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Nell’ottica di una fotocamera digitale

Un'esperienza per capire meglio la luce, tra lenti, CCD, pixel, risoluzione e altri concetti legati all'ottica e alle immagini digitali

Aggiornato il 11 Aprile 2022

Descrizione breve

In questa scheda presentiamo un laboratorio didattico che, con una semplice applicazione delle leggi dell’ottica geometrica, consente di calcolare con buona approssimazione le dimensioni dei sensori di luce contenuti nel cuore delle macchine fotografiche digitali e dei loro minuscoli pixel.

Obiettivi

  • Introduzione all’ottica geometrica e formazione delle immagini con lenti convesse.
  • Misure e incertezze.
  • Introduzione ai sensori di luce a stato solido (CCD).
  • Applicazione di leggi fisiche per derivare informazioni su strumenti di uso comune.

Valutazione

Il laboratorio proposto include un esercizio di misura ed elaborazione algebrica di dati, che fornisce gli elementi per la stesura di una relazione dell’esperienza e quindi di valutazione del lavoro svolto, da integrare con una discussione dei risultati e loro interpretazione.

Materiali

Informazioni preliminari

La tecnologia moderna ci consente ormai di acchiappare la luce “con una mano” e mettercela in tasca! Basta avere un telefonino dotato di fotocamera digitale. Questa “magia” si realizza combinando le leggi dell’ottica con quelle dei materiali semiconduttori: la fotocamera è infatti costituita essenzialmente da un obiettivo fotografico e un sensore di luce.

L’obiettivo di una fotocamera digitale funziona praticamente come una lente convessa. In realtà, all’interno di una macchina fotografica di lenti ce ne sono tante, ma in pratica l’obiettivo può essere schematizzato come un’unica lente convessa.

La lente raccoglie una frazione dei raggi di luce che provengono dalla sorgente (oggetto), li piega e li fa convergere verso un punto chiamato fuoco della lente, oltre il quale i raggi si sparpagliano nuovamente fino a cadere sul sensore (uno schermo, una pellicola di macchina fotografica o semplicemente un occhio), sul quale si forma l’immagine. Per funzionare, occorrono però alcuni accorgimenti: il soggetto non può stare troppo vicino alla lente e il sensore deve essere posto a una distanza ben precisa dall’altra parte della lente. La distanza minima dalla lente a cui deve stare il soggetto si chiama lunghezza focale e la distanza del sensore deve essere calcolata con una formula nota come Legge delle lenti sottili.

Sapendo ciò, possiamo utilizzare le leggi dell’ottica geometrica per capire un’altra cosa: che dimensioni ha il sensore di luce che sta dentro una fotocamera digitale? E i famosi milioni di pixel, di cui è composta un’immagine digitale, quanto sono grandi?

Prerequisiti

  • Elementi sulla natura della luce e sulla sua propagazione.
  • Elementi di geometria cartesiana.
  • Elementi di teoria della misura.

Descrizione completa

Questa esperienza si presta come applicazione pratica dell’equazione delle lenti sottili, che si incontra affrontando il tema dell’ottica geometrica nel curriculum di fisica delle scuole superiori. Il modo più semplice, ma astratto, di ricavarla è tramite considerazioni di geometria cartesiana (vedi Figura 1): dati un segmento che rappresenta l’oggetto e una lente concava (convergente) di lunghezza focale nota, è possibile stabilire la distanza a cui si forma l’immagine (rovesciata) e ricavare una relazione tra questa, la distanza dell’oggetto dalla lente e la sua lunghezza focale.

equazione_lenti_sottili

schema_lenti_sottili_300dpi

ingrandimento

Figura 1. In alto: equazione delle lenti sottili. Al centro: schema geometrico della formazione di un’immagine tramite una lente convergente, e definizione delle variabili in gioco nell’equazione. In basso: formula per calcolare il potere di ingrandimento di una lente.

