Pietro Greco era nato il 20 aprile. Amichevolmente chiamato \(\pi\), è stato un maestro per tante persone: molto con il suo mestiere, moltissimo con la sua curiosità e, ancora di più, con la sua timidezza, i suoi sorrisi e le sue convinzioni.
Uno dei tanti interessi di Pietro, che ho conosciuto come docente quando ho frequentato il Master in Comunicazione della scienza della SISSA, era il rapporto fra scienza e letteratura.
Nel mese della sua nascita, aprile, provo a rendere questo piccolo omaggio a Pietro, sotto forma di Cosmicomica. Un omaggio che immagino come tante goccioline d’acqua.
L’acqua di Encelado
Nella condensazione di una sostanza su una superficie, il vapore forma piccole gocce che lentamente perdono aderenza, lasciando spazio alla formazione di nuove gocce.Detto così sembra una roba da ridere, iniziò Qwfwq(1)Qwfwq è un cugino di Qfwfq, il protagonista delle Cosmicomiche di Italo Calvino. alzando le sopracciglia e il bicchiere colmo.
Ma noi, dico io e quella ragazzina, ci abbiamo sbattuto il naso su quella superficie là . E non solo il naso, credimi: ci abbiamo proprio dato dentro di brutto e le goccioline sono schizzate da tutte le parti. E quando fai così non è mica detto che ce siano altre già pronte, di goccioline.
Aveva un nome complicato, quella ragazzina. Almeno così credevo a quei tempi. L’avevo incontrata qualche ora prima su Encelado, la piccola luna di Saturno. No, non ero stato costretto ad accompagnarla, naturalmente – potevo farmi i fatti miei e lasciarla al suo destino. Ma c’era qualcosa nella sua andatura, che mi aveva suggerito… e… no, non mi sono pentito.
Ero appena arrivato su Encelado, quel giorno. Non chiedetemi troppi dettagli: ero lì, questo conta, appena arrivato. Mi stiro, mi alzo in punta di piedi, guardo: un orizzonte non troppo lontano, bello, nitido, curvo come dev’essere. Un piacere. E un bel freddo. Niente nuvole o strani pennacchi di fumo in cielo, ma giù ai miei piedi, di fronte a me, si apre un canyon profondo da non vedersi il fondo, lungo come una ruga di ippopotamo.
Faccio appena in tempo a indossare un k-way per ripararmi dal vento gelato e a compiacermi dell’arrivo che, di lontano, vedo questa ragazzina che se ne va lungo il bordo del canyon, raccogliendo schegge di ghiaccio. Le scrutava rapidamente, poi le buttava sotto, giù a chissà quanti chilometri di profondità . Scomparivano lungo il volo, volteggiando lentamente. Forse si frantumavano o si liquefacevano o chissà che altro. La ragazzina procedeva senza mai voltarsi: sembrava molto presa dalle schegge e dal canyon. Solo questo. Non capivo se stava davvero cercando qualche cosa nè se quella ricerca procedesse secondo un piano definito oppure se era un vagare casuale. Nè capivo come potesse mai essere lì, sul filo di un canyon di ghiaccio di Encelado. In ogni caso, mi sono detto, non è il posto giusto per una ragazzina.
Così sto per chiamarla quando, d’improvviso, dietro di me si leva un boato terrificante, mai sentito niente del genere prima: un tuono vulcanico seguito un’esplosione di vetri infranti e da trecento metri di fumo bianco sparati in cielo, sbuffi e onde che in un attimo si allungano a un chilometro, a tre, a dieci, a trenta chilometri. E mentre va, compaiono i colori: un arcobaleno lunghissimo, tenue e colorato, lanciato nello spazio verso gli anelli di Saturno. E mentre va lasciava cadere grani di ghiaccio.
Lei finalmente si volta e mi vede lì, bagnato, sotto questa debole pioggia. Getta l’ultima scheggia raccolta e mi corre incontro, sempre sul bordo; mi prende la mano e mi dice: Ciao! Mi chiamo \(1 + \int_0^i e^x dx\). Vieni con me: ha iniziato, lo senti? Ora lo troviamo.
Non era una ragazzina. Non come mi ero immaginato, almeno. Aveva pressappoco la mia età . Ho capito subito che stava cercando \(\pi\).
La nostra storia inizia così: dietro un pennacchio di fumi di ghiaccio, di colori e di minuscole rocce. L’ho seguita senza pensarci, sotto quella pioggia che ormai virava verso il violetto, cercando l’origine di quel nostro sentiero di grani di ghiaccio. E lì, finalmente, lo abbiamo trovato lì. \(\pi\) dico.
Era là : lo potevamo intravvedere oltre quella cascata, con sfumature di colore diverse a seconda di come lo si osservava. Un \(\pi\) e più di uno, come sempre. E come al suo solito, stava scrivendo: concentrato, veloce, dolce.
\(1 + \int_0^i e^x dx\) rise dalla gioia e si precipitò verso di lui per salutarlo. Mi trascinò per qualche passo, ed è là che sbattemmo il naso e tutto il resto: su quel vetro con le migliaia di goccioline condensate, dietro il quale \(\pi\) si era rifugiato per avere un po’ di tranquillità . Le gocce caddero tutte. Lui si accorse di noi e ci invitò a entrare, con quel lampo negli occhi che conoscevo bene, sorridendo alle estremità dei baffi.
– Benvenuto Qwfwq, benvenuta \(e^i\) – ci disse.
– Come hai detto? \(e^i\)?- feci io stupito, voltandomi verso di lei(2)\(1 + \int_0^i e^x dx\) è un semplice integrale definito che, se risolto, da come risultato \(e^i\).. – Ma non ti chiami \(1 + \int_0^i e^x dx\)? – Guardai lei, guardai \(\pi\). Risero e io sospirai.
Perchè le storie sono vita, ci disse, e l’acqua è vita e per costruire un futuro migliore bisogna alimentare la vita con la vita. Del resto, ci disse con un sorriso, non siamo forse noi esseri finiti che conoscono l’infinito?(3)Una versione più corta di questo racconto è comparsa in L’acqua – dialogo tra Fotografia e Parola, ed. Topffer, a cura di Roberto Besana e dedicato alla memoria di Pietro Greco
Note
↑1 | Qwfwq è un cugino di Qfwfq, il protagonista delle Cosmicomiche di Italo Calvino. |
---|---|
↑2 | \(1 + \int_0^i e^x dx\) è un semplice integrale definito che, se risolto, da come risultato \(e^i\). |
↑3 | Una versione più corta di questo racconto è comparsa in L’acqua – dialogo tra Fotografia e Parola, ed. Topffer, a cura di Roberto Besana e dedicato alla memoria di Pietro Greco |
Add Comment