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Per la coda di Belzebù, che spettacolo!

La trilogia di Teatro-Scienza della Compagnia del Sole vista da due scienziate.

Aggiornato il 17 Giugno 2024

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Flavio Albanese. Crediti: Laila Pozzo

Il mese scorso abbiamo volato nello spazio-tempo grazie alla trilogia di Teatro-Scienza della Compagnia del Sole. Vogliamo condividere la nostra esperienza.
La trilogia è un viaggio nella storia della scienza e del pensiero umano attraverso filosofia, mitologia, poesia e letteratura. Detto così può sembrare un percorso cui avvicinarsi con un po’ di reverenza; di fatto, è un viaggio da assaporare con occhi, orecchie e cervello spalancati (e anche bocca, a giudicare dai decibel in sala): la partecipazione del giovane pubblico è totale.
I tre spettacoli, della durata di un’ora circa l’uno, sono pensati per un’età che va dagli otto anni in su. Essendo noi due a pieno titolo in quel “in su”, possiamo dire che la trilogia funziona davvero per un ampio ventaglio di età. Non solo per quello che racconta ma per come lo fa: con leggerezza, ironia, stupore, dinamicità e con un utilizzo coinvolgente di luci, scenografia, musica e oggetti di scena.
Il linguaggio è comprensibile, le riflessioni e i dettagli profondamente umani. I contenuti, sempre accurati anche grazie alla collaborazione del consulente scientifico Marco Giliberti, non sono mai una lezione, quanto uno sbirciare dietro le quinte del pensiero umano, delle sue intuizioni, della creatività e dei suoi molti, spesso bistrattati ma di fatto essenziali, fallimenti. Non solo: per eventuali dubbi e curiosità che restano in sospeso, alla fine di ogni spettacolo c’è una bella chiacchierata con i protagonisti.
Dal Big Bang in poi, fino ad Albert Einstein, il tempo vola, come l’emozione. Si esce da una centrifuga di pensieri e suggestioni, dopo aver incontrato decine di persone sul palco: Crono, Leonardo da Vinci, Astolfo d’Inghilterra, Galileo Galilei, Giordano Bruno, solo per citarne alcuni. Ciascuno con la propria voce, accento, gestualità.
Eppure…
Eppure sul palco c’è sempre e solo una persona: Flavio Albanese. Viene voglia di darsi pizzicotti per svegliarsi e contare, ma il risultato è sempre quello: uno.
Straordinario il teatro d’attore quando a farlo è un artista come lui.
Straordinario il teatro quando ti porta a guardare la tua vita con occhi nuovi e poi sorridere perché dopo decenni di scienza quotidiana, ti rendi conto che forse, in fondo in fondo, scienziati e filosofi altro non sono che bambini curiosi, gelosi e orgogliosi. Come quelli in sala, vicino a te, che esultano a ogni svolta di Flavio, o di uno dei suoi mille volti.
Partiamo, però, dal principio, con il primo spettacolo della trilogia che abbiamo visto.

Il Codice Del Volo Compagnia Del Sole
Il codice del volo, Compagnia del Sole. Crediti: Laila Pozzo.

Il Codice del volo, scritto, diretto e interpretato da Flavio Albanese, ci porta nella mente di Leonardo da Vinci: scopriamo il suo pensiero, i passi del suo intuito nella costruzione e sperimentazione della prima macchina per far volare l’uomo. È Tommaso Masini, “Tommasino”, il suo assistente, a illuminare gli angoli del genio di Leonardo. Quel Leonardo che è stato scienziato, inventore, artista. Un uomo del suo tempo, il Rinascimento, in cui non c’era divisione delle culture umanistica e scientifica, in cui la mente spaziava fra discipline che non sapevano di essere tali. Molto diverso dal contesto odierno, in cui la ricerca è caratterizzata da una crescente specializzazione del sapere, con riviste accademiche e percorsi sempre più a fuoco. Se questo può portare a cogliere segreti della Natura un tempo impensabili, di fatto aumenta il divario fra addetti ai lavori e non, rafforzando il senso comune che vuole la ricerca come sterile, rassegnata a seguire un percorso predestinato. Non è così: la scienza fiorisce nell’immaginazione e nella libertà di pensiero.
Lo sa bene Tommasino quando cerca di tenere il passo con l’incessante slancio del Maestro, fra libere associazioni e ondate di curiosità. E lo sa bene anche il pubblico che fra suggestioni, domande, sfide e intreccio fra realtà e finzione scenica, viene coinvolto in un volo che lascia senza fiato: volo simbolico, ovvio, perché quello vero, con la macchina di Leonardo per solcare i cieli come fossimo creature alate, non è mai diventato realtà. Non per questo è meno degno: ci allena a guardare in alto.

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Il Messaggero delle stelle, Compagnia del Sole. Crediti: Laila Pozzo.

