Cronache dalla scuola Gli Astroviandanti

Meccanica tra ordine, armonia ed eleganza

Per la visita al Museo Galileo di Firenze, gli Astroviandanti raddoppiano l’impegno con due articoli: iniziamo con Elena Barosso e la sfera armillare.


Studiando ingegneria meccanica non potevo non concentrarmi su questa parte del museo. Spesso, quando si sente parlare di meccanica, si pensa a un lavoro quasi sporco, a mani annerite nel riparare un motore, a meccanismi rumorosi, ma in realtà  questo mondo va molto al di là  di macchine, auto e moto, e con un po’ di poesia si possono cogliere anche i suoi aspetti più dolci e armoniosi.
Siamo realisti: le nostre vite sono un susseguirsi di eventi che si ripetono periodicamente nel tempo: il nostro cuore che batte, il respiro, la lancetta dell’orologio. In meccanica si parla in questi casi di regime periodico, cioè una situazione in cui una stessa configurazione si ripete più e più volte in modo identico dopo un certo intervallo di tempo, grande o piccolo che sia. La nostra vita, in definitiva, ci culla in modo ritmico e periodico: dolce certamente, ma a mio parere con alcuni aspetti persino angoscianti. Per esempio il fatto che non esista una pausa. Insomma, c’è sì continuità , ma anche un annesso senso di impotenza: il non poter fermare le lancette di un orologio che scorrono indifferenti e non curanti della nostra esistenza, un po’ come la Natura matrigna di Giacomo Leopardi. Non è che sia proprio bello, ecco.
In realtà  meccanica è anche sinonimo di incastro, di compatibilità  perfetta; una situazione in cui tutti i pezzi stanno assieme proprio perchè sono fatti l’uno per l’altro. E questo al museo Galileo lo si nota in vari esemplari esposti, come negli orologi, nelle strutture che muovono i telescopi, oppure nelle sfere armillari.

Ecco, prendiamo in considerazione quest’ultimo esempio, elemento peraltro ricorrente nell’arte, ripreso ad esempio da Botticelli, Giorgione e Guercino come icona stessa di sapienza e saggezza. La sfera armillare, chiamata anche astrolabio sferico, serviva a riprodurre il movimento delle sfere celesti attorno alla Terra, come nel caso dello strumento conservato al museo Galileo. Esistono anche versioni in accordo con la teoria eliocentrica di Copernico, in cui è il Sole ad essere fermo, ma non nel caso che descrivo.
Al centro è collocato il nostro pianeta, disposto lungo un asse che può cambiare inclinazione e circondato da una serie di anelli che rappresentano le traiettorie apparenti del Sole, della Luna e degli altri pianeti rispetto al nostro punto di vista. Ognuno di questi anelli può ruotare, descrivendo nel cielo percorsi diversi a seconda del periodo dell’anno in cui ci si trova. Per esempio, l’anello del Sole descrive traiettorie più lunghe o più corte, con inclinazioni diverse, a seconda della stagione, esattamente come lo vediamo con i nostri occhi. Disporre quindi di uno strumento meccanico del genere permetteva agli astronomi antichi alcune semplificazioni dei conti matematici nel tentativo di studiare i moti dei corpi celesti attorno alla Terra.
Insomma, la meccanica è tutto sommato in grado di dare ordine alle cose, e di creare strumenti che, oltre ad essere di estrema importanza e utilità , sono semplici, armoniosi e in fin dei conti eleganti, e, citando Stefano Sandrelli dell’INAF di Brera, proprio “dalla semplicità  e dall’armonia nasce la bellezza“.
Esiste tuttavia un’altra eleganza, meno fisica ma più… fisica, e cioè quella della matematica che sta alla base della fisica e delle scoperte che nel corso degli anni hanno dato vita all’evoluzione della nostra conoscenza.

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