Aggiornato il 13 Dicembre 2020
“Al fin della ripresa io tocco“, diceva il poeta ascensionista Cyrano de Bergerac nel capolavoro di Edmond Rostand, e questo tremendo 2020 ci riserva, almeno astronomicamente parlando, un Gran Finale proprio nei suoi titoli di coda, con l’evento principale – una spettacolare congiunzione tra Giove e Saturno della quale si dirà più avanti – che va a coincidere con il giorno del solstizio d’inverno e quindi con l’inizio ufficiale della stagione più fredda. Un evento che porta con sé opportunità osservative e anche qualche curioso riferimento storico. Ma andiamo per gradi.
Il Solstizio d’Inverno e le ore di buio
Si è detto che il Solstizio di dicembre segna l’inizio della stagione invernale e in effetti si è soliti dire che il 21 dicembre “entra l’inverno“. Non tutti sanno, però, che l’inverno, nel 2020, ha inizio alle ore 10.02 del 21 dicembre e ai più può sembrare strano che l’inizio di una stagione abbia addirittura un orario così preciso, ma il discorso è puramente astronomico.
La Terra effettua un giro intorno al Sole in poco più di 365 giorni e questo lo sappiamo tutti, festeggiando ogni primo gennaio, a mezzanotte, l’inizio di un nuovo anno. Questo moto intorno al Sole si chiama rivoluzione e il percorso della Terra si chiama orbita. Il piano dell’orbita terrestre intorno al Sole è chiamato eclittica. La Terra è caratterizzata anche da altri moti, come quello di rotazione: ruota su sé stessa, intorno al proprio asse che passa per i poli, in un tempo di circa 24 ore che chiamiamo giorno. Questo asse di rotazione, però, non è perpendicolare al piano dell’eclittica ma risulta inclinato di 23°27′, con il risultato che in alcuni periodi dell’anno un emisfero terrestre (boreale, sopra l’equatore fino al Polo Nord, e australe, sotto l’equatore fino al Polo Sud) viene illuminato dai raggi del Sole in modo più diretto (inclinazione minore, angolo di incidenza maggiore, cioè più vicini alla perpendicolare rispetto al suolo) rispetto all’emisfero opposto, per alternare la situazione in un periodo successivo, in una infinita alternanza. Nei punti in cui i raggi del Sole hanno angolo di incidenza maggiore si ha la stagione calda mentre laddove i raggi del Sole sono meno incidenti si ha la stagione fredda.
L’estate ha inizio – dal punto di vista astronomico – nel momento in cui il Sole raggiunge la massima altezza per un emisfero e questo punto si chiama solstizio (che vuol dire “Sole fermo“, con riferimento al moto apparente del Sole). Quando il Sole raggiunge la massima altezza nell’emisfero boreale (coincidente con il Tropico del Cancro) abbiamo quindi la nostra estate mentre nell’emisfero australe ha inizio l’inverno, e viceversa (con il Sole al Tropico del Capricorno).
Passando da un emisfero all’altro, si arriverà a un punto in cui il Sole raggiunge la massima altezza all’equatore (sarà allo zenit, cioè proprio sulla verticale), che separa i due emisferi, e questo determina una condizione di irraggiamento uguale per i due emisferi: in tal caso si parla di equinozio (dal latino, con significato di “notte uguale“). Se il Sole sta salendo dall’emisfero australe a quello boreale si parla di equinozio di primavera per i boreali come noi (autunno per gli “australi”) mentre se il Sole scende dal nostro emisfero a quello australe si parla di equinozio di autunno, per noi (di primavera per gli abitanti dell’emisfero australe).
