Universo Mondo

L’astronomia e lo spazio in una piccola isola dei Caraibi

english_flag
Questo mese incontriamo Cheyenne Polius, un'astrofisica, divulgatrice scientifica e social media manager originaria di Saint Lucia, stato insulare dei Caraibi
Cheyenne-Polius-2
Cheyenne Polius
La nostra ospite di questo mese è, come lei stessa scrive, una ragazza di una piccola isola con grandi sogni. L’astrofisica e divulgatrice scientifica Cheyenne Polius è presidente e co-fondatrice della prima organizzazione nazionale di astronomia nel suo paese natale, la piccola isola caraibica di Saint Lucia. Attualmente residente nel Regno Unito, dopo aver conseguito la laurea magistrale in Astrofisica un paio di anni fa ha iniziato a lavorare nel campo delle tecnologie finanziarie, ma tutto ciò che fa al di fuori del lavoro è ancora strettamente legato alla comunità astronomica, dalle conferenze per il pubblico al mentoring, dal volontariato alla divulgazione scientifica sui social.

In questa rubrica, partiamo sempre dal percorso che ha portato ogni ospite alla sua attuale passione e professione. Dunque: cosa ti ha condotto verso l’astronomia e la comunicazione scientifica?
Ho sempre saputo che mi sarei dovuta spostare per frequentare l’università perché Saint Lucia non ha un’università. Una volta deciso che volevo studiare astrofisica, anche l’Università delle Indie Occidentali, che è suddivisa tra varie isole, offriva solo un corso di fisica con alcuni moduli di astronomia, ma non così tanto. Sapevo che l’astronomia era quello che mi interessava, quindi volevo studiarla quanto più possibile. Cercando corsi di laurea all’estero, la scelta era tra gli Stati Uniti o il Regno Unito, e avendo familiari nel Regno Unito, ho deciso di venire qui. Il corso che ho frequentato era buono, diviso quasi a metà tra fisica e astronomia, che è quello che stavo cercando.
La comunicazione della scienza, beh, ho scoperto di avere questa passione al secondo anno di università. Ho sempre amato fare presentazioni e partecipare a eventi per il pubblico, ma non avevo mai sentito il termine ‘comunicazione scientifica’ prima di allora. Poter condividere le proprie conoscenze e l’entusiasmo per la scienza, non sapevo che questo avesse un nome. Sapevo solo che amavo l’astronomia e che amavo parlare con le persone.
Ho partecipato al mio primo evento di divulgazione al secondo anno di università, era un evento per bambini tra i 5 e gli 11 anni che copriva molte materie diverse di scienze e ingegneria: c’erano tanti stand in un giardino, io ero in quello della fisica, avreste dovuto vedere l’eccitazione di quei bambini! Avevamo lo slime, io parlavo di qualcosa a che fare con i fluidi non-newtoniani, non sono sicura che abbiano capito del tutto ma il fatto che ci fosse lo slime… tutti volevano giocare con lo slime! È stata davvero una bella giornata e ho pensato: wow, questo è quello che voglio fare, e voglio farlo molto più spesso.
Così mi sono offerta come volontaria per organizzare lo stesso evento l’anno successivo, durante il mio terzo anno di università. A quell’epoca uno dei miei progetti curriculari era Didattica e divulgazione della fisica: si parlava di come la fisica viene insegnata a scuola, del motivo per cui meno ragazze finiscono per studiare fisica, come fare divulgazione in maniera efficace, questo tipo di domande insomma. È così che ho scoperto la comunicazione scientifica e che si tratta di un campo in cui si può proprio avere un lavoro. È stato allora che ho deciso che mi piaceva davvero molto, e insieme al fatto che amo l’astronomia, ho scoperto che amo davvero la comunicazione scientifica e che volevo continuare su questo percorso.

