Aggiornato il 28 Novembre 2024
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Tutti noi dobbiamo a lui, e ai suoi mentori, Bruno Rossi e Beppo Occhialini, il mestiere che facciamo. Dobbiamo a lui una finestra sull’universo, ma anche una visione di come fare scienza, in modo moderno e collettivo. Con regole rigide ma anche con un traguardo alto, importante anche se lontano.
Il legame di Riccardo con Milano è stato importante. Non solo l’Università in cui ha studiato, ma anche, brevemente, insegnato. Il suo inizio e la sua conclusione. La sua ultima partecipazione ufficiale a un congresso astronomico fu nel 2012, a uno dei meeting organizzati per le celebrazioni dei 50 anni di astronomia X, ufficialmente nata nel 1962 e glorificata con il suo premio Nobel del 2002. Nell’incontro, in cui si auspicavano fasti per i prossimi 50 anni di astronomia X, Riccardo era l’ospite d’onore, riconsciuto “padre dell’astronomia X”.
Due furono i maggiori congressi quell’anno: a settembre a Mykonos “ un cielo blu come sa solo essere in Grecia, esaltato dalle case bianchissime “ Riccardo ricorda quali scelte tecniche portarono al volo Aerobee del 1962.
A Milano, in ottobre, ci concede una sorta di riassunto della sua carriera. L’articolo che descrive il suo intervento è esplicito nell’intento: fare chiarezza su alcune controversie del passato e esprimere speranza nel futuro della disciplina. Lo dice fin dalle prime righe. La lezione principale è scandita dai titoli dei paragrafi: “Learn Think Plan and Do“. E ricordo perfettamente, e l’ho anche subito sfruttato come chiusa per alcune mie conferenze, il suo augurio, anzi, il suo imperativo:
Lo ha sempre sentito come compito suo e deve essere il suo lascito, deve diventare compito nostro: permettere ai giovani, alle nuove generazioni, di avere uno spazio per imparare e per pensare, ma anche per fare progetti e per lavorare con le proprie mani, di essere protagonisti di se stessi.
Ascolta il podcast di Radio3 Scienza con Anna Wolter che ricorda Riccardo Giacconi.
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