La trilogia di Teatro-Scienza della Compagnia del Sole è un viaggio entusiasmante tra le pieghe del pensiero umano e dell’Universo. Ne avevamo parlato qualche mese fa, raccontando la nostra esperienza da scienziate.
Alla trilogia appartengono: Il codice del volo, Il messaggero delle stelle (già patrocinato da INAF e raccontato anche qui da nostri colleghi) e, infine, L’Universo è un materasso, vincitore del prestigioso premio di teatro per ragazzi “Eolo Award 2018”. In occasione del recente patrocinio INAF a L’Universo è un materasso, abbiamo incontrato Flavio Albanese – attore e regista della Compagnia del Sole – che abbiamo visto volare sul palco, fra decine di volti e luoghi passati, presenti, reali e immaginari.
Partiamo dall’inizio, parlaci di te: come sei arrivato a fare l’attore e il regista di teatro?
con arditezza d’immaginazione
piacque dotarmi le spalle di ali
e condurre il mio cuore verso una meta
stabilita da un ordine eccelso…Giordano Bruno (De eccelso)
Quando ero bambino, passavo quasi tutto il giorno con mio nonno Wandalo; lui mi aiutava a fare i compiti e fra una moltiplicazione, una divisione, un riassunto e una lezione di storia, mi recitava pezzi di Petrolini, Totò, mi cantava le canzoni del varietà e la domenica mi portava a teatro a vedere le operette. Mia madre poi, sua figlia, un bel giorno mi ha iscritto a un corso di teatro, avevo 13 anni. Ho scoperto che c’è qualcosa di invisibile nel teatro che ci attira, ci parla una lingua semplice ma allo stesso tempo incomprensibile… il teatro è un po’ come l’Universo per gli scienziati.
Quali sono stati i maggiori ostacoli che hai dovuto superare durante la tua carriera e quali invece sono stati i tuoi mentori/maestri?
come possiamo conoscere la via?».
Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. […]»dal vangelo di Giovanni – Gv 14
I maestri non sono coloro che insegnano qualcosa, ma sono solo i nostri riferimenti. Il teatro come tutte le questioni dell’anima non si insegna, si impara; il lavoro vero è quindi il percorso che fa l’allievo verso di sé. Più i maestri sono “vasti”, più hai possibilità di comprendere cose enormi e… superarle. “I maestri sono tutti morti” perché siamo noi i maestri di noi stessi. Io sono la via, la verità e la vita… appunto.
Detto questo, i miei maestri teatrali sono stati tanti, imparo molto dalle biografie di alcuni di loro. Dal punto di vista artistico mi sono formato con Giorgio Strehler, Ferruccio Soleri, Jurij Altshiz, Thierry Salmon, Toni Servillo e questi sono i più conosciuti; poi c’è una categoria di maestri che pochi conoscono, sono i miei allievi, i miei colleghi, i teatranti di ogni spazio e tempo… tutti coloro che mi pongono dei problemi sia etici che professionali. I maestri sono sia un riferimento che un limite, quindi direi che i miei maggiori ostacoli sono appunto i miei maestri.
Parlaci della Compagnia del Sole: com’è nata, qual è la sua missione e come mai si occupa (anche) di divulgazione scientifica
La Compagnia del Sole nasce 15 anni fa da me e Marinella Anaclerio (Direttrice Artistica e Regista della Compagnia del Sole, NdR), proseguendo un altro esperimento di compagnia di repertorio di circa 10 anni. Crediamo in un teatro popolare nel senso più alto e trasversale del termine. La nostra sfida è di parlare a più livelli. L’obiettivo è quello di mettere in stretta relazione l’attività del teatro in cui operiamo con il territorio che lo circonda.
Abbiamo dunque diversi rami che nascono da questo tronco: l’amore per i testi classici e contemporanei, l’amore per la letteratura, l’amore per i dialoghi di Platone e da Platone ci siamo appassionati ai miti e alla scienza. Il pubblico ama questi temi perché li connette alla conoscenza, ma conoscere non significa disporre di tante informazioni (spesso scaricate da internet). Conoscere significa cogliere i nessi che collegano queste informazioni. “Nesso”, infatti, è un termine che troviamo alla radice della parola “conoscenza”, perché “conoscere” significa “connettere”, istituire “nessi”. Il teatro è il luogo dove per eccellenza si creano queste connessioni.
Come scegliete i temi per gli spettacoli, in particolare quelli scientifici?
ad aver per passione, quello che sia utile alla società.
Costumi bisognano alle nazioni, non leggi.
Le scienze e le arti che muovono per piacere
gli animi umani alla verità sono più utili
delle leggi che forzano senza persuadere.Benedetto Croce (Uomini e cose della vecchia Italia vol 2 Cap. XIII Sentenze e giudizi di Bernardo Tanucci p. 29)
Ciò che ci appassiona particolarmente è una sottile linea che unisce Scienze, Filosofia, Mitologia e Letteratura. Tutti i nostri spettacoli nascono da una nostra necessità di conoscere che si trasforma in teatro.