Il volo non si ferma sulla Terra. All’apertura del sipario, ne Il Messaggero delle Stelle (spettacolo patrocinato dall’INAF, di Francesco Niccolini, con Flavio Abanese, regia di Marinella Anaclerio) ci troviamo proiettati nello spazio insieme a un astronauta singolare, con un moderno casco spaziale e un’armatura che ci riporta nel lontano passato. Il prode cavaliere/astronauta è Astolfo di Inghilterra, spedito sulla Luna da Carlo Magno per ritrovare il senno di Orlando (quello che per Ariosto era Furioso e per Boiardo Innamorato). Astolfo, che vorrebbe solo rifocillarsi dal lungo viaggio, senza saperlo si trova a parlare con Galileo Galilei, che – come Virgilio con Dante – gli presenta personaggi inattesi, come Giordano Bruno, Isaac Newton, Tycho Brahe e Keplero. Una storia fatta di persone tutt’altro che perfette, con i loro vizi, piccole gelosie, goliardie e competizioni, e di errori, che anche da scienziati non si è sempre disposti ad ammettere. Una storia che racconta il cammino condiviso e spesso tortuoso verso la conoscenza, fra piccoli passi e grandi intuizioni, e lo slancio dell’’umanità ad andare verso la Luna e oltre. Ne parlano in modo approfondito i nostri colleghi in questo articolo che vi invitiamo a leggere – spoiler: anche loro hanno trovato lo spettacolo eccezionale!
Riuscirà Astolfo nella sua missione? E noi, oggi, cosa andiamo cercando sulla Luna?

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L’Universo è un materasso, Compagnia del Sole. Crediti: Officina Fotografica

E dopo aver volato tanto fra Terra e Spazio, cosa c’è di meglio di un posto morbido su cui atterrare? Magari un materasso, grande quanto l’Universo.
L’Universo è un materasso (di Francesco Niccolini, diretto e interpretato da Flavio Albanese) è proprio il titolo evocativo del terzo spettacolo della Trilogia.
Il protagonista della storia è il Tempo, con la T maiuscola, anzi Crono, il dio mitologico padre di Zeus e custode del tempo. Nello spettacolo, il Tempo si arrotola, si accartoccia, si interroga su se stesso fino a scomparire lungo il percorso narrativo che porta lo spettatore a scoprire l’evoluzione del pensiero e della percezione del tempo da quando quest’ultimo nemmeno esisteva, prima del Big Bang, fino alle moderne Teoria della Relatività e della Meccanica Quantistica.
Lo spettatore, riflettendo sul tempo, si ritrova spaesato, come Crono, perché ormai non è più al centro dell’Universo. Non solo: siamo ancora sicuri che il tempo esista, così come lo abbiamo sempre pensato? Insomma, L’Universo è un materasso è un viaggio fuori e dentro di noi che vale la pena sperimentare tra gli 8 e i 150 anni: parola delle centinaia di bambine e bambini urlanti che hanno visto lo spettacolo insieme a noi. Quanto stupore nel vedere una così rumorosa ed esaltata partecipazione e che meraviglia (ri)scoprire che si può rendere la scienza reale, avvincente, di tutti, da Esiodo a Einstein, dal mito alla scienza, passando per ognuno di noi.

Dopo aver assaporato tutto d’un fiato questa Trilogia, non ci resta che invitarvi a cercare Flavio Albanese e la Compagnia del Sole. Se vengono nella vostra città, non fatevi scappare l’occasione di andare a vedere, in gioiose comitive dagli otto anni in su, questi spettacoli leggeri, ispiranti e coinvolgenti. Ci ringrazierete!

1 Comment

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  • Grazie infinite per questo bellissimo articolo che ci lusinga e sprona a continuare su questa strada “sistemica” nella trasmissione delle nostre passioni e scoperte che fanno della conoscenza l’unico mezzo possibile per l’evoluzione.

Scritto da

Adamantia Paizis Adamantia Paizis

Laureata in Fisica presso l’Università degli Studi di Milano, dopo aver conseguito il Dottorato di Ricerca in Astrofisica a Ginevra, è tornata a Milano presso l’INAF-IASF dove attualmente è ricercatrice. Dedica una frazione importante del suo tempo ad attività divulgative. Nel tempo libero ama leggere e scrivere.

Laura Paganini Laura Paganini

Laureata in Astrofisica all’Università di Milano Bicocca, è stata per anni docente di Matematica e Fisica al liceo. Dopo il Master in Divulgazione scientifica presso l’Università degli Studi di Ferrara, ha pubblicato il libro "Il Cosmo. Vita, morte e miracoli dell’Universo" (Hoepli, 2020) e collabora con Rizzoli-Mondadori per la scrittura e l’editing di testi di divulgazione e scolastici. Attualmente lavora all’INAF Osservatorio Astronomico di Brera come parte del gruppo INDACO, INAF per la Divulgazione di ASTRI e CTA Observatory.

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