Lo spettacolo coSmic, di e con Tony Marzolla per la regia di Antonella Carone e Tony Marzolla, ha aperto la rassegna Scienza in Scena al Pacta Salone di Milano, il 3 e 4 febbraio 2023. Lo spettacolo, patrocinato da INAF, si avvale della preziosa consulenza dell’astrofisica Elisa Nichelli e del fisico Gianfranco Bertone.
Nell’ambito del Portfolio degli spettacoli teatrali (co-)prodotti e patrocinati dall’INAF, a cura del Gruppo Storie, abbiamo intervistato Tony Marzolla, con un’incursione di Elisa Nichelli, per farci raccontare qualcosa di più di questo spettacolo che con i toni leggeri di una “quasi” stand-up comedy racconta i misteri dell’Universo tra scienza e immaginazione.
Cerchiamo di conoscere un po’ meglio Tony. Perché il teatro?
Ho iniziato a fare teatro all’età di trentun anni, piuttosto tardi! Avevo fatto dei corsi di avviamento ma senza nessun impegno, poi all’improvviso la mia vita è cambiata. Il teatro mi ha dato la possibilità di dire ed essere quello che voglio. Mi piace spaziare dalla tragedia alla commedia, dal varietà all’opera, dal teatro contemporaneo al kabarett.
Come sei arrivato a coSmic?
coSmic è il primo spettacolo scritto e interpretato da me e ci sono particolarmente affezionato. L’idea nasce dalla lettura de “L’universo elegante” di Brian Greene e dalla passione per l’astrofisica, la filosofia e il presidente Jimmy Carter. Mi affascinava raccontare della sonda Voyager, l’oggetto attualmente più lontano dalla terra in orbita da qualche parte nello spazio interstellare. Il pensiero che qualcuno possa, un giorno, su un altro pianeta, decodificare il disco d’oro e conoscere l’Uomo è stato il punto di partenza.
Chi ha visto lo spettacolo ha provato a catalogarlo in molti modi, in particolare riconducendolo alla stand-up comedy, cosa per me poco esaustiva. Nella stand-up comedy non c’è necessariamente un filo conduttore, si utilizza un linguaggio forte e provocatorio. coSmic invece “spazia” (è il caso di dirlo) attraverso le mie abilità: non saprei catalogarlo, so solo che mi è venuto così, senza ispirarmi ad alcuna “categoria”. Ho cercato di raccontare l’Universo a modo mio.Penso che la sua forza sia proprio questa, il fatto di essere unico e di sfuggire a qualsiasi forma o genere (come l’Universo). Ho scritto seguendo il flusso creativo. Ridevo da solo delle idee che mi venivano, comprese le rubriche e gli ospiti immaginari. Col senno di poi posso dire che nei primi lavori c’è una sorta di “incoScienza”, un’anticamera del genio (non che io lo sia), che ti permette di essere libero di dire quello che vuoi e come vuoi.
Perché l’astronomia?
Mi piaceva parlare di buchi neri, wormhole, universi paralleli, robot, spedizioni su Marte, della Luna, volevo raccontare a tutti di questa mia passione e soprattutto semplificare la complessità “coSmica”, rendendola “comica”. Tutti i miei lavori hanno una chiave comica, alla base di tutto quello che faccio c’è la risata. “La risata è un grimaldello che serve a scardinare le coscienze degli uomini” (Eduardo De Filippo). In questo caso, il mio obiettivo era quello di parlare di questioni scientifiche, ma studiando mi sono reso conto che c’erano i presupposti per raccontarle col sorriso. Tutto quello di cui parlo l’ho dovuto studiare fino alla nausea per poterci scherzare su. È la prima volta che parlo di astronomia in uno spettacolo, non so se ce ne saranno altri, ma il mio obiettivo ultimo è raccontare l’Uomo e la sua centralità nell’Universo. Ho semplicemente fatto il giro più lungo, sono partito da fuori per arrivare dentro. Ho spostato lo sguardo dall’esterno all’interno mettendo a confronto, con tutte le analogie possibili, quello che avviene nell’Universo e quello che avviene dentro di noi, il “macro” e il “micro”. Ho cercato di trovare un modo di rivelare all’Uomo (e a me stesso principalmente) la sua importanza e la sua centralità, ricordando che nulla esiste senza di noi e che noi siamo il modo con cui l’Universo cerca di conoscere sé stesso.
