anche un’intervista allo stesso Hoyle. Molti degli intervistati hanno testimoniato dell’influenza di Hoyle nella divulgazione dell’astronomia e della cosmologia.

La nucleogenesi

Siamo polvere di stelle. Tutto inizia nel 1925, quando Cecilia Payne-Gaposchkin dimostra che le stelle sono composte per lo più da idrogeno, contro l’opinione diffusa che la composizione delle stelle sia simile a quella dei pianeti. E il resto degli elementi? Negli anni ’50, insieme con Fowler, Hoyle dimostra che tutti gli elementi che conosciamo, dal carbonio all’uranio, provengono dal cuore delle stelle a partire da quell’unico combustibile: l’idrogeno. Le esplosioni di supernova, che concludono la vita delle stelle più massicce, scagliano gli elementi pesanti nello spazio dove a loro volta si condensano a formare pianeti, montagne, mari, e anche i nostri corpi!
La nucleosintesi, cioè la formazione di nuclei pesanti a partire da quelli più leggeri, grazie alla temperatura e pressione estrema al centro delle stelle – idrogeno che forma elio, che a sua volta forma berillio e così via, fino al carbonio, ossigeno etc. – rientra in modo elegante nella teoria dello stato stazionario. Un dettaglio della teoria, che debba esistere una forma particolare di carbonio all’interno delle stelle, è una delle previsioni più importanti di Hoyle, successivamente verificate.

La vita nell’Universo

Non sappiamo ancora se la vita sia nata sulla Terra, e come. L’abiogenesi, il processo naturale attraverso il quale la vita sarebbe sorta dalla materia non vivente, implica che alcune cellule non viventi si siano combinate (in un brodo primordiale?) per produrre proteine e aminoacidi e, poi, la vita. Hoyle non ha mai accettato questa teoria, ipotizzando che la vita sia presente in tutto l’Universo (ipotesi che va sotto il nome di panspermia) e che virus e batteri vengano diffusi nello spazio dalle comete. Infatti, il numero di molecole nella biosfera della Terra (1018 grammi, cioè un miliardo di miliardi di grammi) non può, secondo Hoyle, aver prodotto per caso la vita in un tempo pari all’età dell’Universo, non più che un tornado possa costruire un Boeing 747 abbattendosi su una discarica.
Un’altra via d’uscita al problema potrebbe naturalmente essere che l’Universo non ha un inizio, come nella teoria dello stato stazionario.
Un’altra delle proposte ben ragionate di Hoyle, ma non accettate dalla comunità scientifica, è quella che le epidemie di influenza siano legate al ciclo undecennale delle macchie solari: il meccanismo sarebbe legato ai venti solari che, al massimo del ciclo, facilitano la discesa di particelle cariche della dimensione dei virus fino ai bassi strati dell’atmosfera.

Approfondimenti

Note

Note
1 Queste teorie si basavano sull’ipotesi che tutta la materia dell’universo venisse creata in una singola grande esplosione, in qualche istante ben definito in un passato lontano.
2, 5 Alan P. Lightman e Roberta Brawer, Origins: The Lives and Worlds of Modern Cosmologists, Harvard University Press, 1990. Una collezione di interviste a cosmologi di una o due generazioni successive a Hoyle. Include anche un’intervista allo stesso Hoyle. Molti degli intervistati hanno testimoniato dell’influenza di Hoyle nella divulgazione dell’astronomia e della cosmologia.
3 Hoyle, F., & Wlckramasinghe, N. C. (1990). Sunspots and influenza. Nature, 343(6256), 304-304 – pdf
4 Fred Hoyle: the scientist whose rudeness cost him a Nobel prize

1 Comment

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  • Eccellente articolo, Anna!

    Grazie, perché diffondere la figura di Hoyle credo sia molto meritorio ed anche “educativo”, se vogliamo esprimerci con un termine che però nella sua valenza scolastica può risultare lievemente indigesto. Ma intendo, educativo in senso ampio: Hoyle è uno scienziato che non si barrica nel suo ruolo di scienziato di successo, ma “osa” e si cimenta nella fantascienza, con ottimi risultati (come hai ben descritto). E non solo. Anche nella scienza ha il coraggio di portare avanti le sue idee con tenacia e costanza.

