Aggiornato il 1 Giugno 2022
La corsa verso lo spazio fu uno degli elementi distintivi dei primi due decenni circa della Guerra Fredda. Sia Stati Uniti sia Unione Sovietica provarono a lanciare razzi verso lo spazio: l’obiettivo politico e militare era quello di mandare in orbita un satellite in grado di comunicare le posizioni e monitorare i razzi lanciati dall’avversario. L’obiettivo scientifico era, invece, molto più “romantico”: mandare un uomo sulla Luna.
Il sogno, ripreso da un famoso romanzo di Jules Verne, era stato alimentato dallo scienziato russo Konstantin Ėduardovič Ciolkovskij, il primo ad affrontare in maniera analitica e matematica il problema del lancio di un razzo diretto verso le stelle con a bordo un equipaggio umano.
Sulla strada tracciata da Ciolkovskij si inserì Sergei Korolev, abile e determinato ingegnere che riuscì a far finanziare il suo progetto di costruzione di un satellite dal ministro della difesa sovietico Dmitry Ustinov. Korolev era stato internato in uno dei gulag più malfamati, quello di Kolyma (1)Kolyma è il gulag più tristemente famoso dell’intero sistema concentrazionario sovietico, situato all’estremità nordorientale della Siberia, contraddistinto da condizioni di vita durissime e altissima mortalità. e difficilmente si poteva considerare un grande amante dei politici (2)Opinione probabilmente condivisa anche da Jim Ottaviani che in T-Minus gli fa dire tra i denti “Gracchiano come galline davanti a un pollaio nuovo. Anzi, no, come contadini al mercato, lo toccavano quasi a volerne saggiare la robustezza.” riferendosi ai politici in visita presso il cosmodromo di Baikonur ma fu grazie a loro che ottenne i fondi per arrivare ai successi del primo decennio di corsa allo spazio che posero i sovietici su un piano di vantaggio rispetto agli statunitensi.
La tragica storia di una cagnetta nello spazio
Tra questi successi si conta lo Sputnik 2 lanciato il 3 novembre del 1957 con a bordo la cagnetta Laika, il primo mammifero a orbitare intorno alla Terra.
In precedenza, infatti, erano stati mandato nello spazio dei moscerini della frutta a bordo di alcuni V2 tedeschi della Seconda Guerra Mondiale riadattati dagli Stati Uniti, ma con Laika il compito si era decisamente fatto più difficile.
La missione, però, era stata preparata in tutta fretta per poter coincidere con il sessantesimo anniversario della Rivoluzione di Ottobre. Inoltre non era previsto alcun rientro. Così Laika era semplicemente destinata a morire nello spazio: la versione ufficiale aveva raccontato che la cagnetta non aveva sofferto in maniera particolare e aveva trovato una morte indolore, e che grazie a quell’esperimento erano stati raccolti dati importanti sul comportamento dell’organismo in quelle condizioni estreme. Di tutto questo, nessun particolare corrispondeva a realtà: l’animale soffrì penosamente: poiché niente, della strumentazione di bordo che avrebbe dovuto alleviarne le sofferenze, funzionò a dovere, la morte arrivò per lo schianto del cuore e non per misericordiosa eutanasia. Inoltre, i dati raccolti non furono di alcuna utilità. Quella missione fu niente più che un’iniziativa propagandistica, che mirava a sottolineare la superiorità tecnologica sovietica nei confronti del mondo occidentale.
Tutto questo viene confermato dal dottor Dimitri Malashenkov, lo specialista che seguì l’addestramento della cagnetta, durante un congresso di medicina dello spazio tenutosi a Houston il 28 ottobre 2002:
La vicenda di Laika, uno dei molti sacrifici che nel corso dei decenni è stato pagato dalla corsa allo spazio, ha ispirato l’intenso omonimo romanzo a fumetti di Nick Abadzis, vincitore nel 2008 di un Eisner Award proprio raccontando questa storia.
Dal punto di vista narrativo, gli ingredienti sono quanto di più intenso si possa immaginare: la contrapposizione fra cinismo umano e fiducia illimitata dell’animale, fra la piccola gioia di Laika dei giorni nei vicoli e le logoranti prove (al limite della tortura) a cui viene sottoposta nel centro di addestramento; poi ci sono l’ambizione, che piega ai propri fini la stessa realtà, e il desiderio di riscatto del responsabile del progetto, Korolev, che modellano un mondo dove non c’è spazio per pensieri o sentimenti che non siano allineati all’obiettivo.
Materiale così forte è sì ricco di potenzialità, ma anche di rischi: deve essere manipolato con cura, per evitare la caduta nel patetismo, nello stereotipo o nella categorizzazione banale. Tutto questo è la materia prima preziosa su cui Abadzis si è messo a lavorare: ricerche documentali, indagini sui luoghi (4)Il sito dell’autore offre un’interessante panoramica sul lavoro di preparazione., ma anche, piace immaginare, una costante riflessione sul testo, sulle tavole, sulla caratterizzazione dei personaggi. Gli eventi, di per sé, non sono storia nemmeno in senso storiografico e lo stesso vale a maggior ragione nel campo della narrativa.
L’importante è come si arriva alla fine
La fine della vicenda, il destino di Laika, è nota: questa consapevolezza dà alla storia un senso di ineluttabilità, accentuato dal continuo riferirsi di Korolev a se stesso come “uomo del destino“. Inoltrarsi nella vicenda dà quindi una sensazione simile a una caduta: una forza irresistibile sembra trascinare il lettore, facendolo immergere sempre più nel contesto, nelle relazioni fra i personaggi e nelle loro stesse vite.
