Aggiornato il 21 Luglio 2021
Sabato 26 e Domenica 27 gennaio si è tenuta la gara della FIRST® LEGO® League Italia per la regione Nord-Est.
FIRST® LEGO® League è una sfida mondiale per qualificazioni successive di scienza e robotica tra squadre di ragazzi dai 9 ai 16 anni che progettano, costruiscono e programmano robot autonomi, applicandoli a problemi reali di grande interesse generale, ecologico, economico, sociale, per cercare soluzioni innovative.
Le squadre devono effettuare una ricerca con tutti i criteri caratteristici del protocollo scientifico su una problematica attuale e devono soprattutto dimostrare di seguire i valori fondamentali di FIRST® LEGO® League, che richiedono ai ragazzi la capacità di lavorare in gruppo e di rispettare gli altri partecipanti.
La sfida è uguale in tutto il mondo. Attualmente sono coinvolte 88 nazioni distribuite sui 5 continenti. Le qualificazioni partono dalla fase regionale per proseguire in quella nazionale, che fornisce l’accesso alle manifestazioni internazionali continentali e mondiali.
Il tema di quest’anno per le missioni di robotica e per il progetto scientifico è lo spazio.
Noi siamo la Hackbot, una giovane squadra di nove alunni delle classi seconde e terze della scuola secondaria dell’IC2 “Margherita Hack” di S.Giovanni Lupatoto, un paese alla periferia di Verona e di tre insegnanti-coach, tra cui la vera “anima ispiratrice”, il professor Denis Bonetti.
Tutti insieme abbiamo lavorato con grande passione e impegno, dedicando numerosi pomeriggi agli allenamenti e alla preparazione del progetto scientifico.
Il giorno della gara è stato emozionante fin dall’arrivo a Reggio Emilia, sede della sfida: la registrazione dei partecipanti, l’allestimento del nostro banchetto, la presentazione delle squadre, la foto di gruppo.
La gara di robotica è organizzata in tre round. Al primo round abbiamo fatto solo sette punti, poichè avevamo sottovalutato una regola importante, ma non ci siamo persi d’animo e abbiamo riprogrammato il robot. Al secondo round abbiamo totalizzato cinquanta punti tra l’entusiasmo e l’orgoglio di tutti noi.
Abbiamo poi affrontato la commissione tecnica, alla quale abbiamo esposto le scelte fatte sulle missioni del robot, la commissione dei “core values“, dove abbiamo raccontato il nostro percorso di squadra e la commissione scientifica a cui abbiamo raccontato il nostro progetto sulle note della colonna sonora di 2001: Odissea nello spazio.
Non ci siamo qualificati per le nazionali ma ci siamo classificati tra i primi sei (tra più di trenta scuole, tra le quali numerose superiori) per il Global Innovation Award e la presentazione al MIUR del nostro originale progetto scientifico. Abbiamo deciso di occuparci di un problema importante che riguarda la protezione degli astronauti dalle radiazioni cosmiche.
Dopo aver consultato numerosi siti web specializzati e dopo aver valutato e discusso le numerose idee che le nostre menti hanno prodotto, abbiamo avuto l’ingenuità e la presunzione di proporre due nuovi modelli di tuta per astronauti, che abbiamo modestamente chiamato HackSuit-1 e HackSuit-2, in onore della nostra scuola.
La nostra idea è quella di utilizzare lo stesso meccanismo protettivo del pianeta Terra e quindi di elaborare delle tute percorse da correnti elettriche in grado di produrre un campo magnetico capace di deviare le radiazioni e di permettere lunghe permanenze degli astronauti fuori dalla stazione spaziale.
L’idea è forse un po’ pazza e implica numerose difficoltà e ostacoli da risolvere, ma la commissione scientifica ha riconosciuto il valore del rigore e del metodo con cui abbiamo lavorato. Abbiamo ottenuto questa candidatura, che noi consideriamo un grande risultato, pur essendo la nostra prima partecipazione alla gara, ma abbiamo vinto soprattutto perchè ci siamo divertiti.
Abbiamo vinto perchè abbiamo lavorato in squadra, senza risparmiarci, con generosità e serietà . Abbiamo vinto anche grazie al supporto e alla consulenza del professor Stefano Sandrelli dell’Istituto Nazionale di Astrofisica che ci ha accompagnati a distanza con entusiasmo, dando fondamento e arricchendo le nostre folli idee, e del professor Roberto Battiston, dell’università di Trento ed ex-direttore di ASI, che ci ha generosamente dedicato il suo prezioso tempo.
Concludiamo con queste poche parole:
Nel nostro caso, è bastata una stanza, dei mattoncini, dei cartelloni ed un gruppetto di ragazzi curiosi.
A volte basta un’idea.
A volte basta sentirsi squadra e lavorare insieme per un obiettivo comune.
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