È andata davvero bene, direi. Del resto, Flavio, Marinella e collaboratori sono bravissimi anche a farti sentire a tuo agio. La serata, composta da interventi di natura (solo apparentemente) eterogenea, si è mirabilmente sviluppata come fosse una cosa unica: dopo un’introduzione di un giovane e talentuoso attore, Michele Marullo, sull’intelligenza artificiale, sono stato invitato a salire sul palco per una chiacchierata (con diapositive) su Albert Einstein e il cosmo che non è come sembra (e non lo sarà mai più, dopo il suo passaggio su questo pianeta). Infine, è arrivato il piatto forte: è stato il turno di Flavio sul palco, con Albert eD IO.
Cominciamo dall’inizio.
Ma per andare con ordine, riavvolgo il nastro. La collaborazione con la Compagnia del Sole per noi del Gruppo Storie di INAF non è una novità, ma un percorso di reciproca contaminazione che a ogni tappa si mostra più avvincente e ricco di significato. Su queste pagine ne abbiamo parlato diverse volte, con recensioni dei loro spettacoli a tema scientifico, e anche con una bella intervista a Flavio Albanese, il bravissimo attore protagonista di molte delle loro produzioni.
Stavolta l’occasione si è creata con la rassegna E.S.T. (Etica, Scienza e Teatro) pensata dalla Compagnia, che si svolge a Bari, fino al 15 dicembre. Il focus della rassegna, nella relativa pagina, ne racconta bene l’idea:
Noi del Gruppo Storie INAF siamo stati invitati dalla Compagnia per raccontare in modo divulgativo (ma senza banalizzarli) i vari temi scientifici dello spettacolo Albert eD IO (scritto da Francesco Niccolini e interpretato da Flavio Albanese, con la regia di Marinella Anaclerio) che si sarebbe tenuto a Bari.
Chi vi scrive è l’inviato del Gruppo, incaricato di tenere il seminario. E per me, il coinvolgimento attivo è iniziato già alcuni giorni prima dell’entrata in scena. Con Flavio è infatti presto iniziato un estemporaneo ed informale scambio via WhatsApp (così conservo ora nel mio cellulare frammenti e commenti sulla natura del nulla e su quella del vuoto, sulla curvatura dello spazio e altre quisquilie in equilibrio – instabile ma emozionante – tra filosofia e fisica). Certamente utile, benché già ci conoscessimo – e insieme a Martina Cardillo – avessimo anche già amabilmente conversato su vari temi, seduti al tavolo di una nota trattoria romana. Anche da queste interazioni, è risultata sempre palese la grande attenzione che la Compagnia nutre verso una corretta divulgazione scientifica, evidente peraltro già dal fatto di giovarsi della attiva collaborazione di un consulente scientifico, il prof. Marco Gilberti.
Così è accaduto che – immersi in una sera barese limpida e tersa, di un nero quasi liquido, piacevolmente protettivo- nella cena del mercoledì ci siamo trovati, in modo spontaneo, a discorrere intorno meraviglie incomprensibili della fisica moderna e dell’astronomia. Meraviglie che richiedono, per essere ulteriormente esplorate, sempre più un approccio globale, dove scienza e arte dialogano e insieme creano nuove prospettive di interpretazione. Come recita la frase di Niels Bohr – uno dei molti padri della fisica quantistica – che suggella la rassegna E.S.T.: dobbiamo aver chiaro che quando si tratta di atomi, il linguaggio può essere usato solo come in poesia.
Si sale sul palco!
Ma è tempo di entrare nel vivo. Giovedì pomeriggio, l’energia semplice e misteriosa dello stare su un palco teatrale (nello specifico, il bel Teatro Kismet di Bari), già allestito per la successiva entrata di Flavio, mi ha comunicato qualcosa di prezioso e mi ha dato la sensazione di prendere parte a qualcosa di importante, di bello. A un’Opera in corso, dove ciò che facciamo come Gruppo Storie, provenendo da un ambiente scientifico, si incontra con analoghe operazioni compiute da angolazioni differenti, che convergono armonicamente – come in un grande fiume – per diventare il fattore propulsivo di una serata veramente particolare. Per me è stata anche la prima volta che ho avuto il privilegio di attendere da dietro l’apertura del mitico tendone rosso del teatro!