Mi sono appassionato alla scienza verso il 2011 quando Giovanni Soresi mi ha coinvolto nel coordinamento dei progetti Teatro e Scienza, promossi dal Piccolo Teatro di Milano e dalla Fondazione Tronchetti Provera e realizzati grazie alla collaborazione della Fondazione Veronesi, del Politecnico di Milano, dell’Università degli Studi di Milano e di Scienza under 18. In quel contesto ho conosciuto Marco Giliberti, Marina Carpineti e Nicola Ludwig del dipartimento di Fisica dell’Università Statale di Milano ed è iniziata una stretta collaborazione che continua ancora oggi.
In quel periodo, sempre grazie al genio di Giovanni Soresi, nacque il mio spettacolo “Il codice del Volo” su Leonardo Da Vinci; ciò che ho voluto indagare è l’essere umano più che il genio, il processo più che il risultato e soprattutto l’importanza dell’errore. Poi ne “L’Universo è un materasso” abbiamo messo a fuoco il nesso Mito – Scienza in relazione alla creazione dell’Universo e ne “Il Messaggero delle Stelle” la rivoluzione copernicana attraverso il rapporto tra Letteratura, Storia e Scienza. Il prossimo… Dio solo lo sa.
Dunque è stato Giovanni Soresi ad avvicinarti al Teatro-Scienza: vuoi dirci due parole in più su di lui?
Giovanni Soresi che, con un’esperienza di oltre quarant’anni al Piccolo Teatro di Milano, ha lavorato fianco a fianco con Paolo Grassi e Giorgio Strehler, ha creato il settore marketing e comunicazione del Piccolo Teatro di Milano, diventandone direttore (ora è in pensione). Lui è stato il promotore di tutti i miei monologhi: “L’oro della commedia”, “Pinocchio”, “Canto la storia dell’astuto Ulisse”, “Il codice del volo”, “L’Universo è un materasso”; ha insistito lui per fare il progetto su Galileo Galilei ne “Il messaggero delle stelle”. È ancora il mio riferimento più importante sulle scelte e le strategie artistiche del mio lavoro.
Com’è nata l’idea dello spettacolo L’Universo è un materasso?
Volevo raccontare la storia dell’Universo dalla Teogonia di Esiodo ad Albert Einstein. Ne parlai con Francesco Niccolini che mi disse subito che era una cosa IMPOSSIBILE. Dopo una decina di giorni mi inviò la prima bozza del testo. La frase “l’Universo è un materasso” nasce dalle lunghe chiacchierate che facevamo con Marco Giliberti, lui è il nostro “direttore scientifico” su tutte le attività legate al Teatro-Scienza. Un giorno Marco disse “La fisica non si capisce, ma ci si abitua” ed è diventata una battuta del personaggio di Einstein, la mia preferita.
Nello spettacolo, la fisica si intreccia con la narrazione letteraria degli dèi greci e quella storica dell’evoluzione del concetto di tempo. Come riuscite a creare una narrazione fluida ed efficace miscelando tutti questi ingredienti?
il linguaggio può essere usato solo come in poesia.Niels Bohr (da Discussions about Language, 1933. Citato in AA.VV., Il libro della fisica, Gribaudo, 2021, p. 199)
Ciò che noi definiamo realtà non è altro che una narrazione, la scienza stessa è una narrazione che noi facciamo dei fenomeni perché le cose non sono mai come sembrano.
Bisogna rappresentare la realtà com’è, dicono; ci vogliono spesso far credere che esista una realtà ben definita mentre questa realtà non esiste affatto e non è mai esistita da nessuna parte perché l’essenza delle cose è inaccessibile all’Uomo. L’Uomo concepisce la natura secondo come essa si riflette nella sua idea passando attraverso i suoi sentimenti, quindi occorre dare maggiore libertà all’idea e non avere paura di quanto è ideale…
Leggendo i miti alla luce delle scoperte scientifiche, sembra di scorgere un principio comune che è l’amore dell’Uomo per la conoscenza. Questa è la base del lavoro, poi se riusciamo ogni tanto a creare una narrazione fluida ed efficace miscelando tutti questi ingredienti vuol dire che gli Dèi ci hanno aiutato.
In questo spettacolo, come negli altri, si vede uno studio profondo delle materie trattate. Come parte la tua ricerca (o quella dell’autore, in questo caso Francesco Niccolini) per la costruzione dello spettacolo?
è tutta un’illusione! Un gioco di specchi!
La conoscenza è fatta di trabocchetti.Francesco Nicolini (da Il messaggero delle stelle)
Idea principale, letture sul tema, biografie dei protagonisti, chiacchierate lunghissime con Marco Giliberti, cene, simposi improvvisati, chiacchierate con sconosciuti; spesso a cena cerco di spiegare ad amici le cose che ho scoperto di fisica come la caduta dei gravi e allo stesso tempo cerco di capire che effetto fa, poi mando messaggi a qualunque ora sia a Francesco che a Marco. Per l’ultimo spettacolo credo di aver chiesto a Francesco “Fammi fare Dio in questo spettacolo”! Ecco è una ricerca letteraria e umana allo stesso tempo.