Il binomio scienza e arte non sempre è facilissimo. Hanno qualcosa in comune? È possibile coniugarle?
Avendo una formazione artistica, ho cercato di coniugare arte e scienza. La scenografia dello spettacolo, così come il modellino della sonda telecomandata che uso in scena, le ho disegnate e create io.
Arte e scienza hanno in comune la possibilità di rivelare all’Uomo sé stesso. Non hanno confini, non hanno limiti, ma entrambe, allo stesso modo, si basano su leggi matematiche ben precise. Mi vengono in mente la proporzione aurea, le frequenze dell’Universo, il movimento delle foglie al vento e la musica dei Pink Floyd; penso al volo degli uccelli, nei quadri di Vincent van Gogh; o in quelli di Frans Snyders, che segnano un pentagramma e penso alla disposizione delle stelle nel cielo. Tutto è soggetto a una musica e tutto è riconducibile ai numeri. Anche il teatro, lo stesso copione, la parola, obbediscono a una musica, un ritmo, uno spartito musicale. Tutto è matematica ma, come nell’Universo, anche nell’arte c’è una componente che sfugge alla nostra comprensione. L’atto creativo, la sensibilità, la materia oscura, l’invenzione sono facce della stessa medaglia che ci confermano l’esistenza di “D’ IO” (in noi risiede la scintilla divina). La scienza cerca di dimostrarcelo, l’arte ce lo ricorda. Leonardo da Vinci, Carl Gustav Jung, Albert Einstein hanno da sempre coniugato arte e scienza, dobbiamo solo seguire il loro esempio, la strada è già tracciata.
Come si distingue ciò che è scientificamente corretto dalla pura invenzione artistica?
Nel mio spettacolo cerco di far procedere parallelamente la profondità dei temi scientifici con quelli che riguardano l’Uomo. A volte l’equilibrio tra invenzione e realtà è precario, ma è proprio qui che si insinua l’arte: io sono un artista, non uno scienziato, conosco più l’Uomo che l’Universo, non voglio “andare sulla Luna” ma approdare sui “pianeti” sconosciuti che abitano dentro di noi. Se l’arte può mettersi al servizio della scienza (e viceversa) per arrivare dove nessuno è mai stato, ben venga l’invenzione, il sogno, la creatività. È giusto dare informazioni corrette così come è altrettanto giusto lasciar spazio alla creatività, alla poesia.
Il pubblico è importante in questo spettacolo, talvolta diventa anche protagonista. Qual è il tuo rapporto con il pubblico?
Io ho molto rispetto del pubblico, quando scrivo penso innanzitutto a essere chiaro, vorrei che mi capissero tutti. Mio padre è la mia cavia e non è uno spettatore facile, ha lavorato sin da piccolo, non ha mai studiato e a teatro si addormenta nove spettacoli su dieci! Quando scrivo parto da lui, poi tutto il resto è in discesa. Con coSmic ha funzionato: riesco a tenere l’attenzione di tutti, dai giovanissimi ai nonni.
Di solito non cambio nulla dal punto di vista interpretativo, che mi rivolga a un pubblico di scuole o serale. Anzi, soprattutto i ragazzi mi hanno regalato diverse standing ovation! Per me il teatro è un gioco serio, se io mi diverto lo fanno anche gli altri. coSmic mi diverte particolarmente, è per me come uscire con gli amici di vecchia data il sabato sera. È uno spettacolo giovane, fresco e piace molto anche agli insegnanti.
Qualche giorno fa mi ha scritto una madre che fa l’insegnante di fisica, ringraziandomi perché erano anni che cercava di avvicinare suo figlio alle materie scientifiche e, dopo il mio spettacolo, per la prima volta, lui le aveva chiesto di approfondire insieme alcuni temi toccati in coSmic.
C’è stata una volta in cui il pubblico ha stupito te?