St-Lucia-The-Pitons
I Pitons, due formazioni vulcaniche nello stato di Saint Lucia. Crediti: James White – CC BY 2.0

Sono diversi anni ormai che vivi nel Regno Unito, ma siamo anche molto curiosi di conoscere il tuo paese natale. Puoi raccontarci qualcosa su Saint Lucia?
Certamente! Saint Lucia è una piccola isola dei Caraibi orientali. Una delle caratteristiche più famose sono le due montagne chiamate i Pitons. Il nome in realtà è francese. Questo sito è patrimonio dell’umanità: da lontano sembrano proprio una accanto all’altra, e così le chiamiamo anche ‘Twin Peaks’. Sono due formazioni vulcaniche, nate da vulcani un tempo attivi, e si trovano proprio sulla costa di Saint Lucia, il che è sorprendente perché la maggior parte delle montagne tende a trovarsi all’interno delle isole e non tanto sulla costa. Se mai avete l’occasione di visitare Saint Lucia, potete cercare una guida turistica per fare un’escursione sui Pitons. Si possono anche vedere quando l’aereo atterra a Saint Lucia ed è uno spettacolo davvero incredibile! Si può sempre riconoscere una veduta aerea di Saint Lucia perché si vedono i Twin Peaks.

E com’è l’astronomia lì? Ci sono cieli sereni e abbastanza bui per osservare le stelle?
Saint Lucia è uno dei posti migliori al mondo per osservare il cielo notturno perché siamo molto vicini all’equatore, quindi possiamo vedere molto di ciò che c’è sia nell’emisfero settentrionale che in quello meridionale. È un’isola tropicale, quindi il tempo è abbastanza costante in termini di temperatura. Abbiamo una stagione piovosa e una stagione secca, ma nulla di troppo drastico. Direi che si possono trovare cieli molto limpidi quasi tutti i giorni e poiché l’isola è piccola, non c’è nemmeno tanto inquinamento luminoso. In alcune delle aree meno popolate il cielo è completamente buio e si può vedere facilmente la Via Lattea, che è davvero un privilegio! Soprattutto per me in questo momento, vivo a Londra e a volte anche vedere una sola stella da una grande città è impossibile. Quindi Saint Lucia è sicuramente uno dei posti migliori per vedere il cielo notturno solo grazie alla sua posizione geografica.

Caribbean_general_map
La localizzazione di Saint Lucia nel Mar dei Caraibi. Crediti: Kmusser – CC BY-SA 3.0

Qual è lo stato della divulgazione e didattica dell’astronomia a Saint Lucia?
Per quanto riguarda l’astronomia sull’isola, quando sono andata via nel 2015 non c’era niente, nemmeno nel curriculum scolastico. Ho fatto tutti gli studi fino all’università a Saint Lucia e non c’era nulla di astronomia in nessun curriculum. So che vogliono cambiare questo, sviluppare alcuni corsi per il college, dopo la scuola secondaria, ma non ho ancora sentito di nulla che sia cambiato. Questo è uno dei motivi per cui ho fondato l’associazione nazionale di astronomia di Saint Lucia.
Da allora, da quando ho fondato l’associazione e la gente ha iniziato a parlarne, c’è stato molto interesse perché lo spazio è interessante, è affascinante, incuriosisce in qualche modo la maggior parte delle persone. L’associazione sta crescendo e sto cercando di cavalcare l’onda così che almeno chi è interessato possa avere uno spazio per condividere le proprie curiosità, porre domande e informarsi sull’astronomia e sul settore spaziale in generale. Spero anche che questo faccia aumentare l’interesse o addirittura che lo susciti in persone che non sono affatto interessate, persone che ne sanno poco o nulla, e che si possa raggiungere un punto in cui la popolazione, l’intera popolazione avrà almeno un livello di base di conoscenza o quanto meno di interesse verso l’astronomia, anche se non al livello da intraprendere una carriera, sceglierlo come proprio hobby o qualcosa del genere. Riassumendo, in questo momento non sta succedendo molto su scala nazionale, ma io sto cercando di fare la mia parte per cambiare le cose lentamente.