Questo spettacolo è stato più semplice/complesso da costruire di altri tuoi spettacoli? Hai detto in sala che l’autore Niccolini ne ha scritte molte versioni, perché? Succede spesso?
In uno spettacolo che tocca un tema complesso come la meccanica quantistica, quanto è importante il contributo degli esperti, come Marco Giliberti, che ha fatto la consulenza scientifica?
provvisti di una tempra migliore
e di una vista più penetrante.
Costoro, in un certo modo,
per effetto della loro perspicacia,
vedono lo splendore di lassù
e si elevano fin là,
superando le nubi e l’oscurità del mondo […]Plotino (Enneadi)
La presenza di un fisico come Marco è fondamentale perché l’errore più grave in cui si incorre quando si fa uno spettacolo di Teatro-Scienza è di banalizzare talmente tanto i concetti di fisica da renderli addirittura falsi. Marco spesso mi dice che se dici tre cose giuste e una sbagliata, il pubblico per un mistero inspiegabile si ricorderà solo quella sbagliata. Lui ci mette spesso in difficoltà, ci fa fare percorsi di studio insieme di ore e giorni, finché non troviamo una sintesi accettabile anche da lui. Ma quasi mai ci dice che va bene! Grazie a lui però ho capito che lo studio della fisica serve a cambiare il nostro atteggiamento mentale nella vita e sempre grazie a lui ho avuto l’onore di ritrovare il mio nome insieme al suo e a quello di Luisa Lovisetti nella pubblicazione scientifica “Principles and Equations of Physics: a multidisciplinary laboratory“.
In questo spettacolo, ma non solo, c’è un attore ma tanti personaggi. In che modo ti prepari a rappresentarli in scena, con le loro voci, i loro tic, le loro particolarità?
camminerete sulla terra guardando il cielo
perché è là che siete stati ed è là che vorrete tornare.Flavio Albanese (da Il codice del volo)
Studio, provo, osservo, penso, riprovo. Poi quando sento che il percorso ha una sua musicalità, un suo ritmo, una sua dinamica e una sua leggerezza simile a quella del volo o alle sonate di Mozart o Rossini, vuol dire che mi sto avvicinando al risultato finale.
Sei attore e regista di questo spettacolo: come hai conciliato le due cose e come cambia la tua esperienza di recitazione se a dirigerti è qualcun altro?
Io non mi sento un regista, ma un attore che mette in scena uno spettacolo. Un regista è una figura più specifica, devi essere regista dentro, conoscere bene anche il lavoro dell’attore e avere capacità di sintesi, avere le idee chiare su scene e costumi, senso del testo. Io non ho tutte queste competenze, sono, come direbbero in Francia, un ‘metteur en scène’. Poi il mio confronto, il mio riferimento è con la vera regista della Compagnia del Sole, Marinella Anaclerio.
Vorrei aggiungere due riflessioni sul nostro mestiere:
Dopo tanti anni di teatro, qual è il pubblico che ti spaventa di più e quello invece che ti dà la carica? Trovi una differenza fra pubblico giovane e meno giovane a livello di loro reazione?
Ci sono molte variabili, comunque il pubblico che mi preoccupa di più è quello col cellulare acceso in sala, quello che mi dà più carica è quello col cellulare spento. Sapete che ogni volta che si accende un cellulare in teatro una fata muore? Voi obietterete che le fate non esistono e avete ragione, le fate non esistono… ma i cellulari sì! Eh! Eh! Eh!
Quanto è importante saper improvvisare quando il pubblico risponde (o non risponde) alla tua recitazione?
Fondamentale. Il teatro non lo si fa per il pubblico ma con il pubblico. Il teatro è come il jazz. Questo è il mio stile. Poi come in tutte le cose c’è la misura: quella si impara con l’esperienza.
Idee per i prossimi spettacoli?
Segretissimus. Vi do un aiuto: sapete perché i gravi si muovono verso il centro della Terra in accelerazione?
Un consiglio che daresti ai/alle giovani lettori/lettrici di EduINAF, se oltre alle stelle piacesse loro il teatro.
Iscrivetevi a un corso di teatro con la consapevolezza che il teatro come la fisica “non si capisce, ma ci si abitua”. Leggete tanto, inizierei con leggere tutto Dostoevskij e poi Shakespeare…
Ringraziamo Flavio per averci portato dietro le quinte della sua vita e del suo lavoro come attore e regista della Compagnia del Sole, ma anche come maestro. Quei maestri che sono una guida, ma anche un limite, e che sono in grado di trasmettere tanta passione. Qualsiasi sia la nostra strada (arte, teatro, scienza…), saremo in grado di volare come Flavio sul palco, studiando, osservando, provando e riprovando, fino a che non sentiremo di avvicinarci sempre di più al risultato desiderato?
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