Oltre l'orizzonte

Deyna, il fullerene e la grande Polonia calcistica degli anni ‘70

Volete mettere insieme la storia di una grandissimo scienziato italiano, il calcio, la chimica e la fantasia? Ecco la storia della scoperta del fullerene e dei pensieri di Tullio Regge.

Una delle cose belle che mi è capitato di fare nei miei primi 57 anni, è stato dare una mano a Tullio Regge a scrivere la sua biografia. Confesso che quando Einaudi mi propose un’operazione del genere, ero molto dubbioso. Conoscevo Regge dai suoi articoli su Le Scienze, che spesso mi erano parsi troppi spigolosi e scientisti. Era, come mi capita spesso, un giudizio superficiale e avventato. Anche saggiamente guidato da alcuni consigli di Piero Bianucci, un vero maestro e non solo di giornalismo, scoprii rapidamente che Regge era una persona forse spigolosa, ma di una dolcezza e di una ironia straordinaria: scrivere insieme a lui e a sua moglie Rosanna Cester, anch’ella brillante fisica, accogliente e cara, è stata un’esperienza che conserverò nel cuore.

540px Kazimierz Deyna
Il calciatore polacco Kazimierz Deyna, in uno scatto del 13 aprile 1970.
C’è un’altra cosa. Quando mi sono innamorato del calcio, nei primi anni ’70, il mio calciatore preferito era polacco. Si chiamava Kazimierz Deyna e giocava nel Legia Varsavia e nella nazionale polacca con un’eleganza e un’efficacia che negli anni successivi solo Michel Platini avrebbe raggiunto. In quegli anni, in effetti, la Polonia iniziava ad apparire sulla scena calcistica con una certa prepotenza: medaglia d’oro alle Olimpiadi del ’72; terza classificata ai Mondiali del ’74, quando eliminò l’Italia con un goal proprio di Deyna; medaglia d’argento alle Olimpiadi del ’76… Oltre Deyna c’erano campioni come Grzegorz Lato, che giocava sulla fascia ed era velocissimo – fu capocannoniere dei mondiali – e il portiere Jan Tomaszewski, che ai miei occhi di bambino sembrava insuperabile. E lo era.
Ecco perché quando sento parlare di fullerene sento un brivido dentro e mi partono in automatico i ricordi d’infanzia. E il 2025, credo, sarà un anno pieno brividi. Nel 2025 ricorre infatti il 40esimo della scoperta del fullerene, appunto, un allotropo del carbonio, cioè una classe di molecole composte da soli atomi di carbonio, che ha proprietà e struttura completamente diverse dalla grafite e dal diamante, che fino alla sua scoperta erano stati gli unici allotropi conosciuti.
Schema del Fullerene C60
Schema del fullerene C60. Sono rappresentati gli atomi di carbonio e i loro legami.
In particolare il buckminsterfullerene è un fullerene la cui formula chimica è C60 e che ha la forma di una palla da calcio, con sessanta atomi di carbonio nei sessanta vertici. Per questo motivo, quando fu prodotto in laboratorio nel 1985 da Harold Kroto, James Heath, Sean O’Brien, Robert Curl e Richard Smalley, venne temporaneamente denominato soccerene, dall’inglese soccer, che significa appunto calcio. A partire dal 2012, poi, la sua presenza è stata rilevata anche nelle nubi interstellari, grazie soprattutto alle osservazioni del telescopio Spitzer, che due anni prima aveva identificato anche il grafene, anch’esso un fullerene.
Che cosa c’entrano Deyna e Tullio Regge? Per quanto riguarda Deyna, il suo “spirito” echeggia in tutta la vicenda non appena leggerete le prime parole di Tullio. Mentre Regge… bÈ, non sarebbe proprio dire che Regge ci ha messo lo zampino. Ma sicuramente ci ha messo l’immaginazione e il divertimento – senza mai entrare in un laboratorio, ma rimanendo sul tetto di un albergo, di notte, insieme all’amico e collega Mario Rasetti. Ecco il suo racconto:

