Aggiornato il 8 Gennaio 2019
Ecco, questa è probabilmente la frase che più spesso mi sono sentita ripetere quando, ad agosto del 2015, ho iniziato a rendere pubblica la mia idea di partire. Questa frase è stata un vero e proprio tormentone che mi ha accompagnata per parecchi mesi. Ogni volta che accennavo l’argomento, la stragrande maggioranza delle persone mi guardava con aria stupefatta, quasi come se all’improvviso mi fossi trasformata in un alieno. In realtà non ho mai visto questa idea come un qualcosa di pazzo, ma, piuttosto, come un qualcosa di necessario. Proprio così, necessario… A un certo punto ho sentito il desiderio di esplorare il mondo fuori dalla porta di casa mia, di uscire dal guscio protettivo della famiglia, di lasciare tutte le mie certezze per intraprendere un qualcosa di nuovo e completamente diverso, con la consapevolezza che avrei dovuto affrontare tutto da sola. Ho sempre desiderato ‘ampliare’ i miei orizzonti, conoscere gente nuova con abitudini del tutto diverse da quelle a cui sono sempre stata abituata e questa sarebbe senz’altro stata l’esperienza che più mi avrebbe permesso di scoprire tutto ciò. Non nego che all’inizio l’idea di questo viaggio spaventava anche me, ma poi ho capito che era proprio ciò di cui avevo bisogno. Il desiderio di allontanarmi per un po’ da casa per iniziare una nuova vita lontana da tutto e da tutti, scoprire realmente le mie capacità (i miei punti di forza e i miei limiti) in un contesto in cui sarei stata sola, scoprire questi americani che avevo sempre e solo visto nei film in tv. Questi sono stati i motivi per cui alla fine mi sono convinta che si trattava della scelta giusta.
Se oggi ci fosse qualche ragazzo che si trova in una situazione di indecisione poiché non sa se partire o meno, la prima cosa che gli direi sarebbe quella di lasciarsi le paure alle spalle e abbandonarsi all’esperienza. Comprendo benissimo che non è una decisione facile… Non è mai facile quando si tratta di dover abbandonare tutte le proprio certezze per imbattersi in qualcosa di ignoto. Un viaggio come questo, però, apre nuove finestre sul mondo, offre una possibilità di crescita interpersonale che è a dir poco unica e che difficilmente si avrebbe in altri contesti. Ovviamente con queste parole non voglio convincere tutti a partire e intraprendere lo stesso tipo di esperienza. Credo che ognuno debba riflettere bene prima di prendere una decisione così importante, debba capire se è davvero ciò che vuole. Bisogna essere consapevoli del fatto che non sarà un’esperienza facile, che ci saranno alti e bassi e che quindi bisognerà essere pronti a tutto. Una volta presa la decisione di partire, bisogna informarsi bene per scegliere a quale agenzia rivolgersi. Dal momento che la scelta dell’agenzia è molto importante perché poi sarà quella a cui si farà affidamento durante tutta la durata del programma, il mio consiglio è quello di chiedere un colloquio informativo personale con ogni agenzia: vi illustreranno tutti i loro programmi nei minimi dettagli e risponderanno a ogni vostro tipo di domanda. Una volta scelta l’agenzia è necessario prenotare il colloquio di selezione. Quasi tutte le agenzie, infatti,fanno una specie di colloquio di selezione per capire se lo studente è effettivamente in grado di compiere questo tipo di esperienza. Il colloquio di selezione consiste in un esame in inglesee un incontro con uno psicologo. Per i ragazzi che scelgono come destinazione gli Stati Uniti, l’esame di inglese (che a me spaventava moltissimo) è chiamato IELTS test, e consiste in una parte di listening e reading comprehension con domande a riposte multiple e poi un colloquio in lingua inglese dove le domande più frequenti riguardano i propri hobby e passioni. Non è nulla di complicato e per questo non è necessario prepararsi in maniera dettagliata. Un buon inglese scolastico è più che ottimo per riuscire a passarlo senza problemi. L’incontro con lo psicologo, invece, serve per capire se si è davvero pronti psicologicamente alla partenza. Le domande più frequenti sono del tipo “perché hai scelto di partire?”, “cosa pensi ti mancherà di più?”, “cosa potrebbe metterti in difficoltà lontano da casa?”… Il segreto è mostrarsi convinti e decisi e poi il gioco è fatto. Una volta superati questi “step“, ecco che arriva la parte più lunga e noiosa: la preparazione di tutti i documenti. Potrebbe sembrare una cosa semplice e immediata, ma in realtà la compilazione di tutto potrebbe richiedere anche parecchi mesi. Durante questa fase di preparazione documenti inizia anche la ricerca della famiglia ospitante da parte dell’agenzia. La ricerca è talvolta lunga e complessa poiché la famiglia deve avere tutti i requisiti necessari per poter ospitare un ragazzo. Quindi anche se la famiglia tarda ad arrivare, niente paura… conosco ragazzi che hanno saputo il nome della loro famiglia ospitante due settimane prima di partire!
Io personalmente ho deciso di andare in Florida proprio per inseguire il mio sogno di andare alla NASA. Ho finito la compilazione dei documenti a metà febbraio e ho conosciuto il nome della famiglia il 27 maggio. Quel giorno ero la ragazza più felice del mondo! La mia host family era composta dai due genitori e 4 figli, tutti di età tra i 18 e i 26 anni. La data della mia partenza era prevista per il 3 agosto e, dopo aver passato tre giorni a New York insieme a tutti i ragazzi della mia stessa agenzia, sarei arrivata in famiglia il 6 agosto. La mia felicità era davvero alle stelle quel giorno, peccato che poi non sarebbe stata destinata a durare… Ma di questo ve ne parlerò in seguito…
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