Mentre parlavo della rivoluzione scientifica e culturale di Albert, di spazio curvo e di costante cosmologica, guardavo il pubblico, lo vedevo interessato, e avvertivo una bella elettricità in circolo.
Ma era ormai tempo, un tempo magico, dove il teatro, pur così aperto a nuove contaminazioni, stava tornando alla sua specifica funzione. Gli istanti prima dell’inizio di uno spettacolo, per chi è in sala, possiedono una carica particolare, data dall’imminenza del vivere insieme, attori e spettatori, una sorta di rito antichissimo e potente.
Albert eD IO
Lo spettacolo di Flavio, che già conoscevo, è tanto semplice nella struttura quanto meraviglioso in ciò che sviluppa, articolando progressivamente da una partenza semplicissima. Ne accennerò appena, invitandovi, se è possibile, ad andare a vederlo (o comunque a vedere uno degli spettacoli della rassegna E.S.T. della Compagnia: per la zona di Bari, i prossimi sono dal 13 al 16 novembre al Teatro Casa di Pulcinella). Lo spettacolo ha ottenuto di recente il patrocinio INAF ed è pertanto presente nella pagina del portfolio all’interno di EduINAF.

La scena è decisamente minimalista: una panchina, un albero, il gioco della campana disegnato a terra. Un uomo anziano, che facilmente si riconosce come Albert Einstein (anche perché a Flavio impersonarlo riesce benissimo, la somiglianza fisica è sorprendente), suona maldestramente il violino, evocando la passione reale del fisico per la musica.
La sua concentrazione viene interrotta da un bambino che gioca a campana con regole strane e “illogiche”, usando due dadi. Questo gioco, apparentemente insensato, lo turba e lo affascina, dando il via a un dialogo surreale, comico e struggente tra i due. Dialogo che si approfondisce sempre più durante l’ora circa di durata della pièce.

Perché Albert, nel dialogo con questo misterioso “bambino”, viene progressivamente condotto in un cosmo molto più strano e libero di quello che lui stesso aveva concepito, con le sue equazioni. Un mondo in cui proprio il libero creare e dunque, al fondo, la divina specificità dell’uomo, ha il suo vero centro di gravità, intorno a cui pertanto si sviluppano anche le esplosioni delle stelle, o le rotazioni delle gigantesche galassie. Un cosmo in cui non ci sperdiamo più, perché ne siamo al centro esatto (come tutti gli altri, non più da soli: nel cosmo del Big Bang, del resto, ogni punto è propriamente il centro).
Ho sentito risuonare armonicamente tante cose che la sala aveva appena ascoltato, stavolta in forma teatrale. Mi sono commosso, per come l’umanità di uno scienziato venga esposta e trasmessa al pubblico, senza esagerazioni o banalizzazioni, piuttosto con un equilibrio limpidissimo e prezioso, tra desiderio di conoscere ed emotività umana.

A seguire c’è stato il dialogo con chi era voluto rimanere, che si è piacevolmente protratto fino alla mezzanotte, sull’importanza di questi temi, sull’integrazione tra teatro e scienza, sull’educazione in generale. Solo quando il teatro doveva chiudere ci siamo interrotti, andando a cercare qualcosa da mangiare… sono arrivato in camera quasi alle due di notte.

È stata una serata veramente piena, parte di una storia collettiva che va avanti, una tra le mille e mille che prendono vita ogni attimo nel nostro Universo, che appassionava così tanto il nostro Albert.
E che lo rendono così speciale.



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