    Per inciso, io non penso che avesse ragione, quando ancora negli anni ’90 del secolo scorso pubblicava articoli sul suo “stato quasi stazionario con creazione di materia”, una versione rivista dello stato stazionario “classico”, aggiornata nel tentativo di dar conto ai nuovi dati che arrivavano da molti esperimenti. Ricordo che da ragazzo, laureato da poco, mi divertivo a cercare i suoi lavori sulle riviste specializzate e a provare a comprenderli, per quel poco che potevo (la mia formazione era di un astrofisico stellare, con sufficientemente poche nozioni di cosmologia).

    Poco importa che – appunto – anche allora pensassi che non avesse ragione, che si stesse un po’ arrampicando sugli specchi per giustificare un framework alternativo a quello del Big Bang, che dava ragione in modo molto più semplice di molti dati empirici. Mi affascinava, piuttosto, la sua determinazione nel costruire questo modello alternativo. Mi catturava anche l’idea di questi supposti “campi di creazione” dove spuntavano dal niente atomi di idrogeno, uno ogni chissà quante migliaia di anni o anche meno (ora non ricordo), e tutto il tentativo di interpretare lo spostamento verso il rosso come arrossamento dovuto a polveri e simili equilibrismi.

    Credo che il Big Bang debba molto ad Hoyle, proprio perché l’ha messo davvero sotto stress, lui che non si è mai voluto rassegnare alla spiegazione del “Grande Scoppio” come appunto lo chiamò in senso dispregiativo, una volta. Come la quantistica deve molto ad Einstein, che non si volle mai rassegnare a questi bizzari ed “assurdi” comportamenti del mondo subatomico. Ogni modello scientifico ha bisogno di questo “lavoro ai fianchi”, per purificarsi e sorpassare i sospetti (anche autorevoli, come in questo caso) irrobustendosi nella struttura.

    Qualche anno fa, la statua di Hoyle a Cambridge mi suggerì qualche pensiero: l’ho appuntato qui, per chi vuole, https://www.gruppolocale.it/2017/06/fred-e-quella-creazione-continua/

    Io credo che, nel complesso, dobbiamo veramente tanto a queste persone, veri scienziati e veri uomini, che hanno preso strade alternative dal “mainstream” e le hanno seguite con tenacia. E che hanno sentito piccolo il loro essere “solo scienziati”, così che – quietamente, senza proclami – hanno battuto altre piste e con successo, hanno dimostrato che l’animo umano è sempre troppo grande per essere definito da una cosa soltanto.

    Qualsiasi essa sia.

Scritto da

Anna Wolter Anna Wolter

Si laurea all’Università degli Studi di Milano. Lavora quindi presso l’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics, Cambdrige, MA (USA). Ora è Prima Ricercatrice all’INAF-Osservatorio Astronomico di Brera ove si occupa di astronomia extragalattica multibanda, utilizzando di preferenza dati di alta energia. Studia in particolare nuclei attivi di galassie e sorgenti ultraluminose nella banda X in galassie esterne. Ha fatto parte del Comitato Direttivo della Divisione D (Alte Energie) dell’Unione Astronomica Internazionale (IAU). Dall’inizio di questo secolo dedica una frazione importante del suo tempo all’insegnamento e alle attività divulgative per vari tipi di pubblico. È correlatrice di varie tesi di Laurea presso le Università degli Studi di Milano. Ha tenuto più di 100 conferenze per il pubblico generico e altrettante per le scuole. È stata la Responsabile per la Lombardia delle Olimpiadi Italiane di Astronomia. Dal 2010 rappresenta l’Italia nella Rete di Divulgazione Scientifica dell’Osservatorio Europeo Australe (European Southern Observatory, ESO). Dal 2020 gestisce la divulgazione per conto dell'INAF per i progetti ASTRI e CTA.

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