Aggiornato il 21 Luglio 2021
Dal 2 al 5 settembre si è tenuta a Trieste, all’interno dei magazzini 27 e 28 del porto antico, l’EuroScience Open Forum 2020, la kermesse mondiale dedicata alla scienza, all’innovazione e al loro rapporto con la società . Quella di quest’anno è stata sicuramente un’edizione profondamente diversa da tutte le altre, avendo dovuto fare i conti con l’emergenza COVID, che ha giocato un ruolo negativo sulla partecipazione, molto ridotta rispetto alle precedenti edizioni. Non tutto il male, però, viene per nuocere: la macchina organizzativa si è attrezzata per rispondere a questa emergenza, rendendo tutte le iniziative virtuali e sperimentando nuovi metodi per consentire di partecipare da remoto alla manifestazione, assistere agli interventi e -perchè no- parlare con tutti gli scienziati presenti. Grazie a questo spirito di adattamento, non sono mancati, soprattutto nel weekend, i momenti in cui è stato possibile parlare di scienza e di astronomia mostrando a bambini, ragazzi e adulti curiosi l’importanza dell’Italia in questo settore e i grandi successi dell’astrofisica moderna.
La cosa che salta subito agli occhi ai visitatori del bellissimo Magazzino 28, è sicuramente il ristretto numero di persone che visitano di persona la fiera, che si fermano a parlare e a scambiarsi commenti su idee o su nuovi progetti, o che semplicemente sono curiosi di scoprire le novità del mondo scientifico. Curiosando nelle varie sale convegni, quello che colpisce subito è la disposizione delle sedute, lontane le une dalle altre per le regole imposte dal distanziamento sociale, ma ancora di più colpisce il grande numero di sedie vuote. Per fortuna viviamo nell’epoca del virtuale, che permette una nuova fruizione di questo tipo di manifestazioni. Ad esempio, con degli stand virtuali accessibili da web, che affiancano gli stand fisici presenti all’interno del magazzino. In modo che chiunque, dal proprio pc o smartphone, possa dialogare con i ricercatori su varie tematiche scientifiche.
Non poteva mancare lo stand dell’INAF in cui è stato possibile ammirare “dal vivo” un bellissimo modellino in scala dell’Extremely Large Telescope realizzato dai ricercatori dell’Osservatorio Astronomico di Trieste utilizzando più di 6000 mattoncini Lego. A fianco a tale opera di pazienza e ingegno è possibile, grazie alla tecnologia virtuale, esplorare e visitare alcuni osservatori astronomici come ad esempio l’Osservatorio di Padova o il Telescopio Nazionale Galileo, entrando nei vari ambienti e ascoltando storie e aneddoti dei luoghi che hanno fatto grande l’astronomia italiana e che ancora oggi fanno del nostro Paese uno dei leader mondiali in questo campo di ricerca. Anche qui una delle cose che colpisce e lascia sbalorditi, parlando con il pubblico presente, è la difficoltà nel comunicare con le persone a causa delle mascherine. In questo frangente mi rendo conto quanto questi oggetti, purtroppo diventati parte della nostra quotidianità e fondamentali per la nostra sicurezza, nascondono tutte quelle bellissime espressioni facciali che rendono la nostra comunicazione efficace e dinamica. Questa difficoltà sicuramente ci spinge a diventare comunicatori migliori trovando strumenti e metodi nuovi e più funzionali.
L’impegno dell’INAF per ESOF non si è limitato solo allo stand. Basta lasciare il porto antico e recarsi in piazza Unità d’Italia per giocare, insieme agli astronomi dell’Osservatorio di Trieste, a Scienziopolis un bellissimo gioco di collaborazione rivolto a bambini e ragazzi dove i giovani giocatori si trasformano nelle pedine di un grande tabellone e rispondono a domande di tecnologia, energia, spazio, terra, storia e arte. L’obiettivo di questo grande gioco dell’oca è quello di costruire una rete di conoscenza che unisca i vari enti di ricerca: quando una squadra stabilisce una collaborazione con un centro di ricerca ne riceve il badge, continuando così a costruire collaborazioni e unioni. Anche in questo caso, si è cercato il più possibile di mantenere le distanze limitando al minimo i contatti e riducendo il numero dei partecipanti. Nonostante ciò i giovani ricercatori non si sono tirati indietro e si sono messi letteralmente in gioco divertendosi e giocando con il mondo della ricerca.