Il 21 dicembre 2020, quindi, il Sole raggiunge la sua altezza massima nell’emisfero australe (in termini astronomici, la distanza rispetto all’equatore è detta declinazione, nord o sud), il che significa che per il nostro emisfero viene raggiunta l’altezza minima: il “nostro” Sole, quindi, passerà sopra l’orizzonte un tempo molto limitato dando vita a quello che impropriamente viene definito “il giorno più corto dell’anno“. Impropriamente perché il giorno, inteso come rotazione, dura sempre lo stesso numero di ore ma facendo riferimento alle ore di “luce” si ottiene una durata che è la più breve di tutto l’anno. Inizia l’inverno, contrariamente all’emisfero australe dove invece si verifica il giorno più lungo dell’anno con l’avvio dell’estate. Questo punto di minima altezza del Sole rispetto all’equatore viene raggiunto alle ore 10.02, e questo spiega come mai l’avvio dell’inverno abbia un orario ben preciso. Da questo momento in poi, dopo qualche giorno di apparente stasi nel cielo da parte del Sole (fermo, appunto), giorno dopo giorno le ore di illuminazione tenderanno ad aumentare progressivamente e proprio per questo il Solstizio di Inverno viene da sempre festeggiato come un giorno di “rinascita” del Sole. Il Sole torna “vitale” e “invincibile”, il che ha dato il là al culto del Sole Invictus (invincibile, appunto), noto fin dai tempi di Stonehenge, ma diffuso anche in Francia, Irlanda e Italia da epoche preistoriche e festeggiato solitamente il 25 dicembre, come il Natale moderno. Molte culture in questo giorno festeggiavano eventi molto simili a quelli che oggi ricordiamo con il nostro Natale, basti pensare al Dio Mitra oppure al dio babilonese Shamash oppure a Tammuz, incarnazione del Sole nato dalla vergine Ishtar (alla quale oggi è dedicato un continente su Venere) e forse proprio per uniformare e ufficializzare questa serie di festeggiamenti presenti nei domini romani, nel 272 Aureliano – a valle dell’unificazione dell’Impero – trasferì a Roma i sacerdoti del Dio Sol Invictus centralizzando il culto del Sole in un tempio costruito sulle pendici del Colle Quirinale e creando il corpo dei Pontefices Solis Invicti. L’ufficialità del tempio avvenne il 2 dicembre 274 durante una festa chiamata Dies Natalis Solis Invicti (Giorno di nascita del Sole Invitto) che negli anni divenne sempre più importante fino a divenire la conclusione della festa romana dei Saturnali, la più antica e attiva dal 17 al 25 dicembre, con scambio di doni proprio nell’ultimo giorno. Da qui potrebbe originare l’usanza di fare regali a Natale. Tutto questo sarebbe diventato Natale di Cristo, ufficialmente, nel 330 con l’imperatore Costantino che converte il Natale Invitto in Natale Cristiano, con successivo recepimento da parte della Chiesa cattolica nel 337 a opera di papa Giulio I.
Tenete a mente tutto questo perché i legami con il Natale non sono finiti e vedremo a breve qualche altra implicazione!
Tutto questo trova esplicitazione nei dati di dicembre, visto che a inizio mese il Sole sorge alle ore 07.43, culmina alle ore 12.12 e tramonta alle ore 16.41 (nella costellazione di Ofiuco) mentre a fine mese sorge alle ore 08.03 e tramonta alle ore 16.49 (nel Sagittario). Il 21 Dicembre, la levata eliaca è fissata alle ore 08.00 mentre il tramonto alle ore 16.42 (già in Sagittario). Per confronto, a Sidney – in Australia – il 21 dicembre il Sole sorge alle 05.41 e tramonta alle 20.06. Per chi ama il cielo notturno (e non è in lockdown) tutto questo è un fatto molto positivo: basti pensare che il 21 dicembre la notte astronomica va dalle 18.24 alle 05.55, un periodo assai lungo per una serata osservativa o di ripresa (per inciso, la Luna quasi dicotomica tramonta prima della mezzanotte).
Le costellazioni serali
Tralasciamo la prima parte delle ore di buio – simili a quanto detto per il mese precedente – e concentriamoci sul cielo del periodo, quello visibile dal dopo-cena in poi, per scoprire quello che in molti ritengono essere il cielo più bello dell’anno dividendo, come tradizione, la sfera celeste in orizzonti. Rimetteremo le lancette un po’ indietro quando parleremo dell’evento principale del mese e dell’anno, visto che dovremo andare a riprendere Giove e Saturno appena dopo il tramonto.