Nel caso dei racconti basati su fatti storici, la conoscenza da parte del lettore della fine forza un approccio diverso alla lettura: la tensione non può infatti essere verso il che cosa accadrà, la conclusione, bensì verso il come, il percorso che ha portato, o meglio ci sta portando, a quella fine.
In Laika non siamo autorizzati a sperare che la cagnetta si salvi e allora, ad ogni scena che sembra fornire indizi di quella speranza, siamo portati a cogliere ciò che quella stessa speranza ha frustrato. Simmetricamente, ogni indizio che riveli un collegamento al finale si presta ad essere appunto interpretato come manifestazione di un destino ineluttabile, drammaticamente sottolineato dai sogni nei quali la cagnetta si trova a volare.
Ma, in ogni caso, non è tanto la conclusione del racconto, quanto il percorso che esso esplora. In altre parole, il diverso centro di gravità della lettura è una sorta di illusione prospettica, per cui, almeno in prima lettura, viene percepito nella conclusione, mentre in realtà è sempre nello svolgimento.
La caratterizzazione dei protagonisti
A parte i personaggi reali, il cui approfondimento si basa su approfondite ricerche storiche, i protagonisti fondamentali sono frutto dell’immaginazione di Abadzis: Tatiana e Liliana, la prima famiglia della cagnetta, e Yelena, che la seguirà dall’arrivo al centro di addestramento fino al lancio. I ruoli di questi sono fondamentali perché sono quelli che l’autore utilizza per generare empatia fra il lettore e Laika la cui caratterizzazione è a sua volta risultato del lavoro dell’autore.
Su Laika esistono poco più che aneddoti, in cui si mescolano tanti cani e tanti ricordi. La caratteristica che colpì Abadzis è quella che probabilmente determinò la sua scelta per il volo: la sua pazienza. Racconta l’autore:
La ricerca di una spiegazione per quella pazienza, che condannerà la cagnetta, porta Abadzis a immaginare che Laika sogni di volare e, nei suoi sogni, il volo significa libertà dai pericoli quotidiani e mezzo per ritrovare la sua prima famiglia. Allora, quando durante gli esperimenti vengono riprodotte condizioni vicine alla caduta libera, Laika associa quella sensazione al sogno: è questo, oltre alla fiducia in Yelena, che le dà la forza di essere paziente.
La fiducia appare d’altra parte essere la sorgente principale della forza della povera creatura: fiducia nella sua prima famiglia, nel cane che non fa parte del branco e riesce sempre a salvarsi dagli accalappiacani, e infine in Yelena. Dalla fiducia in loro, essa trae la forza di resistere e di sperare, ma nessuno di loro riuscirà, in definitiva, a salvarla; solo, se scegliamo una prospettiva vagamente deformata, ad accompagnarla verso la successiva stazione della sua sofferenza.
Il tratto adottato da Abadzis per rappresentare la vicenda di Laika è una linea chiara sobria e misurata, le cui raffinatezze risultano perfettamente integrate con la vicenda narrata, senza rubare la scena alla storia se non in seconda lettura.
Elemento stilistico caratterizzante delle pagine è costituito dai sapienti cambiamenti di scena o del punto di vista. Si prenda come esempio la scena che racconta l’agguato teso a Laika e alla sua compagna dalla venditrice del mercato, alla fine del secondo capitolo: il piano si allarga e restringe, inquadra gruppi e volti, accelera e ferma la lettura; l’uso del piccolo quadro nero per raccontare la fine della compagna di Laika dimostra l’efficacia di soluzioni apparentemente semplici (apparentemente, perché la semplicità è nella loro lettura ma non certo nella loro ideazione), così come l’utilizzo di vignette senza cornice per fermare il tempo in un istante chiave, nella cui stasi emerge finalmente la tragedia. L’immediata leggibilità è la scelta di Abadzis anche per le tavole che raccontano i sogni, composte da vignette mute, dai contorni curvilinei, o che evolvono da e verso le vignette squadrate della veglia.
Un fumetto che vale la pena recuperare, non solo per avvicinarsi alla storia di Laika, ma anche per leggere una bella storia.
Abbiamo parlato di:
Laika
Nick Abadzis
Traduzione di Leonardo Rizzi
Magic Press, dicembre 2008
208 pagine, brossurato, colore – 15,50 €
ISBN: 9788877592286
Recensione basata sugli articoli precedentemente usciti su Lo Spazio Bianco e DropSea
Note
↑1 | Kolyma è il gulag più tristemente famoso dell’intero sistema concentrazionario sovietico, situato all’estremità nordorientale della Siberia, contraddistinto da condizioni di vita durissime e altissima mortalità. |
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↑2 | Opinione probabilmente condivisa anche da Jim Ottaviani che in T-Minus gli fa dire tra i denti “Gracchiano come galline davanti a un pollaio nuovo. Anzi, no, come contadini al mercato, lo toccavano quasi a volerne saggiare la robustezza.” riferendosi ai politici in visita presso il cosmodromo di Baikonur |
↑3 | Malashenkov, D. C. (2002, January). Some Unknown Pages of the Living Organisms’ First Orbital Flight. – http://adsabs.harvard.edu/abs/2002iaf..confE.288M – In IAF abstracts, 34th COSPAR Scientific Assembly. |
↑4 | Il sito dell’autore offre un’interessante panoramica sul lavoro di preparazione. |
↑5 | Intervista di J. Bower all’autore: “Zero Gravity | Laikàs Nick Abadzis”, PLAYBACK:stl – see the light, 16 ottobre 2007. |
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