Articolo precedentemente pubblicato sul sito dell’Osservatorio Astronomico di Cagliari.
Comunicare i risultati della scienza alla società è un compito delicato e importante. Difatti ricercatori di varie discipline vanno quotidianamente nelle scuole a conoscere i ragazzi e spiegare le loro scoperte. Tuttavia, se i ricercatori passassero la loro vita a spiegare nelle aule ciò che fanno, non avrebbero più tempo per scoprire alcunché. È qui che la figura dei docenti si fa centrale: sono loro il vero anello di congiunzione tra il mondo della ricerca e i giovani che un giorno ne faranno parte.
È esattamente in quest’ottica che è stato concepito il progetto “I Lincei per una nuova didattica della scuola, una rete nazionale“, promosso dalla Fondazione dell’Accademia dei Lincei con la Fondazione di Sardegna presso l’Università di Cagliari il 22 gennaio 2018 e presso l’Università di Sassari il 23 gennaio 2018. Le due serate formative sono state organizzate dai rappresentanti del “Polo Sardegna” dell’Accademia, rispettivamente dal prof. Sebastiano Seatzu e dal prof. Piero Cappuccinelli, Accademico dei Lincei coadiuvato dalla prof.ssa Marilena Formato. Sono intervenuti, per l’INAF, il Direttore dell’Osservatorio di Padova, Roberto Ragazzoni, il nuovo Direttore dell’Osservatorio Astronomico di Cagliari, Emilio Molinari e i ricercatori Marta Burgay, Matteo Murgia e Gabriele Surcis.
È dunque la “formazione dei formatori” una delle chiavi vincenti di una società come quella italiana che necessita innovazione e sempre maggiore integrazione tra ricerca scientifica e mondo produttivo. Curiosamente, come ha fatto notare nel suo intervento il direttore dell’osservatorio padovano Roberto Ragazzoni, è stata proprio l’astronomia a sbloccare lo stallo in cui erano finite alcune grandi realtà industriali italiane dopo il referendum che ha bocciato il nucleare in Italia. Con quelle competenze e quelle tecnologie, allora già molto solide – dice Ragazzoni – si sono poi costruiti i telescopi di mezza Europa. Laser, lacca, torce e bacinelle hanno suggellato ed arricchito un intervento davvero fuori dal comune che ha entusiasmato docenti e, nel caso di Sassari, anche studenti selezionati dai professori.
Emilio Molinari, nuovo Direttore dell’Osservatorio Astronomico di Cagliari, ha incentrato il suo intervento (scritto a quattro mani con il Presidente dell’INAF e già direttore OAC, Nichi D’Amico, che non è potuto essere presente di persona) proprio sulle tante e avveniristiche strutture osservative costruite in tutto il mondo tra le quali spicca il Sardinia Radio Telescope di San Basilio, comune non lontano dal capoluogo sardo. Molinari ha sottolineato come, a fronte della partecipazione italiana ad alcuni grandi progetti come l’ELT (Extremely Large Telescope) o SKA (Square Kilometer Array), il costo pro-capite per ogni italiano sia davvero risibile (pochi centesimi delle tasse di ciascuno di noi) e come, in definitiva, risulti conveniente al nostro Paese investire sulla grande ricerca astronomica e astrofisica.
Marta Burgay, astrofisica piuttosto nota anche al grande pubblico per via delle sue scoperte sulle pulsar, ha parlato della loro funzione di “orologi cosmici” nonché di dimostratori della validità delle teorie di Einstein sulla deformazione dello spazio-tempo. Non contenta, Burgay ha riproposto il magnetismo di una pulsar con un bellissimo esperimento usando calamite, batterie e filo di stagno. Grazie al suo ingegno questa dimostrazione sarà oggetto dei prossimi laboratori didattici dell’Osservatorio.
Un altro ricercatore di recente entrato a far parte dell’INAF-OAC è Gabriele Surcis, specializzato nelle regioni di formazione stellare dalle quali, grazie ai radio-telescopi come SRT, riesce ad estrapolare moltissime informazioni circa la loro composizione, i loro movimenti e i relativi campi magnetici. La tecnica usata per queste osservazioni si chiama “interfermometria a larghissima base” (VLBI, Very Long Baseline Interferometry) e consiste nel lavoro di squadra di numerose antenne distanti anche migliaia di chilometri. Surcis ha spiegato l’importanza della gestione delle immani quantità di dati prodotte dai radiotelescopi e la delicatezza di un ruolo come quello del “correlatore di dati” in ambito astronomico.
Matteo Murgia, di Iglesias, anch’egli ricercatore all’INAF di Cagliari, è stato il primo a ottenere e pubblicare risultati scientifici tramite l’uso del Sardinia Radio Telescope. La sua specializzazione sono i campi magnetici e i buchi neri ma in questa occasione il suo intervento è stato focalizzato su un nuovo progetto sperimentale chiamato Sardinia Aperture Array Demonstrator (SAD), una rete di piccole antenne dal costo estremamente basso in grado di sondare porzioni molto ampie di cielo senza doversi muovere come fanno le classiche parabole. Questo progetto pilota serve a testare questa tecnologia in attesa della costruzione del più grande radiotelescopio al mondo: lo Square Kilometer Array, un sistema di migliaia di antenne medio-piccole posizionate in Sudafrica e Australia che nei prossimi decenni sarà in grado di svelare ciò che oggi non riusciamo nemmeno ad immaginare.
Al termine della due-giorni scientifica il bilancio non può che essere estremamente positivo, tenendo conto anche del fatto che gli interventi hanno coperto, per ciascun giorno, oltre tre ore di spiegazioni scientifiche la cui accuratezza, a dire dei tanti professori presenti, non solo non è risultata noiosa ma è stata proprio l’arma vincente che ha distinto questo momento formativo per la grande qualità dei contenuti, garantita da un ente prestigioso come l’Istituto Nazionale di Astrofisica.
Le immagini sono tratte dalla galleria fotografica dei due giorni di incontri.
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