Puoi raccontarci quali sono gli obiettivi di questa associazione?
La Saint Lucia National Astronomy Association è stata fondata nel 2018. A quel tempo, partecipavo come volontaria allo Space Generation Advisory Council, un’organizzazione globale che collabora con le Nazioni Unite per aiutare a sensibilizzare l’opinione pubblica sui vantaggi dell’esplorazione e tecnologia spaziale in tutto il mondo. Ogni paese ha due posti come National Point of Contact e io sono stata la prima a rappresentare Saint Lucia, e così all’epoca stavo cercando di costruire una rete di persone che avessero questo stesso interesse.
Ho trovato un piccolo gruppo di persone che condividevano il mio interesse, persone di diversa estrazione. Alcuni erano ingegneri, alcuni scienziati, altri ancora avevano un background completamente diverso, ma tutti avevano questo interesse. Durante un brainstorming sulle possibili attività da fare per il Council, ho proposto l’idea di un Club Nazionale di Astronomia perché in realtà non c’era nulla di simile, e furono tutti entusiasti all’idea di avere una presenza tutta nostra a Saint Lucia. Rappresentare lo Space Generation Advisory Council è stato fantastico, è un’organizzazione straordinaria, ma questo progetto avrebbe avuto un legame ancora più forte con Saint Lucia. Il motivo per cui abbiamo scelto di chiamarlo associazione e non club è solo perché il nostro acronimo è LUNAA, che ci sembrava molto carino, ma in realtà è un grande club nazionale di astronomia.
Ci sono vari club giovanili sull’isola, ma nulla di legato allo spazio. Quindi la missione di LUNAA è mettere in contatto le persone ma anche diffondere la consapevolezza verso l’astronomia in generale: qualsiasi cosa che possa essere interessante, curiosità, notizie legate allo spazio e anche come l’esplorazione spaziale e la tecnologia spaziale possono essere d’aiuto per i Caraibi. Quando si pensa allo spazio, la mente va subito ai razzi e alle missioni su Marte, ma i satelliti – come i satelliti meteorologici, per esempio – sono in realtà una parte molto importante della tecnologia spaziale. Considerata la posizione dei Caraibi, soggetta a uragani e altri disastri naturali, questo è davvero molto importante per la nostra isola e per la nostra regione. Riuscire a diffondere la consapevolezza in modo che le persone possano avere una prospettiva diversa, in modo che quando sentono parlare di spazio non pensino automaticamente: oh, questo non importa a Saint Lucia perché siamo piccoli e non costruiamo razzi, non possiamo competere con i paesi più grandi che stanno costruendo quei razzi e quelle missioni emozionanti – questo è un altro degli obiettivi di LUNAA.

LUNAA-outreach-event
Evento di divulgazione organizzato da Saint Lucia National Astronomy Association (LUNAA).

E quali sono le principali attività di LUNAA?
Adesso, dal momento che le cose stanno finalmente tornando alla normalità dopo la pandemia, stiamo cercando di tornare all’aperto, con serate osservative e cose simili. Abbiamo organizzato eventi pop-up di osservazione delle stelle, portando ad esempio i telescopi in un grande parcheggio, per chiunque passasse di lì e volesse guardare attraverso il telescopio. Prossimamente vogliamo anche lanciare un corso per imparare a osservare le stelle: c’è così tanto da esplorare nel nostro cielo notturno ed è davvero molto triste che non ci sia molto in quest’area perché, come dicevo, è uno dei posti migliori per osservare il cielo notturno tutto l’anno, perché non dobbiamo preoccuparci delle stagioni. Far interessare le persone all’astronomia, in modo che possano sceglierla come hobby, in modo che possano davvero uscire ed esplorare – una volta imparato come fare – ogni volta che ne hanno voglia.
Ci piacerebbe poter insegnare a tutti gli interessati come usare un telescopio, come identificare le varie costellazioni, diversi tipi di oggetti nel cielo, come cercare i pianeti e tutto il resto. In fin dei conti, è solo per fornire loro uno spazio per esplorare quella curiosità, ma anche per disseminare l’importanza dello spazio per Saint Lucia: certo, è un hobby con cui ci si può divertire e questo è già molto bello, ma è molto di più, e noi vogliamo portare a casa anche questo messaggio. Dovrebbe essere un tema presente sull’agenda di tutti i governi e le grandi organizzazioni perché è importante per noi e sarà sempre più importante, soprattutto se si pensa al cambiamento climatico e anche ai cambiamenti meteorologici che ne derivano.