Lasciando piazza Unità d’Italia e recandosi verso il Magazzino delle Idee si raggiunge la mostra Xtreme. Vivere in ambienti estremi, inaugurata qualche giorno prima dell’inizio di ESOF e che si estenderà fino all’11 ottobre. La mostra mette in relazione l’Antartide, il mondo sotterraneo delle grotte e l’astrobiologia. Il tutto unito dall’affascinante filo rosso della sopravvivenza di varie forme di vita in ambienti estremi. Anche in questo caso, come ormai succede spesso, all’ingresso è necessario lasciare le proprie generalità e firmare un’autocertificazione. Lo stress della procedura lascia subito il posto alla bellezza degli ambienti ipogei con i loro cristalli dai mille colori e allo stupore di come la vita sia in grado di adattarsi e sopravvivere in luoghi apparentemente inospitali, dove mai ci si sarebbe immaginati di trovare qualsiasi tipo di essere vivente. L’esposizione prosegue in tre ambienti legati allo spazio, all’Antartide, e alla biosfera ipogea, tre temi di forte impatto sul pubblico, apparentemente slegati tra loro, ma che negli ultimi decenni hanno rivelato essere strettamente interconnessi. La mostra si apre con una timeline che illustra l’evoluzione delle tre discipline a partire dalla metà del ‘600, con l’ipotesi di Kircher sul corso sotterraneo del Timavo per arrivare fino ai giorni nostri soffermandosi sulle grandi missioni di esplorazione spaziale e non solo. Si prosegue tra le storie che legano queste discipline: dall’addestramento degli astronauti italiani nelle grotte della Sardegna e della Slovenia, alle tecnologie di sopravvivenza che rimbalzano dalla ricerca antartica a quella spaziale, alle ipotesi di colonie spaziali all’interno di cavità naturali sulla Luna e Marte, visitabili tramite grandi tappeti “animati” dalla realtà aumentata, alla ricerca sugli organismi che vivono sulla Terra in ambienti molto particolari, il cui studio ci aiuta a immaginare gli organismi viventi di altri pianeti. Un punto di vista che, nonostante le restrizioni attuali, ci mostra come la vita sia sempre in grado di trovare soluzioni ad ogni situazione sviluppandosi anche in ambienti apparentemente inospitali.
Infine l’INAF di Trieste, presso il palazzo Gopcevich, ha presentato un viaggio virtuale tra le meraviglie del Cosmo che ci circonda. Un’esperienza immersiva, ancora una volta in realtà virtuale, alla scoperta della sfera celeste, delle stelle e dei pianeti che ci circondano. Anche in questo caso il distanziamento, la sanificazione e l’utilizzo di dispositivi di protezione sono fondamentali, ma dopo aver indossato i visori 3D è possibile lasciarsi alle spalle problemi e preoccupazioni e iniziare a viaggiare alla scoperta delle meraviglie che il cielo ci propone. Il viaggio parte da piazza Unità d’Italia, la piazza centrale di Trieste dove i ricercatori dell’INAF mostrano le caratteristiche del cielo che ci circonda per poi lasciare la città e spostarsi verso la Stazione Osservativa di Basovizza. Da qui si lascia il nostro piccolo pianeta blu per esplorare il Sistema Solare fino ad arrivare ai confini della nostra Galassia e quindi ritornare sulla Terra, sulle Ande cilene, dove si trovano i più grandi telescopi al mondo in grado di investigare i segreti del cosmo.
Tutte queste attività ci mostrano come, nonostante le restrizioni, il distanziamento sociale e tutte le altre regole fondamentali per tutelare la nostra salute e quella degli altri, la voglia di incontrarsi, parlare e -soprattutto- imparare e scoprire possano ancora trovare risposta nella visita di una mostra.
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