Aggiornato il 1 Aprile 2020
Di per sè, la sonda Voyager 1 avrebbe già collezionato una impressionante serie di record, tale da fare impallidire – se possibile – molte delle più blasonate imprese spaziali “moderne”. Lanciata a pochissima distanza di tempo dalla cugina Voyager 2, in un giorno di settembre dell’ormai lontano 1977, è attualmente il manufatto umano in assoluto più lontano dalla Terra. La sua missione originaria era “appena” quella di esplorare Giove, Saturno e la luna Titano: già cosa non da poco, per l’epoca. Invece, il viaggio è continuato ben oltre, fino a diventare veramente “interstellare”. Eh sì, perchè Voyager 1 ha ormai valicato il bordo stesso del nostro Sistema Solare. E nonostante questa immensa distanza, nonostante quasi tutti gli apparecchi siano ormai stati spenti (inclusa la camera fotografica), lei continua imperterrita ad inviare dati scientifici alla lontanissima Terra.
Per celebrare i quaranta anni della sonda, appena appena compiuti, è stato creato un brano musicale, ma con una modalità compositiva decisamente peculiare, ovvero incorporando i dati scientifici raccolti dalla sonda, trasformati in note musicali attraverso un processo chiamato sonificazione. A lanciarsi in questo tributo, tanto anomalo quanto intrigante, sono stati due ricercatori che operano nel Regno Unito, Domenico Vicinanza (Anglia Ruskin University) e Genevieve Williams (Università of Exeter).
Un estratto abbastanza eloquente di questa “composizione scientifica” potete ascoltarlo direttamente nel video qui sotto.
In dettaglio, il materiale “entrato” come ingrediente fondamentale nel brano, al fine di creare melodia e orchestrazione, concerne sia la traiettoria della sonda, che i dati riguardanti la rilevazione di protoni, particelle alpha, e nuclei più pesanti rilevati nello spazio cosmico dallo strumento Low Energy Charged Particle (LECP).
La base dati è particolarmente ricca e ampia, perchè comprende l’intero periodo dal lancio fino al mese corrente. Dunque possiamo dire che è una composizione che ha dovuto attendere quaranta anni per poter essere composta ed ascoltata!
Va detto che l’operazione – come altre analoghe (per esempio, il passaggio attraverso un ammasso globulare) – per sua natura non è così effimera o estemporanea, come forse si potrebbe pensare. La sonificazione, analogamente alla presentazione di una immagine astronomica in falsi colori, è appena un modo scaltro per ricondurre nell’ambito della nostra percezione sensoriale un fenomeno fisico o un insieme di misurazioni scientifiche (come in questo caso), aprendoci dunque alla percezione immediata delle caratteristiche peculiari di tale evento. Percezione immediata che si perderebbe, altrimenti.
“Nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu“(1)Nulla è nell’intelletto che non fu già nei sensi, così ci insegna da secoli il grande Aristotele. E oggi, la reale comprensione della portata dell’impresa scientifica non può più prescindere, probabilmente, dalla riconquista della percezione attraverso i nostri sensi “naturali”: la nostra vera e unica vera finestra sul mondo, di cui ci ha attrezzato la natura.
Note
↑1 | Nulla è nell’intelletto che non fu già nei sensi |
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