Un po’ in ritardo sulla tabella di marcia, ritorna Universo Mondo con l’ultimo episodio della rubrica per quest’anno. In questa intervista, incontriamo Jean-Pierre Saghbini, ingegnere meccanico, appassionato di astronomia e divulgatore libanese, che ci racconta il ruolo e le sfide dell’astronomia e della divulgazione nel suo paese e non solo.
Come di consueto in questa rubrica, iniziamo parlando di te, della tua carriera e della tua passione per l’astronomia…
Sono un ingegnere meccanico e imprenditore, ho fondato un’impresa edile nel 2009. Il mio rapporto con l’astronomia, beh, è stata la mia passione fin da quando ero bambino. All’epoca c’era la guerra in Libano, quindi per scappare dalle zone di conflitto andavamo in montagna: non c’era elettricità, non c’erano generatori né pannelli solari come oggi, ma il cielo era stupendo. Avevo 8-9 anni, a circa 1400 metri sul livello del mare. E per tenerci lontani dalle storie di guerra, i miei genitori mi regalarono una specie di piccolo telescopio, così cominciai a fare domande su ciò che osservavamo, ad esempio sullo sciame meteorico delle Perseidi. Così è nata la mia passione per l’astronomia.
Questa è una bella storia, triste ma molto bella. Come si è evoluta questa passione?
In seguito sono passato ai libri, purtroppo però in Libano non c’era una specializzazione universitaria in astrofisica. Poiché amavo la fisica, ho scelto quanto ci fosse di più vicino, l’ingegneria meccanica. Mi sono allontanato un po’ da questa passione a causa del lavoro per diversi anni, fino al 2014, quando ho deciso di partecipare al festival di Astronomia a Fleurance, in Francia, e poi ho chiesto di creare lo stesso festival qui, in Libano. Per questo motivo ho fondato l’associazione UniversCiel Liban. Abbiamo creato un gruppo di persone davvero appassionate per promuovere l’astronomia nelle scuole, nelle università e presso il pubblico libanese.
E oggi, è possibile studiare astrofisica in Libano?
Ora esiste un Master congiunto in Astrofisica presso due università private. Nel 2009 è stata introdotta l’astronomia come corso facoltativo in due università, purtroppo però non esistono centri di ricerca in questo campo quindi i laureati devono andare all’estero per continuare a fare ricerca, ad esempio per conseguire un dottorato, altrimenti l’unica opzione è insegnare all’università. E il curriculum va aggiornato, questo è qualcosa su cui stiamo cercando di lavorare.
Secondo te, qual è il ruolo della divulgazione in questo ambito?
Dalla nostra esperienza con l’associazione, portando avanti tante attività, ci siamo guadagnati la fiducia di molte istituzioni. Marc Zou Beid, che è astrofisico, ha introdotto dei corsi nella scuola dove insegna: ci è riuscito quando hanno visto la qualità delle attività della nostra associazione. Si sono resi conto dell’importanza dell’astronomia come strumento per comprendere meglio gli argomenti che vengono insegnati, soprattutto la fisica. Così hanno permesso a Marc di insegnare astronomia una volta alla settimana a scuola, anche se non fa parte del curriculum.
Una delle attività principali della vostra associazione è il Festival d’Astronomie de Fleurance au Liban. Di che si tratta?
Il festival originale è iniziato 34 anni fa a Fleurance, una piccola cittadina nel sud-ovest della Francia. Noi abbiamo lanciato il nostro nel 2015. Il concetto è un po’ diverso: in Francia il festival si svolge durante le vacanze estive, quindi le famiglie partecipano al festival, prendendo parte alle attività, alle conferenze e ai dibattiti. Qui abbiamo modificato il format: in Libano il festival si svolge nelle università e invitiamo le scuole a venire. Partecipano circa 1500 studenti: ci sono molti laboratori preparati dagli studenti delle scuole che spiegano il loro lavoro agli studenti di altre scuole, quindi è un punto di incontro tra i giovani. Ci sono anche scienziati europei e libanesi che tengono conferenze su diversi argomenti di astronomia, e ovviamente anche l’osservazione delle stelle. L’ultimo giorno è una giornata di turismo per gli scienziati provenienti dall’estero, che comprende un po’ di interazione con il pubblico libanese. Questo è stato il format per i primi cinque anni, poi è arrivata la pandemia da Covid, il crollo finanziario e l’esplosione del porto di Beirut, quindi abbiamo cambiato un po’ il format trasformandolo in un festival all’aperto per bambini e famiglie, con conferenze, arte, musica, osservazioni del Sole durante il giorno e delle stelle di notte.