Oltre a diffondere la passione per lo spazio attraverso LUNAA, sei anche molto attiva sui social media, portando l’astronomia online sui tuoi canali. Parlaci di questa tua altra attività di divulgazione…
Molto di quello che faccio è sparso un po’ dappertutto! Per quanto riguarda le attività personali, la mia pagina Twitter ha molti thread che ho scritto negli ultimi due anni, spiegando semplicemente una serie di concetti. Il primo spiegava la ricerca della mia tesi magistrale, che era incentrata su come le supernove arricchiscono il materiale dei sistemi planetari.
Esistono diversi tipi di pubblico con cui comunicare la scienza. Il mio preferito è chiunque sappia leggere e capire le parole! Non ho un pubblico specifico, voglio che chiunque incontri i miei contenuti li trovi interessanti e appassionanti. Credo che sia questo il motivo per cui sono finita a fare divulgazione sui social, perché così tantissime persone si sarebbero imbattute nei miei thread dicendo: wow, non sapevo nemmeno che mi sarebbe piaciuto leggere di questo argomento e quando sono arrivato alla fine mi sono entusiasmato un sacco. Un argomento così lontano dalla vita quotidiana, parlare di stelle e giovani pianeti e cose del genere. Quello che mi entusiasma di più è che le persone si sentano connesse, che sentano di poter effettivamente capire quello che di solito viene visto come un argomento difficile: la fisica, l’astronomia, la matematica.
Oltre a questo, collaboro come volontaria con diverse organizzazioni, facendo webinar e podcast. Faccio tante piccole cose in posti diversi, condividendo la mia storia, parlando dello spazio e di come può aiutare i Caraibi a raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile per un pubblico tecnico o politico.

LUNAA-stargazing
Osservazione del cielo a Saint Lucia. Crediti: LUNAA

Quali pensi siano le principali sfide nella divulgazione dell’astronomia oggi?
Credo che uno dei problemi più grandi sia stabilire un contatto tra le persone, la gente comune, e la comunità astronomica. Una cosa è pubblicare contenuti didattici, ma se poi la gente pensa questo non fa per me, questo non sarà interessante o questo non è qualcosa che influisce sulla mia vita, allora non si avvicineranno a questi contenuti. Bisogna arrivare al livello in cui gli scienziati sono visti come persone: anche le persone che fanno astronomia sono persone normali, non esiste un tipo specifico di persona che fa astronomia. Ho sentito tante persone dire: Mi interessava davvero l’astronomia ma non sono abbastanza intelligente, oppure Non ero bravo in matematica, non ero bravo in scienze: esiste una barriera mentale prima ancora di provare. Penso che una comunicazione scientifica efficace sia quella che mette in contatto il pubblico con una persona o un messaggio che dice questo è importante anche per te, questo conta anche per te.
Molto di quello che mi piace vedere nei divulgatori scientifici di oggi, specialmente chi comunica l’astronomia sui social, è che parlano dei vari aspetti della loro vita, facendo emergere diversi aspetti della loro identità, condividendo parti della loro storia che non hanno solo a che fare con il loro dottorato o con quello stiano facendo in relazione all’astronomia. Se a qualcuno piacciono i cani, oppure i tatuaggi, ciascuna di queste cose aggiunge un tassello alla loro identità: anch’io sono una persona e questo può aiutare qualcuno a relazionarsi con qualunque cosa io stia dicendo perché abbiamo qualcosa in comune e così aumenta l’interesse verso quello che sto dicendo.
Nel mio caso, io sono di Saint Lucia, quindi se qualcuno che è di Saint Lucia vede qualcosa a proposito di astronomia e sente il mio accento o vede che sono di Saint Lucia, potrebbe essere incuriosito di sapere di cosa sto parlando. Ecco perché sono sempre molto orgogliosa di dire che sono di Saint Lucia e ne parlo sempre, perché non ci sono molte persone caraibiche che ho incontrato in questo ambiente, soprattutto persone nate e cresciute nei Caraibi che poi sono emigrate da un’altra parte.

