Oltre l'orizzonte

Tra ricerca e pratica di apprendimento: un congresso a Toronto

Tra ricerca e pratica di apprendimento: un congresso a Toronto

Per andare al campus, si attraversava un parco alberato. Non grandissimo, molto verde. Nel parco, c’era un camping spontaneo, di sicuro non attrezzato. La tenda principale era un alto teepee, con la porta aperta e dentro un fuoco acceso. La scritta fuori, fra bandiere varie, recitava: cerimonia del sacro fuoco in atto – il fuoco rimarrà  acceso per tutta la durata della cerimonia.
Di questo accampamento, che non saprei dire quanto indiano, facevano parte decine e decine di tende, fuori dalle quali cumuli di vestiti, qualche motorino. Cose di casa senza casa e con tenda.
Si tornava da un’altra via, la sera, dopo aver esplorato Toronto downtown con qualche collega casuale, uno fra i tanti e le tante che partecipava come noi ad Astronomy Education 2023 – bridging research  & practice.
Rapidamente alti grattacieli lasciavano il posto a edifici più istituzionali, banche, uffici, che poi, via via si trasformavano in quartieri periferici sempre meno colorati. Poteva essere una Londra suburbana: case di legno a uno o due piani con ingresso a scaletta sul marciapiede, più o meno curate, una diversa dall’altra. Nella transizione fra il centro e la primissima periferia, ogni qualche isolato il marciapiede accoglieva una persona sdraiata fra gli stracci, che dormiva di un sonno all’apparenza poco naturale. Una sera, ai bordi dello sguardo, un anziano su una sedia a rotelle che si iniettava qualcosa nel polso.
Tra il campeggio del mattino e il panorama serale, il congresso nel campus – moderno e tradizionale, accogliente, pieno di ragazzi e ragazze di tutti i colori e di tutte le mode, così pieno di energia e serenità  che faceva venire voglia di tornare indietro di 30 anni e iniziare di nuovo quel percorso di scoperta, di speranze. Aule per le discussioni, per le lezioni, per i laboratori – sempre quell’ordine disordine che alimenta la creatività , il pensiero libero. Aria fresca.

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Astronomy Education 2023 – bridging research  & practice è stato organizzato dalla Commissione C1 della Divisione C della International Astronomical Union e dal Dunlap Institute for Astronomy & Astrophysics della University of Toronto. Il workshop aveva un intento preciso: far incontrare le comunità  di coloro che fanno ricerca in ambito educativo e quella di coloro che fanno pratica educativa. Sembra strano, ma fino a qualche anno fa le due comunità  non si parlavano. Poi nel 2019, la bella intuizione dei colleghi Paulo Bretones e Urban Eriksson: avvicinare alla ricerca educativa coloro che si occupano di pratiche e viceversa: un incontro che dovrebbe essere fertile in entrambi i settori. Dopo il primo incontro a Monaco, ospiti del museo della scienza Supernova nell’autunno del 2019, appena prima della pandemia, questa di Toronto era la prima occasione per muovere i primi passi dopo le dichiarazioni d’intenti. Primi passi che ci sono stati: quanto decisi e chiari è tutto da discutere e valutare.
Qui trovate il programma degli interventi, gli abstract e i poster accompagnati da una video presentazione.
Per quanto riguarda le mie opinioni, in questa sede mi limito ad alcune considerazioni veloci:

  • A livello internazionale c’è ancora tanta strada da fare per avvicinare la comunità  di ricerca e quella di pratica. Occorre uno sforzo da entrambe le parti per sviluppare un linguaggio comune, che permetta agli uni di comprendere metodi e valutazioni di merito degli altri. Da una parte occorre condividere una preparazione teorica comune; dall’altra di comprendere in modo più sperimentato la complessità  di un “sistema complesso”, come può essere qualsiasi gruppo di persone messe di fronte a un processo di apprendimento. Un esempio: il bell’intervento sulle fasi lunari di Marana Gomes che, all’atto pratico, dà  risultati meno interessanti a causa dell’utilizzo – a mio avviso poco cauto – dei termini “piccola” e “grande” per indicare una luna più o meno illuminata da Sole (in altri termini: fasi diverse).
  • La comunità  INAF è una eccellente comunità  di pratiche educative. D’altronde, ci muoviamo sulle spalle di giganti. La nostra presenza internazionale è di alto livello. Se escludiamo la comunità  anglofona che ha una tradizione specifica nel campo, come gli USA e la Gran Bretagna, la nostra è senz’altro una delle comunità  più attive, più varie, più creative e, per tanti versi, più profonde. Però ci manca ancora la consapevolezza del metodo, fin dalla definizione chiara e netta di che cosa sia una domanda scientifica nell’ambito dell’apprendimento, e di una valutazione quantitativa e qualitativa. Si può fare: è un gap che si può colmare, non ci manca molto.
  • Proprio per le ottime basi e per il vasto campione di studenti che abbiamo di fronte agli occhi quotidianamente, in INAF abbiamo la possibilità  di sviluppare anche un’ottima comunità  di ricerca, che si sviluppi fianco a fianco alla comunità  di pratica. Da questo punto di vista, la D&D ha bisogno di alcune attenzioni, come per esempio l’abbonamento ad alcune riviste specialistiche che sono invece alla portata di molti dipartimenti universitari. O di partnership con quei dipartimenti. Insomma, di alcune strutture di base che permettano un accesso più semplice e non per vie traverse alle riviste. E di essere strutturati e riconosciuti anche come unità  di ricerca.
  • Astronomy for a better world è la vision dell’INAF. Il che prevede la costruzione di ponti veri. Se fra le due comunità  di cui abbiamo parlato, quello tra il camping del mattino e il degrado serale non è mai stato costruito. E non si vedono grandi volontà  in questa direzione. Da questo punto di vista, risultano piuttosto stucchevoli le affermazioni ripetute anche nel corso del congresso.

Per la cronaca, abbiamo presentato 3 talk, 2 workshop e 1 poster.

Talk

  • STEM-MED: a co-design project in the Mediterranean, Sara Ricciardi, Stefano Sandrelli, Stefania Varano, Silvia Casu, Giuliana Giobbi, Riccardo Leoni, Claudia Mignone, Gloria Tirabassi, Rosa Valiante, Alessandra Zanazzi, Anita Zanella (INAF)
  • Hunting in the dark: an educational escape room on star and planetary formation, Silvia Casu, Alessia Zurru, Silvia Leurini (INAF)
  • PIXEL: Challenges and lessons learned in designing a board game both for market and high-school Education, Giannandrea Inchingolo, Rachele Toniolo, Silvia Casu, Valentina La Parola, Riccardo Leoni, Giovanni Contino, Stefania Varano, Alessandra Zanazzi, Sara Ricciardi (INAF), Andrea Ligabue (UniMore)

Workshop

  • Coding unplugged: a powerful education tool for everybody, Silvia Casu, Maura Sandri (INAF), on behalf of INAF Play-Coding Group
  • Let’s learn with AstroEDU!, Edward Gomez (Las Cumbres Observatory), Livia Giacomini, Stefano Sandrelli, Silvia Casu (INAF)

Poster

  • Hanging the planets in the Sun, Stefano Sandrelli, Gloria Tirabassi (INAF), vai al poster

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Scritto da

Stefano Sandrelli Stefano Sandrelli

Tecnologo dell'Inaf presso l'Osservatorio Astronomico di Brera, dirige l'Office of Astronomy for Education Center Italy dell'International Astronomical Union. Già  responsabile nazionale della Didattica e Divulgazione per l'Ufficio Comunicazione dell'INAF dal 2016 al 2020, è Docente del corso "nuovi modi per comunicare l'astronomia” per il master MACSIS, Università  Bicocca. Collabora con le riviste Sapere e Focus Junior, per le quali per la quale tiene rubriche mensili. Dal maggio 2000 al dicembre 2015 ha curato per l' Agenzia Spaziale Europea (ESA) oltre 500 puntate di una rubrica televisiva in onda da Rainews24 e RAI 3. Autore per Zanichelli, Einaudi e Feltrinelli.

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