A Milano ho tenuto un laboratorio in cui, a fine spettacolo, i ragazzi avrebbero dovuto scrivere in meno di un’ora monologhi, canzoni rap, scene a due, partendo dal mio spettacolo. Sono venute fuori delle cose incredibili, avevano colto tutto, dalle citazioni di Astolfo sulla Luna, di Epicuro, all’associazione tra intuizione e wormhole. A un certo punto, nel mio spettacolo parlo anche degli ascensori spaziali in contrasto con le teorie dei terrapiattisti e la loro famosa “cupola metallica” che non ci permetterebbe di andare nello spazio. Bene, loro hanno scritto una scena tra Carlo Rovelli e Albert Einstein in ascensore in cui Rovelli chiede: “a che piano va?” e Einstein: “sulla Luna!”. L’ascensore inizia a salire… a un certo punto si sente un tonfo e i due: “&$%#* la cupola!”
Hai detto di aver studiato molto per questo spettacolo, ma ti sei avvalso anche di consulenze di scienziati. Una delle tue consulenti è la nostra collega dell’INAF Elisa Nichelli. Come è stato lavorare con lei?
La realizzazione di coSmic non sarebbe stata possibile senza il sostegno di Elisa Nichelli, la mia super consulente scientifica.
Ricordo di averla contattata per proporle di ascoltare il mio testo. Era una giornata caldissima. Ci siamo sentiti su Skype. Lei dall’altra parte mi ascoltava facendosi vento con un ventaglio. Era la prima persona a cui leggevo il testo, la mia prima cavia, addirittura prima di mio padre! Vedevo il suo sguardo pian piano illuminarsi. Ha subito compreso lo spirito del lavoro e ha fatto di tutto per sostenermi e guidarmi senza spostarmi dalla mia “natura”, anzi sentivo la sua curiosità verso un artista e verso un modo di raccontare la scienza diverso dal suo. Mi ha detto: “Io non sarei mai in grado di parlare di questioni scientifiche con questa leggerezza e distacco perché ho studiato troppo”. Nel giro di poco tempo è nato coSmic.
Abbiamo contattato anche Elisa. Vediamo se lei è d’accordo sull’esperienza? Com’è stato lavorare con Tony?
Elisa: Collaborare con Tony è stato come entrare in un frullatore di idee folli, colorate e divertenti. Ricordo quando la collega Francesca Aloisio mi ha proposto la collaborazione con lui, all’epoca nemmeno lei sapeva bene di cosa si trattasse, ma c’era questo attore e regista che voleva scrivere uno spettacolo con richiami all’astronomia e voleva una consulenza, quindi mi hanno passato il suo contatto. Quando ci siamo sentiti era l’estate 2020, ancora in pieno periodo di lockdown e riaperture, perciò abbiamo organizzato una chiamata Skype in un torrido agosto casalingo. L’approccio di Tony mi ha subito incuriosito: non aveva alcuna intenzione di raccontare con precisione di cosa trattasse lo spettacolo, perché voleva che anche io lo potessi vedere in scena senza spoiler, quindi mi ha sottoposto solo i pezzi in cui faceva riferimento ad argomenti scientifici, per fare in modo che fossero il più accurati possibile.
Ad oggi, purtroppo, non ho ancora visto coSmic in scena, ma devo ammettere che le recensioni sentite qua e là fanno impennare la mia impazienza e mi confermano che la prima impressione è stata quella giusta.
Dopo coSmic cosa hai in mente? C’è ancora scienza nei tuoi prossimi progetti?
Nel mio futuro ci sono tanti progetti, tra questi un altro monologo tratto da “Sogno di un uomo ridicolo” di Fëdor Dostoevskij in cui un uomo decide di togliersi la vita ma, proprio nel momento in cui sta per farlo, si addormenta e si risveglia in un Universo parallelo, su una Terra “copia” della nostra dove non esiste la scienza ma solo l’amore, dove per arrivare alla conoscenza universale bisogna innanzitutto imparare ad amare, un luogo dove gli abitanti hanno abbandonato la sapienza umana per scegliere la sapienza del cuore.
Ringraziando Tony ed Elisa, e in attesa del prossimo progetto, ricordiamo il Portfolio degli spettacoli INAF, a cura del Gruppo Storie. Buona esplorazione a tutti.
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