No, non lo scrivo. Giuro che non lo scrivo. Perché poi il rischio è quello di dire sempre le stesse cose, di essere considerato noioso, petulante, ripetitivo. Ed è vero: le fissazioni sono fissazioni, specialmente quando sembra che nel mondo le cose non cambino mai. Nel mondo vero, dico, quello che esiste oltre la mia mente. Sembra che le cose non cambino mai nonostante che nel mio mondo, nella mia testa, certe argomentazioni, certe osservazioni me le sia ripetute così tante volte da essermi convinto che la questione è evidente, ovvia, scontata: e che quelle cose devono cambiare. È impossibile che non cambino, perché mi pare che le mie osservazioni siano assolutamente convincenti, giuste. Insomma, ho proprio ragione. Vedrai come cambieranno, quelle cose, come no?
Per esempio, la Luna.
Neil, lo sappiamo tutti, è stato il primo astronauta a camminare sul nostro satellite, il primo a lasciarci le impronte, il primo, soprattutto, a saltare di gioia nello spazio. E ogni volta che questa frase viene pronunciata, pare una formula magica: sim sala bim! Un grande salto per l’umanità. E sembra che tutti siano soddisfatti e grati: un piccolo passo, ma un grande salto per l’umanità. E che coraggio! E che gioia! Perché… be’, fermatevi appena un attimo: saltare sulla Luna! È impossibile non provare gioia!
Ora però, il mio problema è questo: ogni santa volta che sento questa frase, il pensiero parte in automatico. A chi si riferiva Armstrong con il termine umanità? Per chi è stato un grande salto? Qual è l’umanità di “riferimento” per i 12 astronauti della NASA che sono sbarcati sulla Luna dal 1969 al 1972?
Nella mia mente rimbalzano sempre le stesse parole: 12 astronauti, tutti di sesso maschile, tutti cittadini americani, tutti caucasici – cioè bianchi. E tutti militari. Anche Armstrong, che pure nel momento in cui scende sulla Luna si era congedato dall’esercito americano da qualche mese, è pur sempre stato un aviatore, uno coi fiocchi, uno che ha partecipato alla Guerra di Corea.
Dunque qual è l’umanità che ha in mente Armstrong mentre usa quelle parole? Ne fanno parte i nativi americani? E i discendenti degli schiavi africani? E i coreani, i cinesi, i russi? Gli immigrati messicani? Quelli italiani?
E poi: vista dal 2024, e qui lo scrivo con tutta l’arroganza di chi già conosce la Storia e che dunque gioca facilissimo e solo per vincere; insomma, vista a posteriori, qual è stata l’umanità che avrebbe fatto un grande salto? Dico: a prescindere dalle intenzioni di Armstrong.
In altri termini: a chi è servito quel salto sulla Luna? Che cosa è cambiato, grazie a quel salto?.
Questi pensieri li ho già fatti tante volte, tante volte li ho anche detti ad alta voce: così tante volte che mi annoio da solo, mi stufo. Anche perché non ho un pensiero chiaro e dubito anche che se ne possa avere davvero uno: le conseguenze sono caleidoscopiche, ognuno può trovare il suo punto di vista e il colore che preferisce. Ciascuno può ricondurre quasi qualsiasi cosa a quasi qualsiasi causa. Dopo un po’, nei problemi complessi l’inferenza è inflazionata e vale poco.
E tuttavia, dati i termini propagandistici e pomposi con cui ci si è espressi, guardiamo appunto l’umanità e i suoi salti e proviamo a giudicare mettendoci sullo stesso livello. Che benefici ha avuto dallo sbarco sulla Luna tutta quanta l’umanità. È forse terminata la guerra fredda? È terminata una guerra qualsiasi? Abbiamo imparato a collaborare? Abbiamo imparato a sconfiggere la povertà? Detto altrimenti, siamo forse persone migliori?
Non lo so. Ma non è difficile dubitarne.
L’altra sera, a casa di un amico, mi sono imbattuto in un quadro meraviglioso: incorniciata e appesa al muro, c’è la prima pagina del quotidiano The Philadelphia Inquirer – independent newspaper for all the people del 21 luglio 1969. Eccola qui sotto.
Titolo principale: Man lands on Moon.
E più sotto, una colonna dedicate all’atterraggio, articoli di accompagnamento.
Fra gli articoli, ce n’è solo uno che stona, ma è lì – in prima pagina e fa rumore con questa sua dissonanza: titolo da due colonne.
Il suo titolo è: Egyptian, Israeli Jets Battle Above Suez, Heavy Losses Claimed. Lo riportiamo di seguito. Vi ricorda qualche cosa?
Ma quello era appena prima del salto. E oggi? Cinquantacinque anni dopo? Mentre scrivo, la situazione è questa:
- Gli USA hanno lanciato il programma Artemis, per riportare astronauti sulla Luna. Lo hanno chiamato Artemis perché l’altro si chiamava Apollo. Par condicio. Sì, vabbè: è pur sempre mitologia greca. La cultura occidentale classica viene da lì.
- Due astronauti della NASA sono intrappolati a bordo della Stazione Spaziale Internazionale: intrappolati nel senso la navetta della Boeing che li ha portati lì, ha avuto qualche problema e la loro missione è stata prolungata da una settimana a 6 mesi. I privati, nel mondo occidentale, sono coloro che garantiscono lo sfruttamento di una risorsa pubblica – la Stazione. Da noi, funziona così.
- La Cina, intanto, sta costruendo una sua propria stazione spaziale.
- Si sta preparando l’opinione pubblica allo sfruttamento dello spazio – qualsiasi cosa questa affermazione significhi: dall’estrazione di materiali dagli asteroidi al turismo spaziale. I guadagni come vengono suddivisi? Non se ne parla moltissimo.
- Un magnate ha lanciato decine di migliaia di satelliti in orbita bassa, che costituiranno un problema per l’osservazione del cielo da terra, una fonte di inquinamento orbitale potenzialmente catastrofica, ma che daranno un fondamentale servizio 5G ovunque sulla Terra.
- Miliardi di persone hanno problemi di accesso all’acqua. In effetti il corpo umano è fatto da H2O e non da 5G, quindi dovendo scegliere, forse le priorità potrebbero essere altre.
- Infine in Israele, Palestina, Libano si muore sotto gli attacchi di missili, razzi, esplosivi ecc. ecc. Incidentalmente, si muore in molte altre parti del mondo. Secondo lUppsala Data Conflict Program, dalla II Guerra Mondiale a oggi, ci sono 100 guerre all’anno. Nominiamo, solo per non farla lunga, Siria, Yemen, Ucraina, Palestina.
Fra le pareti della mia testa, l’unico pensiero che rimbalza, come un cane randagio sui marciapiedi è che se l’umanità ha fatto un salto, era un salto sul posto.
Grazie Stefano,
proprio bellissimo e vero questo articolo. Finalmente andiamo oltre le classiche considerazioni del “primo passo”, in modo disincantato e reale, l’unico modo per poter fare davvero “altri passi” avanti (sulla Luna ma innanzitutto sulla Terra). Sarebbe da rendere lettura obbligatoria durante le varie celebrazioni degli sbarchi lunari. Un abbraccio, Marco
Grazie per il coraggio in questo tempo di vili
Un abbraccio