Aggiornato il 18 Giugno 2021
Ascoltare storie e raccontarle è uno dei modi più efficaci per conoscere ciò che ci circonda, gli altri e noi stessi. Da piccoli costruiamo il nostro pensiero narrativo incantandoci davanti a una storia, attaccandola con mille domande, oppure costruendo vortici personali di situazioni fantastiche, imprevisti, ipotesi, che chiudono in modo tanto ovvio da fare invidia al più ardito deus ex machina. Buchi di trama incolmabili che diventano orizzonti di realtà con tempi verbali improbabili, in cui non sono, ma ero, potrei essere e forse sarò.
Può succedere che la narrazione diventi anche un potente strumento per superare pregiudizi e paure, per estraniarsi da sé, dal proprio vissuto e dalle proprie difficoltà. E può addirittura succedere che ascoltare e costruire storie si riveli un modo efficace di agevolare l’interazione e il confronto in contesti difficili e delicati, con individui che hanno storie personali da cui vogliono o devono distrarsi oppure che hanno difficoltà a mettersi in gioco in prima persona e in modo diretto.Così le nostre storie che parlano di astronomia, di spazio, di mondi lontani e diversi, di uomini e donne che hanno impegnato la loro vita a studiare e cercare, possono diventare nuovi orizzonti di realtà per tutti, bambini-oggi e bambini-ieri.
Vi raccontiamo alcune esperienze di uso della narrazione per l’inclusione e l’equità.
Due storie riguardano attività con i minori in carcere (negli Istituti penitenziari per minori di Milano e Bologna e nell’Istituto Penale Minorile di Quartucciu, in provincia di Cagliari) e una l’uso della narrazione per confrontarsi con gli stereotipi di genere insieme a Martina Tremenda. Infine, vi presentiamo alcune storie di astronomia scritte per il teatro Kamishibai.
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