In che modo questi piccoli dettagli personali possono aiutare a comunicare la scienza?
Quando le persone tirano fuori quelle parti di sé che le rendono effettivamente uniche, questo umanizza il contenuto e non è più soltanto un articolo o soltanto una voce fuori campo. Questo non vuol dire che questi contenuti non possano essere efficaci: esistono molti modi diversi per raggiungere pubblici diversi, ma penso che se stiamo cercando di raggiungere la platea più ampia, dobbiamo relazionarci alle persone a livello umano.
Vogliamo comunicare la scienza ma parliamo con persone che stanno vivendo la loro vita di tutti i giorni, quindi mostriamo loro che anche gli scienziati sono persone normali e che ce ne sono di tutti i gusti, ciascuno con il proprio percorso di vita, di tutti i colori, di ogni estrazione sociale. Conosco un divulgatore scientifico che ha molti tatuaggi: lo stereotipo sarebbe vederlo sotto una luce negativa, ma se qualcuno a cui piacciono i tatuaggi o ha tatuaggi si imbattesse nei suoi video potrebbe dire: aspetta, di cosa sta parlando questo tipo? Sta parlando di astronomia! E così sarebbe una cosa intrigante, entusiasmante, che questa persona continuerebbe ad ascoltare perché non dà l’impressione di qualcuno che parla dall’alto in basso. Non sembra dire Sono più intelligente di te, per questo ti dico questa cosa, sembra solo qualcuno che condivide qualcosa di entusiasmante con te.
Penso che sia il metodo più efficace che ho trovato, questo è il tipo di comunicazione scientifica che mi piace. I miei divulgatori scientifici preferiti condividono semplicemente chi sono, anche alcuni aspetti vulnerabili e personali, in fondo stiamo tutti vivendo la vita e cercando di capire come funziona. In questo modo, tutti possono divertirsi con l’astronomia, e il semplice fatto di non essere scienziati non impedisce di potersi divertire con l’astronomia.

St-Lucia-sunset
Tramonto a Saint Lucia. Crediti: Cheyenne Polius

Sulla base della tua esperienza, quali sono alcune buone pratiche che potresti consigliare o errori ​​da evitare in questo processo?
Qualcosa che mi è rimasto davvero impresso durante il mio percorso attraverso la comunicazione scientifica è che, se qualcuno non capisce qualcosa, non l’hai spiegato abbastanza bene: l’onere sta alla persona che sta cercando di comunicare il messaggio.
Molte volte si tende a pensare che una persona non ha capito qualcosa perché non aveva le giuste conoscenze di base, perché non l’ha letto abbastanza bene, perché non ha ascoltato o non ha prestato abbastanza attenzione durante un video o qualunque altro motivo… Ma in realtà è possibile scomporre qualsiasi cosa per farla capire a chiunque, quindi se qualcuno non capisce quello che stai cercando di dire, allora non lo hai spiegato in un modo facile da comprendere.
Soprattutto ora, con la pandemia, si parla con la gente di mascherine, vaccini e tutte le altre informazioni che le organizzazioni sanitarie stanno cercando di fornire al pubblico: molti scienziati dicono che la gente non capisce la scienza, ma di chi è il compito di spiegare le cose in modo che la gente possa capirle? Ho visto tanti comunicatori scientifici che non erano professionisti della sanità condividere le loro versioni e le loro spiegazioni, e persone che dicevano: wow, sono davvero felice che tu l’abbia spiegato in questo modo perché adesso lo capisco, adesso ha senso e adesso io farò xyz. Questo può effettivamente fare la differenza nelle persone e nei loro comportamenti.
Una delle cose più importanti che ho imparato è che, se qualcuno non capisce qualcosa, devi cambiare il modo in cui lo hai spiegato. Prova a spiegarlo in un modo diverso, prova uno strumento diverso. C’è tutta una cultura virale sui social oggigiorno, ci sono contenuti che viaggiano vertiginosamente e di solito si tratta di video molto brevi e divertenti oppure immagini molto vivaci. In gran parte si tratta di adattare il modo in cui comunichiamo per raggiungere persone diverse, anziché limitarsi ai metodi tradizionali di diffondere informazioni per poi lamentarsi del fatto che la gente non segue i protocolli, non fa quello che dovrebbe. Secondo me questo è un aspetto importantissimo.
Un altro consiglio che potrebbe essere un po’ ovvio è semplicemente fare quello che ti piace, attenersi alla comunicazione scientifica degli argomenti di cui ti piace parlare. Se succede qualcosa nella tua disciplina, potresti sentire una certa pressione a parlare di quell’argomento. Ad esempio, io sono un’astrofisica e mi piacciono molto le stelle e i pianeti, ma quando esce una notizia sui buchi neri, la trovo interessante per me ma non al punto da spiegarla ad altre persone. Mi interessa, ma non è ciò che mi appassiona di più, e va bene così. Attenetevi a ciò che vi piace, perché se si arriva a un punto in cui si fa qualcosa che non piace, c’è il rischio di non farla altrettanto bene, e non ha più senso. Va bene avere una nicchia e non uscire fuori da lì, se è quello che vi piace ed è quello che sapete fare meglio.

