Aggiornato il 28 Novembre 2024
A Civitavecchia, cittadina del litorale laziale nota per il suo trafficatissimo porto, c’è un liceo dove “il sapere si armonizza col saper fare“. Così si legge sul sito web dell’IIS Marconi, nella pagina che descrive la sezione del Liceo Scientifico delle Scienze Applicate. È qui che lavora Filippo Ciliberto, docente di laboratorio, che crede fermamente nell’importanza delle attività sperimentali per la formazione ma anche per la crescita personale dei suoi giovani studenti. Tra i molti progetti seguiti, abbiamo voluto parlare con Filippo di quello organizzato quest’anno con l’INAF-IAPS di Roma: un percorso di PCTO chiamato Pianeti in una stanza, realizzato con il supporto dell’associazione no"profit Speak Science e dell’Università Roma Tre (una presentazione del progetto realizzato in un’altra scuola del Lazio in A scuola con Pianeti in una stanza: il PCTO per raccontare l’Universo).
Filippo, inizia raccontandoci qualcosa di te. Sei un insegnante di quelli che nella vita non avrebbero mai potuto fare altro?
Di formazione sono un chimico e non posso dire di aver sognato di fare l’insegnante da sempre. Forse avrei voluto fare il medico. Certamente posso dire che a scuola vado da sempre. Ci andavo già dalla pancia di mia madre, maestra. È in lei che oggi mi rivedo nei metodi originali e nell’empatia verso gli studenti.
Sono un docente di laboratorio di fisica e da cinque anni nella mia scuola faccio parte del cosiddetto organico di potenziamento dell’offerta formativa, il che vuol dire che non mi vengono assegnate singole classi ma svolgo soprattutto attività laboratoriali, sia curriculari che extra, di fisica e chimica. Posso dare supporto agli insegnamenti che hanno poche ore a settimana per fare attività laboratoriale nelle loro ore, oppure in orario aggiuntivo.
Il risultato è che gli studenti riescono a toccare con mano una scienza spesso considerata astratta e molti, quando arrivano all’università , mi vengono a dire che si trovano a fare le stesse attività che hanno già svolto qui.
Tu lavori in una scuola che sembra molto all’avanguardia. Non conosco bene la realtà dei Licei di scienze applicate, nati solo negli ultimi anni. Ce ne parli?
L’IIS Marconi è nato come istituto tecnico. Agli indirizzi meccanico, elettronico-elettrotecnico e informatico, negli anni si è affiancato il liceo scientifico-tecnologico, poi diventato liceo scientifico opzione scienze applicate. Oggi, il nostro è un grande istituto con circa 1200 studenti, più o meno divisi a metà tra l’istituto tecnico e il liceo, che arrivano da un territorio molto vasto che si estende sul litorale laziale alle porte di Roma.
Quello che ci caratterizza, sia negli insegnamenti curriculari che nei progetti previsti dal PTOF, come i PCTO, è la didattica laboratoriale, un approccio fondamentale nello studio delle scienze sperimentali. Avendo molti studenti pendolari, la nostra organizzazione oraria si basa su moduli di 55 minuti e per completare il tempo-scuola vengono proposte attività aggiuntive, una delle quali è il progetto Applichiamo le scienze, riservato alle classi del biennio del liceo. Si tratta di 30 moduli annuali di esercitazioni in laboratorio di chimica, fisica, informatica, matematica e disegno, che permettono di approfondire il lavoro svolto durante le normali lezioni, dalla progettazione alla realizzazione degli esperimenti, nonchè all’elaborazione dei dati raccolti.
Cerchiamo di formare delle persone, non solo dei tecnici o dei professionisti. Vogliamo insegnare a ragionare, porsi domande e trovare modi per risolvere i problemi. Avere studenti curiosi e consapevoli oggi, cittadini del mondo responsabili e intraprendenti domani.
Torniamo all’astrofisica: raccontaci che ruolo gioca l’Universo nel tuo lavoro e come ti sei trovato a portare l’Universo e il suo fascino in classe.
Devo dire che il cielo, gli astri, sono comparsi raramente nei miei percorsi formativi e lavorativi. Questo anche se il cosmo e le sue storie avventurose mi rapivano da bambino, tra fumetti e disegni animati, per poi diventare, crescendo, un tetto di stelle sotto il quale sognare nelle sere d’estate.
Questo progetto è stata l’occasione per tornare a volgere lo sguardo oltre l’orizzonte, sia per me che per i ragazzi. Invito sempre i miei studenti ad affrancarsi dal telefono, loro appendice tattile e visiva, per lasciarsi catturare dalla scienza e dai suoi racconti affascinanti e difficili da esplorare.
Grazie a “Pianeti in una stanza”, avvicinare un astro distante milioni di chilometri a pochi centimetri da noi, rendendo più viva, in tre dimensioni, l’immagine vista sui libri, è stato emozionante e sorprendente nella sua semplicità di realizzazione.
Spesso il PCTO viene percepito come un monte ore obbligatorio in cui è difficile fare cose interessanti. Inoltre, al PCTO, dall’anno scorso, si sommano le 30 ore di orientamento formativo. È importante riuscire a trovare e portare avanti progetti specifici e ben selezionati.
Il progetto “Pianeti in una stanza” è stato prima di tutto molto interessante dal punto di vista del lavoro di squadra: gli studenti che hanno organizzato la rappresentazione finale provenivano da varie classi. La collaborazione nel gruppo è stata molto positiva e ciascuno ha trovato il proprio ruolo. La parte che li ha affascinati di più è stata la costruzione e la calibrazione dello strumento, che si è rivelata un vero e proprio esperimento che coinvolge l’ottica, la fisica, l’informatica, e tanto altro. Inoltre, la rappresentazione finale è stata inserita in un evento serale festivo della scuola, un evento pubblico in cui non sono mancati momenti di emozione.
Devo anche dire che diversi studenti del primo e secondo anno, quindi che non potevano aver accesso al PCTO, si sono rivelati molto incuriositi dal progetto e adatti al lavoro di squadra anche rispetto ai più grandi del quarto anno.
Più in generale, cosa ne pensi della collaborazione con le scuole degli enti di ricerca. Ritieni utile la terza missione da parte della comunità scientifica e cosa potremmo fare di meglio?
La vostra attività divulgativa è veramente meritoria e avremmo piacere a proseguire la collaborazione con INAF con nuove proposte o ripetendo il progetto per migliorare quello che ha funzionato meno. Un miglioramento importante sarebbe aumentare la possibilità di visitare sedi, osservatori o laboratori per far respirare ai ragazzi l’aria della ricerca scientifica.
Continuate a venire nelle scuole, ma soprattutto, portate le scuole, i ragazzi da voi, iniziando dai più piccoli! È così che si alimenta la passione.
Tra i tanti studenti che hanno incrociato la mia strada, non sono molti quelli che hanno scelto di continuare a studiare materie scientifiche. Ricordo però, molti anni fa, alle prime supplenze, un bambino molto piccolo, di sei-sette anni, figlio di una collega, che veniva dalla mamma a scuola per vedermi fare gli esperimenti. Quel bambino si è laureato anche lui in chimica e queste sono le soddisfazioni da ricordare.
Ciao! complimenti per questa bellissima esperienza. Simona Marchetti, a presto!un abbraccio.