Lo spazio tra le pagine

Quegli universi, ancora da gustare

Spicchi e frammenti di cielo tra i versi dei finalisti della 64° edizione del premio Premio Nazionale Frascati Poesia Antonio Seccareccia

Alla fine, cosa mette in connessione stabile scienza e poesia? Ritengo che sia molto semplice: come forse abbiamo giĂ  scoperto, percorrendo le varie tappe di questa rubrica.
Provo a dirlo in un modo sintetico. Entrambe cercano di farci comprendere l’ambiente in cui viviamo, lo spazio che occupiamo. E rendercelo piĂą abitabile. Tutto qui, in fondo: certo, se con ambiente intendiamo tanto quello esterno (lo spazio propriamente detto) quanto quello interno (sentimenti, emozioni). Le connessione tra i due spazi sono virtualmente innumerabili (secondo diverse correnti di pensiero, in realtĂ  si tratta di un solo spazio: celebre la frase di Agostino, l’anima è in qualche modo, tutto), e l’indagine appassionata in essi procede sempre nelle due direzioni, interna ed esterna. Altrimenti si lascia fuori qualcosa. Qualcosa altrimenti si spezza, e i frammenti dispersi, proiettati con violenza verso orbite irregolari, rendono tutto piĂą opaco, piĂą doloroso, meno trasparente. Inquinano lo spazio.

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“La poesia apre nuovi universi”, immagine generata dall’autore, mediante Copilot Designer di Microsoft

Mantenere l’unitĂ  di tutto è essenziale, ormai non è piĂą un optional. Oggi non basta la sola poesia, non serve la sola scienza. Sono zoppicanti, se pensate da sole. Serve cementare la loro profonda amicizia, urge anzi – pur bruciando le tappe – suggellare il loro matrimonio.
Dice Carlo Rovelli che

Nulla ha esistenza in sĂ©, tutto esiste solo in dipendenza da qualcosa d’altro, in relazione a qualcosa d’altro… le cose sono “vuote” nel senso che non hanno realtĂ  autonoma, esistono a, in funzione di, rispetto a, dalla prospettiva di qualcosa d’altro.

La poesia – che non fa eccezione – esiste e si sostiene solo in funzione di qualcosa che gravita al suo esterno, così come la scienza. Come per l’uomo e la donna, connettersi con chi è altro da sĂ© spesso vuol dire, ritrovare una esistenza propria piĂą fondata, piĂą solida. E feconda.
La fecondità di tale unione costituisce una sorta di benedizione necessaria per il genere umano, soprattutto in questa epoca, emozionante ma confusa. La parola poetica vera chiarisce ed illumina, così come la vera scienza. Non sono affatto la stessa cosa, poiché seguono metodi radicalmente diversi. Proprio in virtù di questo, sono parti inscindibili della medesima avventura.
Sono persuaso che ogni nuovo testo poetico, se riuscito, è anche e soprattutto una investigazione cosmologica. Ogni produzione poetica è anche un lavoro di ricerca, che estende e raffina le ricerche precedenti, smentisce alcune tesi, ne conferma altre.
Con questa ipotesi di lavoro, quasi consultassi l’ultima edizione di Astronomy & Astrophysics (vorrei dire sfogliassi ma questa è giĂ  una cosa d’altri tempi, ormai le pubblicazioni scientifiche si fruiscono prevalentemente in forma digitale) mi sono approcciato ai testi dei finalisti della 64° edizione del Premio Nazionale Frascati Poesia “Antonio Seccareccia”, importante manifestazione di cui giĂ  qui si scrisse. Quest’anno i finalisti quattro, Daniela Attanasio, con Vivi al mondo (Vallecchi), Rossella FrollĂ , con L’amico sconosciuto (Interlinea), Massimo Morasso, con Frammenti di nobili cose (Passigli) e Gian Mario Villalta con Dove sono gli anni (Garzanti).
Naturalmente, mi sono avvicinato con quel taglio particolare che è proprio di questa rubrica, ovvero con l’obiettivo di curiosare su quale idea di spazio emerga dai testi dei finalisti. PerchĂ© è certo che un’idea di spazio debba emergere, è assodato che ogni sistema poetico coeso (e indubbiamente arrivare in finale di un premio come questo è giĂ  una buona garanzia) possieda e alimenti una particolare cosmologia, una visione del mondo in senso largo. Solo di questo mi interesso, in questo pongo il mio servizio di astrofisico votato alla letteratura, lasciando ad altri, critici e personaggi austeri, militanti severi (come cantava il buon Guccini), il difficile ed emozionante incarico di valutare la qualitĂ  poetica delle parole in questi libri.
Mi accosto a questi nuovi testi poetici, dunque, con la cautela e l’emozione di chi si accosti a nuove teorie, nuovi concetti. Abbiamo percorso insieme, in questo spazio, molti ambiti della tradizione, da Saffo ad Ungaretti, come testi classici, sempre validi. Ci siamo poi ristorati con alcuni testi per canzoni, piĂą o meno note. E’ bello però anche esplorare qualcosa di veramente nuovo, ogni tanto. Qualcosa che viene al mondo quasi ora. Un’esplorazione che è appena un accenno, un appunto. Se volete, un invito al viaggio, da fare poi in piena autonomia.
Gian Mario è sempre e subito quel non sapere che è anche un manifesto di ampia libertà, di soave leggerezza

Non sei tu, ibisco, non sei tu,
ma prendi nella mia voce parola, nella mente,
come ogni cosa che vedo e sento. Ti importa
se non sappiamo che cosa siamo io
per te, tu per me, per tutto tu e io l’universo?