Come fai a conciliare il tuo lavoro quotidiano con tutte queste altre attività?
Non lo so! Ho una squadra fantastica, delego alcuni dei miei compiti alla squadra. Non posso ringraziare abbastanza il team dell’associazione, sono fantastici. Tutti volontari e dalle provenienze più diverse: abbiamo scienziati, insegnanti, comunicatori, ingegneri, architetti, artisti. Il mio cuore batte per l’astronomia. Il giorno è dedicato prevalentemente al lavoro, il pomeriggio e la notte all’astronomia e alla famiglia. 24 ore al giorno non sono molte, forse dovremmo averne 36!
Dal 2021, ti occupi anche del team di coordinamento nazionale della didattica dell’astronomia (NAEC) per l’Unione Astronomica Internazionale (IAU) in Libano. Cosa comporta questo ruolo?
Il coordinatore nazionale per la divulgazione (NOC) della IAU per il Libano ha visto quello che facciamo e ci ha proposto di partecipare, non c’era ancora un team NAEC in Libano. Da quando siamo entrati in questa rete, abbiamo iniziato a collaborare con partner internazionali. Sono molto grato per questo, è un’esperienza molto interessante. E questo ci dà un’immagine ufficiale, ad esempio quando parliamo di curriculum con i funzionari del Ministero dell’Istruzione, questo ci dà una certa credibilità, è molto importante.
Che tipo di collaborazioni internazionali avete avviato finora?
La prima attività a cui abbiamo aderito è stata una co-progettazione lanciata dall’Office of Astronomy for Education Center Italy nel 2022. Noi siamo entrati a marzo, il gruppo aveva iniziato qualche mese prima in preparazione per un workshop a Lampedusa, e ad essere sincero non non capivo bene gli obiettivi all’inizio. Ci incontravamo su Zoom ed ero felice di condividere qualcosa con altre persone con i miei stessi interessi. In seguito ho compreso lo scopo e gli obiettivi di questa co-progettazione, tra cui la produzione di risorse online per l’insegnamento dell’astronomia in diverse lingue dei paesi del Mediterraneo. Questo è molto importante: spesso le lingue sono una barriera per gli insegnanti. Adesso ho una visione diversa di quello che abbiamo iniziato a Lampedusa. L’anno successivo, quando ci siamo incontrati a Ifran, in Marocco, eravamo pronti a scambiare e condividere le nostre esperienze dal Libano con altri paesi. Magari stiamo svolgendo le stesse attività in paesi diversi, ma i dettagli potrebbero cambiare e talvolta fanno la differenza. Magari posso prendere alcuni dettagli da un collaboratore di un paese diverso, per rendere le mie attività più interessanti.
Cosa porti a casa da queste esperienze internazionali?
Vedere che ci sono persone provenienti da paesi diversi, che ci ascoltano e apprezzano ciò che facciamo, questo è carburante per noi. Ne abbiamo bisogno per la motivazione. Ci sono molte sfide, le persone hanno altre priorità. Adesso abbiamo delle risorse pubblicate su Astro Edu, è stato il risultato di giorni e mesi di coordinamento, per affinare queste attività e renderle sempre più interessanti per insegnanti ed educatori. Per collaborare ancora di più, sul curriculum e sulla didattica, c’è bisogno di molto lavoro e dettagli, perché il curriculum può essere diverso da un paese all’altro, ma una simile collaborazione può portare a cambiamenti a lungo termine.