L’orizzonte Nord presenta al solito le costellazioni che alle nostre latitudini non tramontano mai, risultando in giro stretto intorno alla fissa Stella Polare. Continua la risalita dell’Orsa Maggiore sul versante di Nord-Est: sarà facilissimo trovarla, cercando la classica forma del Grande Carro poggiata sul “manico”, o meglio sulla “coda” dell’Orsa. A pari altezza, ma in discesa sul versante Nord-Ovest, troviamo la tipica casetta di Cefeo. La zona più alta del cielo del Nord è occupata invece da Cassiopea, leggermente in discesa verso Nord-Ovest ma altissima a forma di “M” o “doppiavvù rovesciata”, mentre le costellazioni più alte sul versante Nord sono quelle di Giraffa e Lince, che all’osservazione ad occhio nudo sfuggono ai più dato il limitato numero di stelle luminose.
Dedichiamoci un attimo all’Orsa Maggiore perché anche questo ci servirà per comprendere al meglio l’evento più atteso, del quale parleremo a breve. Nella “coda” dell’Orsa, composta di tre stelle, l’astro centrale viene spesso utilizzato per un test della vista: si tratta di una coppia di stelle la cui separazione è al limite dell’occhio nudo “medio”, con una componente più brillante della compagna. Le stelle si chiamano Mizar e Alcor e la loro separazione angolare è di 11.8 arcominuti: non ha molta importanza ora determinare con precisione a quanto corrisponda, l’importante è che proviate a vederle entrambe e che teniate a mente che la loro separazione è di 11.8 arcominuti.
Per l’orizzonte Ovest, questo mese, possiamo tranquillamente dire che dopo cena è inutile andarlo a cercare. Resta la parte superiore del Cigno, bassissimo, mentre il resto del cielo è occupato da Pesci e Balena, costellazioni che non ci hanno entusiasmato neanche quando sono transitate in meridiano. Stiamo perdendo il quadrato di Pegaso, utilizzato per la ricerca delle due galassie più visibili del cielo come M31 in Andromeda e M33 nel Triangolo, come abbiamo visto nel mese di novembre al quale rimandiamo. Le due galassie sono ancora ben osservabili, mentre a favore della costellazione dei Pesci c’è Marte, che brilla ancora di una intensa luce rossa.
L’orizzonte Sud di dicembre è un insieme di gemme, uno spettacolo visibile anche nei cieli cittadini per la luminosità delle stelle presenti e che sotto un cielo buio diviene mozzafiato. Se nel versante Nord l’Orsa Maggiore consente di individuare tutte le costellazioni limitrofe o quasi, a sud questo mese abbiamo Orione, il cacciatore celeste, a guidarci nel riconoscimento dei principali asterismi. Innanzitutto per individuare Orione dobbiamo puntare la sua Cintura, una fila di tre stelle molto brillanti e di facile riconoscimento.
La Cintura, composta dalle stelle Alnitak, Alnilam e Mintaka, si trova al centro di un quadrilatero asimmetrico di stelle. Tra le due stelle in alto rispetto alla Cintura, quella più rossa e brillante è nota come Betelgeuse ed è la stella che più di tutte lascia sperare in una esplosione di supernova in tempi astronomicamente accettabili (centomila anni, forse). Se esplodesse, andrebbe a rappresentare un vero faro nel cielo, visibile anche in pieno giorno.
Recentemente, tra settembre 2019 e febbraio 2020, Betelgeuse aveva cominciato a diminuire di luminosità, facendo presagire una prossima esplosione. Poi è tornata alla luminosità usuale, per cui la diminuzione potrebbe essere stata causata dall’espulsione di materiale scuro nella nostra direzione.
Tra le due stelle più in basso rispetto alla Cintura, invece, la più brillante e di colore bianco-azzurro è Rigel. Se vi trovate sotto un cielo molto buio, potrete notare una fila di tre stelline “pendere” dalla Cintura: si tratta della Spada di Orione e se prestate molta attenzione noterete come la seconda stellina appaia sfocata rispetto alle altre due. Se avete un binocolo aiutatevi puntando la zona e osserverete la più vicina officina di formazione stellare, la spettacolare Grande Nebulosa di Orione, oggetto numero 42 del Catalogo di Messier (da qui il nome M42).