Copertina Infinito cercare
La copertina de “L’infinito cercare – autobiografia di un curioso”, di Tullio Regge, Einaudi, 2012
Verso la fine degli anni Settanta, Rasetti e io passammo un periodo di un paio di mesi a Varsavia, come scienziati americani. All’epoca il presidente degli Usa era Jimmy Carter, uno dei primi ad aprire varchi significativi nella Cortina di ferro, anche attraverso una serie di accordi e di scambi scientifici e culturali con l’Urss e i paesi dell’Est comunista. Fummo ospitati in un appartamento di un grande edificio popolare in stile monumentalsocialista: poche stanze molto modeste – com’erano tutte le cose nei paesi d’oltrecortina a quei tempi – con le pareti che avevano visto l’ultima verniciatura trent’anni prima. Era però un bel piano alto, da cui si dominava buona parte della città. Dalla finestra si vedeva chiaramente un edificio sulla cui sommità troneggiava una grande struttura – la pubblicità di un prodotto alimentare, mi pare, che aveva la forma di un pallone da calcio: quelli di cuoio, con esagoni e pentagoni tessuti fra loro. Tecnicamente era un pallone da calcio assimilabile all’icosaedro troncato, che fa parte dei cosiddetti solidi archimedei. In pratica, si parte da un icosaedro regolare e se ne troncano i vertici. Alla fine si ottiene un solido regolare con trentadue facce, di cui venti esagoni e dodici pentagoni. Inoltre ci sono anche novanta spigoli e sessanta vertici, ognuno dei quali costituito da due esagoni e un pentagono. L’ispirazione classica dell’architetto era del tutto evidente. Del resto la Polonia ha una grandissima tradizione matematico-geometrica.
Questo pallone da calcio in metallo ruotava e la notte veniva illuminato. Lo osservavamo fuori dalla finestra e, per scherzo, iniziammo a determinare prima le rotazioni che lo lasciavano invariato, poi le simmetrie in generale che lo lasciavano invariato. Ne scrivemmo le rappresentazioni matematiche e, qualche tempo dopo, pubblicammo un articolo su tali argomenti, proponendo fra l’altro che in natura potessero esistere molecole stabili di questo genere.
(…) Non immaginavamo che dovesse necessariamente trattarsi di carbonio, un atomo tanto vicino alla vita. Poteva essere anche qualche cosa di simile, come il silicio. Fu per noi una grande gioia quando, nel 1996, il premio Nobel per la chimica fu assegnato a Richard E. Smalley, Robert F. Curl, Jr. e Harold W. Kroto per la scoperta del fullerene. Ci sentivamo in qualche modo coinvolti: anche se non eravamo stati noi a descrivere per primi quella struttura, né avevamo giocato un ruolo nella scoperta in natura di questa straordinaria molecola, fu emozionante “vedere” nella realtà qualcosa che avevamo solo immaginato.

E questo è l’augurio che rivolgo a tutti i lettori per l’anno appena iniziato: che presto vediate nella realtà qualcosa di bello che avete solo immaginato.

I corsivi sono estratti da: L’infinito cercare. Autobiografia di un curioso, di Tullio Regge con Stefano Sandrelli, Einaudi, Torino, 2012

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Scritto da

Stefano Sandrelli Stefano Sandrelli

Tecnologo dell'Inaf presso l'Osservatorio Astronomico di Brera, dirige l'Office of Astronomy for Education Center Italy dell'International Astronomical Union. Già  responsabile nazionale della Didattica e Divulgazione per l'Ufficio Comunicazione dell'INAF dal 2016 al 2020, è Docente del corso "nuovi modi per comunicare l'astronomia” per il master MACSIS, Università  Bicocca. Collabora con le riviste Sapere e Focus Junior, per le quali per la quale tiene rubriche mensili. Dal maggio 2000 al dicembre 2015 ha curato per l' Agenzia Spaziale Europea (ESA) oltre 500 puntate di una rubrica televisiva in onda da Rainews24 e RAI 3. Autore per Zanichelli, Einaudi e Feltrinelli.

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