Aggiornato il 19 Maggio 2020
Riccardo Giacconi è stato un gigante dell’astronomia, un grande scienziato e un grande manager, e non posso non provare orgoglio nell’averlo conosciuto. Sono già state raccontate le sue grandi imprese, e non devo testimoniare io della sua importanza, non solo nell’inventare l’astronomia X ma anche nel portare molte delle “buone pratiche” cresciute in quel campo anche in quello dell’astronomia ottica, nei suoi anni come Direttore Generale dell’ESO durante i quali fu progettato e costruito il VLT. Gli incontri con Riccardo sono sempre stati proficui, e anche il mio primo vero lavoro scientifico è stato su un progetto che lui aveva fortemente voluto: una indagine – la più ampia e profonda per un lungo periodo di tempo – di sorgenti “casuali” del cielo X, realizzata con i dati del primo satellite per astronomia X dotato di un telescopio, cioè con le prime vere immagini del cielo ad alta energia. Non sempre sono stati facili, quegli incontri: non potrò mai dimenticare il giorno in cui, davanti a tutti i partecipanti a un congresso, accusò me, la più giovane ma l’unica presente in quel momento del nostro gruppo di ricerca, di aver ottenuto risultati sbagliati, che oltretutto avevano l'”ardire” di andare in direzione opposta a quel che lui fortissimamente voleva. Non penso di averlo convinto all’epoca – operazione non facile! – ma so che mi sono difesa bene, e l’articolo che riportava quei dati è stato non solo molto citato ma anche confermato nei suoi risultati negli anni successivi.Tutti noi dobbiamo a lui, e ai suoi mentori, Bruno Rossi e Beppo Occhialini, il mestiere che facciamo. Dobbiamo a lui una finestra sull’universo, ma anche una visione di come fare scienza, in modo moderno e collettivo. Con regole rigide ma anche con un traguardo alto, importante anche se lontano.
Il legame di Riccardo con Milano è stato importante. Non solo l’Università in cui ha studiato, ma anche, brevemente, insegnato. Il suo inizio e la sua conclusione. La sua ultima partecipazione ufficiale a un congresso astronomico fu nel 2012, a uno dei meeting organizzati per le celebrazioni dei 50 anni di astronomia X, ufficialmente nata nel 1962 e glorificata con il suo premio Nobel del 2002. Nell’incontro, in cui si auspicavano fasti per i prossimi 50 anni di astronomia X, Riccardo era l’ospite d’onore, riconsciuto “padre dell’astronomia X”.
Due furono i maggiori congressi quell’anno: a settembre a Mykonos – un cielo blu come sa solo essere in Grecia, esaltato dalle case bianchissime – Riccardo ricorda quali scelte tecniche portarono al volo Aerobee del 1962.
A Milano, in ottobre, ci concede una sorta di riassunto della sua carriera. L’articolo che descrive il suo intervento è esplicito nell’intento: fare chiarezza su alcune controversie del passato e esprimere speranza nel futuro della disciplina. Lo dice fin dalle prime righe. La lezione principale è scandita dai titoli dei paragrafi: “Learn Think Plan and Do“. E ricordo perfettamente, e l’ho anche subito sfruttato come chiusa per alcune mie conferenze, il suo augurio, anzi, il suo imperativo:
Lo ha sempre sentito come compito suo e deve essere il suo lascito, deve diventare compito nostro: permettere ai giovani, alle nuove generazioni, di avere uno spazio per imparare e per pensare, ma anche per fare progetti e per lavorare con le proprie mani, di essere protagonisti di se stessi.
Ascolta il podcast di Radio3 Scienza con Anna Wolter che ricorda Riccardo Giacconi.
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