Torniamo alla Cintura di Orione, poiché ci consente di spaziare verso altre costellazioni e altri oggetti celesti. Uniamo le tre stelle con un segmento immaginario e prolunghiamolo verso destra, in alto. Arriveremo, più o meno, a una stella decisamente brillante chiamata Aldebaran e rappresentante l’occhio del Toro, dell’omonima costellazione. Si tratta di una stella di prima grandezza, dal colore arancione indice di una temperatura un po’ inferiore rispetto a quella del Sole, ma più alta rispetto a quella delle stelle rosse. Se da Aldebaran ci spostiamo verso sinistra possiamo osservare due stelle abbastanza brillanti, poste a una distanza uguale a rappresentare le corna del Toro. Queste due stelle si chiamano El Nath e zeta Tauri e si trovano proprio sotto la costellazione di Auriga della brillante stella Capella, quasi allo zenit (il punto più alto del cielo, sopra la vostra testa) insieme al Perseo del quale abbiamo già ampiamente parlato nei mesi scorsi.
Torniamo al nostro segmento che unisce la Cintura di Orione ad Aldebaran e continuiamo ad estenderlo lungo la stessa direzione: arriveremo a un gruppetto di stelle la cui forma ricorda quella del Grande Carro, ma decisamente più piccolo e raccolto. Stiamo osservando l’ammasso aperto delle Pleiadi, un insieme di stelle giovani e calde nate tutte da una stessa nube molecolare di origine. Il loro colore è azzurro e i più fortunati con la vista riusciranno a distinguere sette stelline a occhio nudo, il numero che è valso l’appellativo di Sette Sorelle. Anche il Sole è nato in un ambiente simile, con stelle “sorelle” che tuttavia oggi, dopo più di cinque miliardi di anni, si sono disperse.
Ritorniamo nuovamente alla nostra Cintura e tracciamo un altro segmento, ma stavolta anziché muoverci in alto e a destra ci muoviamo verso la direzione opposta, in basso a sinistra fino a trovare una stella davvero brillante, la più brillante che ci si presenta nel nostro emisfero. Si chiama Sirio, fa parte della costellazione del Cane Maggiore e la sua estrema luminosità è dovuta anche al fatto di essere una delle stelle più vicine a noi, a “soli” 8.4 anni luce di distanza (per confronto si pensi ai circa 650 anni luce di distanza di Betelgeuse!). Avremo modo di parlare del Cane Maggiore il prossimo mese, come uno dei rari esempi di nome di costellazione che ben si sposa alla forma disegnata dalle sue stelle.
Il “seguito di Orione” non finisce qui ma ci lasciamo altri puntamenti per i prossimi mesi, quando alcuni astri oggi a Sud-Est passeranno in meridiano. Giusto come anticipazione, se unite la stella centrale della Cintura di Orione a Betelgeuse e proseguite il viaggio verso sinistra in alto andrete a centrare due stelle tra loro poco distanti e di luminosità simile: si tratta di Castore e Polluce, nella costellazione dei Gemelli.
Arriviamo all’orizzonte Est, che inizia a mostrare timidamente le primissime costellazioni pre-primaverili come il Cancro e il Leone, ma si tratta di astri ancora bassi dei quali avremo modo di parlare ampiamente nei prossimi mesi.
Gli sciami meteorici
Anche a dicembre la Terra attraversa diverse nubi di detriti lasciate da comete o da asteroidi in disgregazione:
- Chi Orionidi, attive dal 25/11 al 31/12
- Come Berenicidi, attive dal 12/12 al 23/1
- Fenicidi, attive dal 28/11 al 09/12
- Geminidi, attive dal 07/12 al 17/12
- Monocerotidi, attiv dal 27/11 al 17/12
- Puppidi Velidi, attive dal 02/12 al 16/12
- Sigma Idridi, attive dal 03/12 al 15/12
- Ursidi, attive dal 17/12 al 26/12
- Zeta Puppidi, attive dal 02/11 al 20/12
In particolare le Geminidi assumono un ruolo rilevante, con un tasso orario di meteore allo zenit (ZHR) pari a 120 e quindi in grado spesso di regalare spettacoli superiori a quello delle Perseidi di agosto, favorite però dal clima mite. L’impennata nel numero di meteore non è di vecchia data, se si pensa che quando lo sciame è stato riconosciuto come tale – nel 1861 – lo ZHR era di appena 20-50 meteore orarie. Il radiante è nella costellazione dei Gemelli e le meteore presentano una velocità media di 36 km/s. Molto particolare è l’origine di questo sciame, ricondotto non a una cometa, ma all’oggetto roccioso chiamato (3200) Phaeton, o Fetonte in italiano. Si tratta di una roccia di 5 chilometri di diametro e orbita molto ellittica, scoperto nel 1983 dal satellite IRAS della NASA e da molti indicato come frammento dell’asteroide Pallas. Ciò che entra nella nostra atmosfera dovrebbero essere detriti di Phaeton determinati dall’avvicinamento periodico al Sole.