Lo scopo dell’esperienza è applicare queste formule al caso delle macchine fotografiche. Il soggetto/oggetto dell’immagine viene inquadrato con un obiettivo – che ai nostri scopi può essere definito come una singola lente convergente – il quale focalizza l’immagine su un sensore. Le vecchie macchine analogiche utilizzavano come sensore una pellicola fotografica, sensibile alla luce tramite processi fotochimici. La pellicola era suddivisa in fotogrammi, che avevano dimensioni di 24 mm x 36 mm, e queste erano le dimensioni massime di un’immagine. Le moderne fotocamere digitali sono molto più compatte, hanno obiettivi con una lunghezza focale relativamente più corta (Figura 2), e producono immagini più piccole che vengono registrate su sensori chiamati Charge Coupled Device (CCD), che hanno preso il posto della pellicola. Il sensore è costituito da una griglia di elementi sensibili alla luce, tipicamente realizzati con un semiconduttore, come il silicio; ciascuno di essi è un pixel dell’immagine. Il fotogramma è quindi registrato su una griglia di milioni di pixel (il numero di Megapixel),  di piccolissime dimensioni.

obiettivo50mm-2Obiettivo 5-100mm

Figura 2. A sinistra l’obiettivo di una vecchia (e impolverata) macchina fotografica analogica, con lunghezza focale di 50 mm. A destra l’obiettivo di una fotocamera digitale, la cui lunghezza focale può essere regolata da un minimo di 5mm (grandangolare) a un massimo di 100mm (teleobiettivo).

L’esercizio consiste nel ricavare le dimensioni del sensore CCD di una fotocamera digitale tramite alcune semplici misure lineari e l’applicazione delle leggi dell’ottica geometrica.

Procedura

  • Munitevi di una fotocamera digitale di cui conoscete la lunghezza focale dell’obiettivo e il numero di Megapixel delle foto prodotte.
  • Inquadrate il soggetto ponendovi ad una distanza tale che l’immagine occupi l’intero campo di vista in verticale.
    (Un esempio di misura, realizzata per un laboratorio del Piano Lauree Scientifiche – Fisica dell’Università di Palermo, è inserito in questa presentazione dell’attività).
  • Misurate la dimensione del soggetto (altezza) e la distanza dall’obiettivo.
  • Calcolate la distanza a cui si forma l’immagine dietro l’obiettivo tramite l’equazione delle lenti
    sottili (Figura 1 in alto), l’ingrandimento (Figura 1 in basso), e quindi la dimensione dell’immagine sul rivelatore (ovvero la sua dimensione verticale).
  • Conoscendo il numero di pixel che formano l’immagine, calcolate la loro dimensione.

Per rendere l’esercizio più completo, le misure dovrebbero essere prese in sequenza da diversi studenti, che potranno metterle in tabella (vedi traccia della relazione dell’esperienza), valutare medie e deviazioni standard e quindi le incertezze sulle dimensioni ricavate.

Riferimenti al curriculum scolastico

  • Matematica
    • Geometria euclidea, triangoli simili, angoli opposti
  • Fisica
    • Proprietà della luce, ottica geometrica, semiconduttori
  • Scienze
    • Immagini fotografiche, rapporti di scala

Informazioni aggiuntive

Nella breve presentazione dell’attività inclusa in questa scheda viene illustrata questa relazione (Legge delle lenti sottili) e il modo di derivare il fattore di ingrandimento o riduzione delle dimensioni dell’immagine rispetto a quelle dell’oggetto originale. La dimostrazione, basata sul concetto dei “tre raggi principali”, che collegano l’oggetto con l’immagine, è reperibile in qualsiasi testo elementare di ottica geometrica. Una prova sperimentale di questa legge, quindi più concreta, può essere realizzata con l’uso appropriato di una lente d’ingrandimento.

Il modulo può essere arricchito entrando nel dettaglio del fenomeno della rifrazione che si verifica quando la luce attraversa il vetro della lente. Si può inoltre utilizzare come punto di partenza per elementi di fisica dei materiali semiconduttori, o elementi di tecnologia dei sensori fotografici.

Conclusioni

Tramite questo modulo didattico, gli alunni potranno comprendere l’utilità di utilizzare leggi fisiche per derivare informazioni su oggetti di uso comune. L’esercizio rende inoltre più comprensibile e concreta la Legge delle lenti sottili.

Approfondimenti