Quali ritieni che siano le principali sfide per la divulgazione dell’astronomia, in Libano e nel mondo?
In Libano abbiamo molte sfide. Prima di tutto dobbiamo convincere la gente dell’importanza dell’astronomia. Poi ci sono sfide economiche, la crisi finanziaria. Mostrare l’importanza dell’astronomia alla gente è molto difficile. La mente delle persone è impegnata a pensare all’istruzione dei propri figli, alla ricerca di un lavoro, di un buono stipendio.
A livello globale, la sfida è quella di rendere l’astronomia importante quanto altri grandi eventi, come gli eventi sportivi o i grandi concerti. Non sarà mai attraente quanto un concerto di musica, almeno non per molte persone, ma dobbiamo rendere le persone consapevoli che l’astronomia non riguarda solo la scienza. Riguarda anche l’immaginazione, la nostra storia, il modo in cui siamo arrivati a questo mondo. Quando discutiamo di astronomia, non parliamo solo di stelle, parliamo anche della Terra, di come prevenirne la distruzione. Quando avremo metà della gente che va a un grande concerto musicale, ma ascoltando una conferenza scientifica sull’astronomia, allora sapremo che abbiamo fatto un buon lavoro. Adesso no, non ancora.
Come pensi che i diversi paesi del Mediterraneo possano collaborare nel campo della divulgazione scientifica?
Quello che posso suggerire è quello che abbiamo iniziato nei paesi arabi,vviato un gruppo di coordinamento con tutti gli uffici IAU nella regione araba. Abbiamo un gruppo WhatsApp dei team NOC e NAEC dei paesi arabi, abbiamo fatto molte attività su Zoom durante la pandemia. Quello che posso suggerire è, come abbiamo iniziato nei paesi arabi, di creare collaborazioni tra festival. Ci sono tanti festival di astronomia, perché non creare una collaborazione tra i festival del Mediterraneo? Avevamo iniziato a organizzare un evento congiunto di osservazione delle stelle chiamato “Mille e una stella”, che avrebbe dovuto svolgersi il 21 ottobre 2023 in 13 paesi arabi, guardando il cielo contemporaneamente. Purtroppo l’abbiamo dovuto annullare a causa della situazione attuale nella regione.
Già, la guerra continua ormai da più di due mesi nella Striscia di Gaza, lasciando impotenti e senza parole molte persone in tutto il mondo, compresi scienziati e astronomi. Dalla tua esperienza di collaborazione per promuovere l’amore verso la scienza e il cielo notturno, c’è qualcosa che l’astronomia può fare per unire le persone e i popoli?
In tempi come quelli che stiamo vivendo, ricordo spesso le parole di André Brahic, l’astrofisico francese che scoprì gli anelli di Nettuno, e che ho avuto modo di incontrare a Fleurance nel 2014, prima che morisse. Mi disse: se vogliamo mantenere la pace nelle regioni di conflitto, non dobbiamo inviare soldati ma astronomi, perché sanno molto bene come portare messaggi di pace conoscendo il nostro posto nell’Universo.
Grazie per aver condiviso queste parole, ci auguriamo che la pace ritorni immediatamente nella regione. Prima di salutarti, vuoi citare qualche altro scienziato, pensatore o autore che ti ha particolarmente ispirato in questo tuo percorso?
Innanzitutto gli astronomi. Quando ero giovane, ho letto dei libri dell’astrofisico francese Hubert Reeves, scomparso recentemente, il 13 ottobre. Ho avuto la fortuna di incontrarlo diverse volte in Francia. Tra i fisici, Albert Einstein mi ha ispirato molto. In Libano, il filosofo Khalil Gibran mi ha ispirato molto in un altro modo. E ovviamente lo scienziato arabo Ibn al-Haytham (Alhazen), che fu il padre dell’ottica: è affascinante pensare cosa riuscì a scoprire allora, mille anni fa.
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