La Luna
A dicembre 2020 la Luna presenta il proprio ciclo nel modo che segue:
Non sono previste eclissi, quindi si consiglia il panorama per i primi giorni, quando la Luna è reduce dal plenilunio, riprese di dettaglio a notte inoltrata nella seconda settimana quando il terminatore amplifica le diverse zone superficiali, luce cinerea dal 16 dicembre fino al 18 per poi passare di nuovo alle riprese al terminatore fino alla prossima Luna piena del 30 dicembre.
I pianeti
Quali pianeti saranno visibili durante il mese di dicembre 2020?
- Mercurio si mostra tra le luci del crepuscolo mattutino a inizio mese per andare in congiunzione a metà mese e ripresentarsi al crepuscolo serale a fine dicembre 2020 (tramonto dopo le 17), con una magnitudine che lo porta a guadagnare in luminosità.
- Venere è visibile ancora prima dell’alba, sebbene la finestra di osservabilità sia in riduzione. Sorge alle 04:40 a inizio mese e alle 06:31 a fine mese.
- Marte è visibile ancora per tutto il mese nella prima parte della notte, reduce dall’opposizione del 14 ottobre scorso. La sua luminosità andrà comunque a ridursi durante il mese pur rimanendo negativa. A fine mese tramonta prima delle 3.
- Giove e Saturno sono vicinissimi in primissima serata, tramontando poco dopo il tramonto ma regalando il vero spettacolo del mese, come vedremo a breve.
- Urano continua a mostrarsi per la prima parte della notte, tramontando poco dopo Marte. Per osservarlo c’è comunque bisogno di un binocolo.
- Nettuno è visibile, solo al telescopio, soltanto nelle prime ore di buio.
Principali eventi celesti
La mattina del 12 dicembre, prima dell’alba, la Luna a meno di 5 gradi dal pianeta Venere.
La sera del 17 dicembre, appena dopo il tramonto, la Luna si trova in congiunzione con la coppia Saturno-Giove, a poco più di 3 gradi di distanza.
Il 21 dicembre, giorno del Solstizio di Inverno, congiunzione tra Giove e Saturno, con una distanza angolare di appena 0.1 gradi.
Il 23 dicembre la Luna è in ampia congiunzione con Marte, con gli astri distanti quasi 10 gradi.
Il 27 dicembre la Luna si trova a meno di due gradi di distanza dalla stella Aldebaran nel Toro.
La Grande Congiunzione
Finora abbiamo raccontato il cielo di dicembre ma abbiamo lasciato nel bosco qualche briciola di indizio: abbiamo detto che per il “Gran Finale” del 2020 dobbiamo guardare appena dopo il tramonto, dobbiamo cercare Giove e Saturno e ricordare che Mizar e Alcor, nell’Orsa Maggiore, sono tra loro distanti 11.8 arcominuti. Abbiamo poi detto che il 21 dicembre è il giorno della “rinascita” del Sole dopo aver toccato la minima altezza per il nostro emisfero e abbiamo detto che Giove e Saturno saranno distanti appena 0.1° nel cielo. In pratica abbiamo già detto tutto, ma vale la pena spendere due parole in più per l’evento più affascinante del mese e dell’anno.
Si parla di congiunzione per indicare un avvicinamento apparente tra due corpi celesti, mentre con grande congiunzione si indica l’incontro tra i due più grandi pianeti del Sistema Solare: Giove e Saturno. Il 21 Dicembre 2020, quindi, ci porta alla grande congiunzione, con i due pianeti separati da appena 0.1°, pari alla metà della distanza apparente tra Mizar e Alcor, della quale abbiamo parlato prima, oppure a un quinto della dimensione apparente della Luna piena. Un evento simile – per distanza – potrà essere visto di nuovo soltanto il 15 marzo del 2080, dato che le grandi congiunzioni intermedie saranno sfavorite dalla vicinanza al Sole – così come lo è stata l’ultima, il 28 maggio del 2000, persa nelle luci mattutine – oppure saranno più ampie. L’unico punto a sfavore del 2020, ferma restando l’aleatorietà delle condizioni meteorologiche, è l’altezza dell’evento, che si attesterà al tramonto del Sole intorno ai 10-15° rispetto all’orizzonte, pari alla dimensione apparente del vostro pugno osservato tenendo il braccio teso e proiettato nel cielo a partire dall’orizzonte stesso. Poco, ma gli astri sono brillanti e anche se l’aria turbolenta in strati così bassi impedisce osservazioni di dettaglio sarà sempre possibile ottenere ottime osservazioni a occhio nudo e a campo largo come quello di una reflex., come vedremo tra breve.
