Aggiornato il 1 Giugno 2022
Versione modificata di una recensione dello stesso autore precedentemente pubblicata su Science Backstage
Prima di tutto allievo e maestro, quindi amici, e poi simpaticamente avversari in una serie di lezioni/conferenze tenutesi nel 1994 presso l’Isaac Newton Institute for Mathematical Sciences a Cambridge: sono Stephen Hawking e Roger Penrose i protagonisti de La natura dello spazio e del tempo, il testo che raccoglie le 7 lezioni che i due ricercatori hanno tenuto a una platea di studenti universitari.
La struttura delle lezioni è semplice: inizia Hawking, prosegue Penrose, alternandosi uno all’altro per 6 incontri, fino al settimo, che in realtà è strutturato come una discussione/confronto tra i due protagonisti e gli studenti. Può essere interessante notare a questo punto, prima di entrare nel dettaglio, come la maggior parte delle domande sono state rivolte a Penrose, tra i due il matematico, piuttosto che a Hawking.
Il libro si segnala, in effetti, per l’alto tasso tecnico del suo contenuto: ma, se da una parte i due conferenzieri non risparmiano al lettore informazioni scientifiche e precisione, provano anche a semplificare senza banalizzare, proponendo gli opportuni approfondimenti. Ovviamente utilizzano anche le equazioni matematiche necessarie per comprendere la materia, che vengono anche riprodotte nella versione cartacea delle lezioni.
Un esempio è la classica equazione di Einstein:
\(R_{ab} – \frac{1}{2} R g_{ab} + \Lambda g_{ab} = 8 \pi G T_{ab}\)
Questa equazione è ben significativa per il lavoro di Hawking e Penrose: descrive la geometria non euclidea del nostro universo, un argomento che è sempre stato centrale nelle loro ricerche.
Divertente la discussione sulla teoria delle stringhe. Nel contesto della relatività einsteiniana ogni corpo dotato di massa deforma lo spaziotempo intorno a sé. All’interno di questo universo c’è la possibilità che esistano delle singolarità o meno. Per essere corretti, in generale, uno spaziotempo si dice singolare se
Nella pratica, per esempio, un buco nero induce deformazioni tali per cui nemmeno la luce emessa all’interno dell’orizzonte degli eventi del buco nero è in grado di uscirne. Ma secondo la teoria delle stringhe, infatti, il nostro universo dovrebbe avere una serie di dimensioni nascoste, e quindi lo spaziotempo quadridimensionale sarebbe immerso in uno spaziotempo di dimensione superiore, il che contraddirebbe l’esistenza delle singolarità e quindi i teoremi che Hawking e Penrose hanno sviluppato sull’argomento. È ben comprensibile che Hawking non vedesse di buon occhio la teoria delle stringhe! Uno dei motivi è proprio la definizione di spaziotempo singolare.
Da parte sua Penrose indulge con una certa insistenza sul famoso gatto di Schrodinger, cercando di utilizzarlo per spiegare al meglio come l’ingresso della meccanica quantistica abbia cambiato anche la comprensione dell’universo e non solo del comportamento delle particelle subatomiche.
È questa una questione che, invece, non tocca Hawking, che arricchisce la sua presentazione anche con delle simpatiche vignette, come quella sul famoso Teorema dell’assenza di peli:
I buchi neri stazionari sono caratterizzati da massa M, momento angolare J e carica elettrica Q.
Il teorema, dimostrato da Hawking insieme con Brandon Carter, Werner Israel e David Robinson negli anni Settanta, dipende dal fatto che durante il collasso di una stella in un buco nero, si perde una gran quantità di informazioni (in peli, o capelli), mentre le uniche cose che si conservano sono appunto massa, momento e carica.
Di materiale e di spunti interessanti il libro ne contiene molti altri, ma l’ultima nota di merito va all’editore, RCS, che ha avuto il coraggio di proporre in veste popolare e in un’edizione economica, la Bur, un libro che non è propriamente per tutti.
Abbiamo parlato di:
La natura dello spazio e del tempo
Stephen Hawking, Roger Penrose
Rizzoli, gennaio 2017
350 pagine, brossurato – € 12
ISBN: 9788817092753
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