Sei anche la social media manager di Black in Astro. Di che si tratta?
Black in Astro è un movimento fondato nel 2020 da Ashley Walker. Con l’ascesa del movimento Black Lives Matter nel 2020 dopo l’omicidio di George Floyd, si è parlato molto delle esperienze delle persone nere in luoghi diversi, dopo di che si è arrivati ​​all’esperienza delle persone nere nel mondo accademico e poi nelle varie discipline specifiche. È così che è iniziato Black in Astro.
All’inizio era un semplice hashtag – #BlackInAstro – per condividere le proprie esperienze, le proprie storie, ma negli ultimi due anni è diventato un movimento e una comunità in cui vogliamo davvero supportare le persone nere interessate a entrare in questo campo, in qualsiasi campo relativo all’astronomia, ma anche ingegneria aerospaziale e qualsiasi campo relativo allo spazio, quindi diritto spaziale, politica spaziale, imprenditorialità spaziale – non solo materie STEM.
Vogliamo essere in grado di supportare la comunità e riunirla, da chi vuole entrare a far parte della comunità a chi sta attualmente frequentando un corso di laurea o cercando un lavoro nel settore, e far sì che possano restare in questo campo, perché ci sono sono state molte esperienze negative. Cerchiamo di sostenere chi sta attraversando un momento difficile, sia che si tratti di qualcosa che accade nella loro organizzazione, nella loro istituzione o anche dal punto di vista economico, quindi con finanziamenti e borse di studio: queste sono alcune delle cose che vogliamo essere in grado di offrire.
L’obiettivo è quello di costruire una grande comunità di supporto e avere un modo tangibile per aiutare davvero le persone nere a entrare e a rimanere nei campi dell’astronomia, e se qualcuno decide di voler uscire dall’astronomia o passare a una parte diversa dell’astronomia, supportarli effettivamente anche in questo. Così è davvero diventato un movimento. All’inizio l’idea era quella di amplificare le voci – e lo è ancora, amplificare gli scienziati neri, i creativi neri e tutto quello che stanno facendo nel loro lavoro, portare davvero la nostra voce, le nostre esperienze là fuori – ma ora cerchiamo di convertire tutto questo in qualcosa di più, per essere sicuri di poter raggiungere il successo che siamo in grado di raggiungere e di avere il supporto per farlo, contrastando alcuni degli svantaggi che affrontiamo solo a causa della nostra identità.

Cheyenne-Polius-1
Cheyenne Polius
Cheyenne Polius è un’astrofisica, divulgatrice scientifica, presidente e co-fondatrice della Saint Lucia National Astronomy Association (LUNAA) e social media manager di Black in Astro. Originaria di Saint Lucia, si è laureata all’Università di Sheffield, nel Regno Unito, con una laurea magistrale in Astrofisica nel 2020. Da allora si occupa di tecnologie finanziarie, applicando le sue abilità tecniche e comunicative all’analisi dati. Al di fuori del lavoro, è ancora molto attiva nella comunità astronomica come relatrice internazionale, mentore e divulgatrice scientifica, con il più ampio obiettivo professionale di aumentare la diversità di genere ed etnica nei campi STEM, in particolare nella fisica.

Add Comment

Click here to post a comment

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Scritto da

Claudia Mignone Claudia Mignone

Astrofisica e comunicatrice scientifica, tecnologa all'Istituto Nazionale di Astrofisica.

Categorie