L’ultima volta che i pianeti sono stati così vicini risale al 1623 ma all’epoca la distanza dal Sole era veramente limitata mentre in questo 2020 il ballo di avvicinamento è stato comodamente osservabile per tutto il tempo. Il primo novembre i due pianeti erano distanti 5.1 gradi, il 15 novembre la distanza era già scesa a 3.8 gradi per diventare 2.2 il primo dicembre, 0.7 il 15 dicembre e 0.1 la notte della Grande Congiunzione.
Saranno visibili a occhio come stella singola? Dipende dalla vostra vista: se avete un certo grado di miopia potreste anche vedere una singola stella senza riuscire a separare i due pianeti. Riconoscere i due corpi celesti è semplicissimo: Giove appare come la “stella” più brillante del cielo del periodo (Sirio sorge dopo, Marte è calato di luminosità) mentre Saturno, pur meno brillante, è l’oggetto più luminoso vicino a Giove in direzione est. Contrariamente alle stelle, i due pianeti brillano di luce fissa. Nel mese che porta alla congiunzione del 21 Dicembre, Giove si muove nel cielo di 6° mentre Saturno si sposta della metà, consentendo a Giove di colmare il gap di 3° che separa i pianeti un mese prima dell’incontro.
Le date più recenti e più prossime delle grandi congiunzioni sono riassunte nella lista che segue:
- 28 Maggio 2000 distanza 1°11’ con elongazione dal Sole 17°
- 21 Dicembre 2020 distanza 0° 6’ con elongazione dal Sole 30°
- 31 Ottobre 2040 distanza 1° 14’ con elongazione dal Sole 25°
- 7 Aprile 2060 distanza 1° 09’ con elongazione dal Sole 40°
- 15 Marzo 2080 distanza 0.1° con elongazione dal Sole 43°
- 18 Settembre 2100 distanza 1° 18’ con elongazione dal Sole 25°
L’elongazione è la distanza angolare dal Sole, quindi più è piccola e più gli astri sono vicini al Sole con relativa difficoltà, se non impossibilità, di osservazione.
Una ripetitività ventennale, quindi, e il motivo è presto spiegato: ogni anno terrestre, Saturno compie 12 gradi della propria orbita intorno al Sole mentre Giove percorre 30°. In un anno, quindi, Giove accorcia il gap che lo separa da Saturno di circa 18°. In venti anni, questi 18° all’anno diventano 360, il che significa che se Giove e Saturno partono da una situazione di Grande Congiunzione, dopo venti anni si ritrovano vicini. Se la vediamo sotto un diverso aspetto, il periodo siderale (tempo necessario a un corpo celeste a completare una rivoluzione rispetto alle stelle fisse) di Saturno è di 29.65 anni mentre quello di Giove è di 11.86 anni. Moltiplicando i due periodi siderali si ottiene 351.65, che diviso per la differenza dei periodi siderali porta a 19.76 anni.
Non sfugge una particolarità: l’evento si verifica proprio il 21 dicembre, giorno del Solstizio di Inverno e questo ricorda una bella storia da raccontare, soprattutto in questo mese: una congiunzione simile si è verificata nell’anno -6, tanto da far ipotizzare che la stella di Betlemme che ispirò il cammino dei Re Magi fosse effettivamente la Grande Congiunzione. In tal caso la simbologia dei due pianeti, rappresentanti insieme il “Dio” della “Giustizia”, si sposava bene con la costellazione ospitante, i Pesci, rappresentanti la casa di David. La vicinanza al solstizio di inverno stava a rappresentare la rinascita, come abbiamo accennato. Mettendo insieme il tutto, i Re Magi avrebbero seguito il simbolo della “nascita del Dio della Giustizia nella casa di David”, un simbolismo che pochissimi avrebbero saputo interpretare.
