Aggiornato il 1 Giugno 2022
Desidero innanzitutto sottolineare la presenza di un’autrice di origini non occidentali in un ambito che una certa abitudine alla frequentazione delle librerie porta a credere di pertinenza europea o americana. Se la cosa mi desta meraviglia, non è certo per quella maldestra xenofobia alla quale subito qualcuno avrà pensato leggendo le righe precedenti. Tutt’altro. La mia sorpresa nasce dal fatto che a raccontare “bolometricamente” le immense rivoluzioni culturali avvenute in ambito cosmologico non siamo più noi occidentali “ forse, non sapendo quale sia l’integrale delle pubblicazioni uscite negli ultimi anni, farei meglio a dire «non siamo più solo noi» ’ oramai persi dietro alla specificità di singoli aspetti, di fatti particolari, di minimi dettagli da sondare fino a perderci in tecnicismi comprensibili solo a pochi.
Grazie alla libera circolazione delle idee e delle persone, a farlo oggi possono essere anche donne e uomini di culture diverse dalla nostra, ma che la nostra l’hanno avvicinata con grande rispetto, studiata, assorbita e metabolizzata mantenendo intatto quello “spirito greco” che spesso lo stesso occidente mostra di aver perduto.
Questo splendido libro di divulgazione, infatti, affrontando i temi che narra, adotta una ricetta ottenuta mescolando l’astrofisica con una gran quantità di aromi letterari, di odori storici e spezie antropologiche, capace di donare al testo un respiro freschissimo e molto piacevole.
L’autrice, una vera e propria “maga delle spezie” indiana, non è certo una neofita: la sintesi del suo curriculum in terza di copertina garantisce infatti la sua capacità di fare ricerca, ma non dice nulla circa la sua grande cultura umanistica e la sua capacità di mescolarla nell’ordito delle sue descrizioni divulgative.
Leggendo poi la sua introduzione al libro, scegliendo di stare sulle righe, ma soprattutto tra di esse, si apprende molto di più su di lei, intuendo anche che tipo di corsa ci attenderà nei sette, densissimi capitoli di questo suo saggio. Si tratta infatti di una introduzione che definirei “critica” in quanto, senza addentrarsi nel riassunto analitico delle singole sezioni, l’autrice descrive “a volo d’angelo” l’anima dell’intera opera, rivelando così la vera natura del suo punto di vista: quello di una filosofa, di una storica o forse di una sociologa della scienza, incidentalmente in possesso di una quantità enorme di notizie scientifiche.
In quelle pagine iniziali, tra le altre cose, ha modo di dire di sè:
Un percorso, quindi, che dal generale si è approssimato al particolare della conoscenza astrofisica, adagiandola su una solida impalcatura generalista, dalla quale la filosofia non poteva mancare (in fondo, la cosmologia è una materia border line per sua stessa natura, sospesa com’è tra pensiero fisico e filosofico) e che credo costituisca, tra le altre cose, un modello importante da sottoporre a studenti di liceo, i quali ancora non sanno bene cosa scegliere all’università .
Più avanti, sempre nell’introduzione, afferma che quella che narrerà sarà
Una serie di affermazioni che inseriscono l’immaginazione, la creatività scientifica e la psicologia umana, quindi anche quella dello scienziato, in un ambito cosmologico. Questa impostazione ha il potere di fare apparire quasi necessarie allo sviluppo della scienza quelle che sono normali spinte umane e, per questo, contingenti, nobilitando così peculiarità tipiche della nostra specie. La scienza è fatta da uomini donne e, nonostante la sua pretesa asetticità , non può che essere soggetta alle nostre spinte più umane.
Credo che questo modo di porre le cose sia ancora una novità , specie “ mi duole dirlo “ tra gli stessi scienziati, i quali, a volte, sembrano rimpiangere i tempi in cui venivano visti come infallibili pensatori, privi di quella dimensione umana messa a nudo dall’autrice.
Questo carattere così attento alla dimensione personale di chi la scienza la fa “ si vedano, ad esempio, i gustosissimi ritratti di Vera Rubin, di Fritz Zwicky e di molti altri dei personaggi che di volta in volta si avvicenderanno sul palco della storia oggetto del libro “ è il collante di una vicenda a dir poco colossale: la progressiva scoperta, ancora in corso, dell’immane dimensione del cosmo e dei processi che lo modificano nel tempo.
Il libro, essenzialmente un testo di storia dell’astrofisica, conduce quindi alle ultime scoperte di pianeti extrasolari e alla teorizzazione dell’esistenza di altri universi, accompagnando per mano il lettore attraverso le varie tappe che hanno reso possibile arrivare a vedere così lontano nello spazio e nel tempo: espansione cosmica, buchi neri, materia oscura, energia oscura, radiazione cosmica di fondo.
Mi ha colpito in modo particolare la costante e puntuale introduzione, a piè di pagina, dei riferimenti agli articoli di ricerca e ai libri scritti dagli studiosi citati nel testo: non c’è una sola informazione importante ai fini della narrazione della Natarajan che non sia stata giustificata dalla presenza del relativo articolo di riferimento e potrei spingermi oltre dicendo che la storia della cosmologia da lei proposta forse non è altro che il riflesso di un particolare percorso intellettuale tra tutti e soli gli articoli citati.
Si potrebbe obiettare che le bibliografie poste a fine libro hanno, in generale, la stessa funzione, ma qui appare chiaro come il rapporto uno a uno tra gli eventi narrati e i riferimenti antologici sia più stretto del solito.
Da astronomo divulgatore so che a volte capita di affermare cose per averle lette o studiate “di seconda mano”, passando cioè dalla rielaborazione di altri autori che forse, a loro volta, le hanno apprese da chissà chi e mi piace pensare che invece l’autrice di L’esplorazione dell’universo, con grande onestà intellettuale, abbia davvero deciso di leggere tutte le pietre miliari della letteratura cosmologica riportate. Credo che, oltre ai contenuti descritti con vibrante interesse e competenza, questo sia uno dei punti di maggiore forza del libro: il suggerimento, cioè, di un metodo intellettuale per fare divulgazione e ricerca nel particolare ambito che si è scelto, mantenendo sempre una profonda consapevolezza di quali siano i mattoni creati da altri e sui quali la nostra visione del mondo, dai massimi sistemi alla ristretta nicchia dei nostri studi personali, poggia.
Ma non è tutto: come dicevo, l’autrice ha condito l’opera con appropriati riferimenti letterari dimostrando così grande attenzione a quanto la filosofia e la sociologia della scienza hanno avuto da dire circa questa travolgente evoluzione culturale.
Insomma, si tratta di un libro capace di fornire una lezione di storia della scienza, ma dal quale emerge anche un grande rispetto per la cultura umana in generale e per la complessità del nostro modo di indagare il mondo con occhi che, se dotati di sole lenti scientifiche, vedono molto, ma perdono decisamente di più.
Articolo pubblicato sul Giornale di Astronomia #2, 2018 e ripubblicato con l’autorizzazione della direzione del Giornale di Astronomia; copyright by SAIt e Fabrizio Serra Editore, Pisa-Roma
Abbiamo parlato di:
L'esplorazione dell'universo. La rivoluzione che sta svelando il cosmo
Priyamvada Natarajan
Traduzione di F. Pè
Bollati Boringhieri, 2017
254 pagine, brossurato – 24,00 €
ISBN: 9788833928234
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