Ma è anche un cielo che guarda, quando lo spettacolo sulla Terra si fa interessante. E’ un cielo che partecipa al gioco, non è indifferente. Noi non sappiamo ma lui si impiccia, eccome.

Da dove sono venuti gli occhi per tutto questo giallo
acido della colza è venuto anche il cielo a guardare.

Rossella è un gioco di immedesimazione con il cielo e ciò che contiene, in un registro di partecipazione intima e calda sovente più facile da riscontrare nei versi del femminile

Tu fosti il miracolo amore mio
l’altra metà del sole che nella
nebbia trova il cielo.

Del resto è proprio quel cielo che è così in contatto con la Terra che

Nel cielo si raccatta quel che viene.

Ed è un sempre cosmo consapevole, affettivo, che partecipa ad ogni moto d’amore in Terra, che conosce le nostre presenze, i nostri stessi corpi quando hanno come confine soltanto la notte

La bocca morta d’amore
sul corpo nudo è
intuizione mentre ti folgora.
L’universo sa la tua presenza
tra misure setacciate
il bandolo è l’atto
che fende lo spazio.
Ancora una notte
per carpirne il linguaggio.

Massimo gioca su una possibile sottrazione, nella libertĂ  timida di un passo indietro, giocando sugli infiniti stati dell’essere che solo il cielo della luna può garantire, lontano da ogni costringente coerenza cartesiana, aperti al gioco sottile delle contraddizioni, vive e in movimento, come particelle virtuali nell’inesausto ribollire del campo quantico

Potessi smettere di credere al mondo come si smette ogni cosa.
Potessi girarmi dall’altro lato del qui
e addormentarmi, fluttuando
nel centro buio della notte
in un’aria caduta, in una terra assente
con tutt’intorno il cielo della luna. Potessi…

Ed è ben consapevole della natura poliedrica e sfuggente dello spazio moderno, secondo alcuni scienziati avvolto in impalpabili dimensioni, anni luce lontano da quelli spazi euclidei così rassicuranti ed insieme artificiosi, mortalmente noiosi

…in ogni parte dello spazio
c’è un’altra parte dello spazio,
e il nostro mondo, fra i pianeti,
è un poco-più-di-niente avvolto nel mistero.

Ritrova dunque il mistero che ci avvolge, quasi delicatamente, al quale ci possiamo arrendere, ci possiamo abbandonare al fatto semplice e liberante che conosciamo del mondo, appena una scheggia, un bruscolo, un accenno.
Daniela ritrova il punto di gravitĂ  di un nuovo esser vivi esattamente tra cielo e terra, tra la contiguitĂ  incombente dei due, uno addosso all’altro senza spazio bianco, senza tempo di pausa

… pensai che quell’allontanarsi di uccelli e voci
fosse la ceralacca apposta sulle carte dei nostri viaggi sulla contiguità
fra nord e sud fra cielo e terra
o forse soltanto un modo di essere vivi al mondo

E proprio quest’esser vivi riverbera un appassionato inno alla creazione poetica

non morirĂ  la creazione umana
la poesia sarĂ  ancora e per sempre un
diffusore di fatti quotidiani dove la spinta della parola
conta piĂą della ragione dove le pulsazioni del cuore
sono colpi di martello quando il fiato si fa corto per
la paura di non riuscire a dire il verso esatto che vada incontro
all’amore –
amore per la terra per il mare per la natura astratta del cielo
amore che riscalda il corpo nella neve –
amore come pane
come le nostre parole lasciate a lievitare
in un’anta del corpo per un’altra stagione
un’altra sponda di vita dove sostare

C’è – in tutti e quattro in realtĂ  – questo amore per la terra, per il mare, anche per la natura astratta del cielo, un’astrazione solo apparente che, come abbiamo visto, si dissipa in una concretezza felice, che unisce poesia e scienza, ferma l’uomo ai suoi passi sulla Terra, alla consistenza di un intimo assenso al tutto (da ogni fatto quotidiano ai lontani quasar), che grazie alla poesia, ritorna costantemente possibile.
Sapremo a fine novembre chi sarĂ  il vincitore formale. Il vero vincitore sarĂ  comunque – fin d’ora – chiunque accolga l’invito a percorrere questi versi, un dono offerto come balsamo ai nostri autunni, interni ed esterni. Il poeta ha le mani aperte e non le può chiudere, perchĂ© non può che offrire. Vive per quello. Quando incontra le mani di una scienziata, di uno scienziato, si toccano e si stringono e si creano a fiotti nuovi spazi, nuovi universi. Tutti ancora da viaggiare, da esplorare: tutti ancora, in fondo, da gustare.

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Scritto da

Marco Castellani Marco Castellani

Ricercatore presso l'Osservatorio Astronomico di Roma. Si interessa di popolazioni stellari ed è nel team scientifico del satellite GAIA di ESA. Divulgatore e scrittore per passione, gestisce da anni il blog divulgativo Sturdust.blog (già GruppoLocale.it) e coordina il progetto Altrascienza.it.

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