Come riprendere la Grande Congiunzione?
La congiunzione del 21 Dicembre promette di essere davvero qualcosa di unico e spettacolare, ma per nulla semplice da fotografare. Molto dipenderà dalla strumentazione a vostra disposizione. Per chi disponesse di reflex su cavalletto ed obiettivo, si dovrà pensare di riprendere i due pianeti alla massima focale disponibile. Già con un medio tele sarà possibile fotografare Saturno e Giove riuscendo a distinguere i satelliti galileani. I pianeti a questa focale avranno ovviamente l’aspetto di due semplici stelle. Calcolate il tempo di esposizione massimo con la regola del 400, in modo da avere un importante riferimento, e regolate le altre impostazioni di scatto in funzione delle condizioni di luce della scena. Per chi possedesse teleobiettivi molto spinti (con focali di 600 e oltre) le chance di evidenziare i dischi planetari aumenteranno, così come aumenterà la difficoltà della ripresa a causa delle possibili vibrazioni: si dovrà quindi alzare il valore ISO, diminuendo molto il tempo di esposizione (Giove e Saturno sono molto luminosi) ed utilizzare lo scatto ritardato o un telecomando di scatto remoto. Utilissima in questo caso, anche la funzione “blocca specchio” presente in tutte le reflex, ma con differenti denominazioni (mirror loock-up o exposure delay). Per i fortunati possessori di telescopio si aprono diverse possibilità di ripresa, soprattutto se dotati di montatura elettronica. La maniera più banale per portarsi a casa uno scatto della congiunzione è quello di utilizzare il metodo afocale attraverso uno smartphone: appoggiandolo sull’oculare sarà possibile fotografare l’evento, consentendo di evidenziare i dischi planetari e rendendo visibile anche l’anello di Saturno, ma bisogna avere mano ferma e pazienza. È però possibile semplificarsi la vita utilizzando uno qualsiasi dei molti adattatori presenti in rete utili proprio a “collegare” il cellulare all’oculare. Alternativamente, invece che scattare una foto, potremo registrare un video ed elaborarlo successivamente con specifici programmi astronomici come Registax e Autostakkert, ottenendo un’immagine finale probabilmente migliore. C’è infatti da tener presente che i pianeti si troveranno bassi all’orizzonte, e questo potrebbe comportare un peggioramento del seeing (l’effetto causato dalla turbolenza atmosferica che rende “impastate” le immagini planetarie). Proprio per questa ragione, utilizzando un video piuttosto che una singola immagine, si riuscirà in qualche modo a mitigare il problema. I risultati migliori si otterranno utilizzando un telescopio ed una camera planetaria, un tipo di ripresa sicuramente più impegnativa, ma che regalerà (si spera) grandi soddisfazioni agli astrofili più esperti. Il consiglio è quello di pianificare bene lo scatto: cercate un luogo lontano da edifici e che abbia un’ottima visibilità in direzione sud-ovest, fate qualche scatto di prova anche le sere precedenti la congiunzione in modo da trovare la giusta terna di ISO, diaframma e tempo di esposizione e cercate di arrivare sul posto appena dopo il tramonto.
La Stazione Spaziale Internazionale
Per il mese di dicembre 2020 la Stazione Spaziale Internazionale, al netto di modifiche dell’ultima ora, effettuerà passaggi visibili serali fino al giorno 12 prima di prendersi una pausa e tornare con i passaggi mattutini dal giorno 15. Di seguito riportiamo i principali passaggi per il Centro Italia, fermo restando che le altezze possono essere più o meno vantaggiose in base al luogo di osservazione. Per conoscere i passaggi per la vostra località potete fare riferimento al sito di AstronomiAmo: sarà sufficiente entrare per avere orari e mappe impostati correttamente.
06/12/2020 dalle 18:19 alle 18:26 da orizzonte NO a orizzonte SE, con picco alle 18:24 (N) a 87° prima di sparire nell’ombra terrestre
07/12/2020 dalle 17:32 alle 17:41 da orizzonte NO a orizzonte ESE, con picco alle 17:36 (NE) ad altezza 54°
10/12/2020 dalle 16:46 alle 16:56 da orizzonte NO a orizzonte SE, con picco alle 16:50 (N) a 87° di altezza
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