Scoperte Pillole

Sagittarius A*: il gigante al centro della Galassia

Un breve viaggio nei pressi di Sagitarius A*, il buco nero supermassiccio al centro della nostra galassia, la Via Lattea

Aggiornato il 6 Ottobre 2020

I conigli sono degli animali estremamente prolifici, quasi leggendari nel loro tasso di riproduzione, tanto che Leonardo Fibonacci proprio grazie a questi simpatici roditori scoprì la serie che oggi porta il suo nome: 1 1 2 3 5 8 13 21 e così via, e dove ogni numero è la somma dei due precedenti.
È però stupefacente notare quanto sia pervasiva all’interno della natura questa serie numerica: possiamo ritrovarla, per esempio, nella disposizione dei semi dei girasoli (1)Vogel H. (1979). A better way to construct the sunflower head, Mathematical Biosciences, 44 (3-4) 179-189. doi:10.1016/0025-5564(79)90080-4, nella struttura dei carapaci delle tartarughe, nelle spirali delle conchiglie. O, ancora, nelle galassie a spirale (2)Mack D.R. (1990). The magical Fibonacci number, IEEE Potentials, 9 (3) 34-35. doi:10.1109/45.101398.
La materia galattica, infatti, ruota intorno al suo centro realizzando, spesso, delle strutture spiraleggianti, bracci di materiale solido e gassoso che prendono delle forme descrivibili proprio grazie alla serie di Fibonacci mentre cadono verso il centro, fagocitate lentamente da un oggetto apparentemente assurdo ma assolutamente reale che porta il nome di buco nero supermassiccio. All’interno di ogni galassia a spirale (3)Antonucci R. (1993). Unified Models for Active Galactic Nucle and Quasars, Annual Review of Astronomy and Astrophysics, 31 (1) 473-521. doi:10.1146/annurev.aa.31.090193.002353 si trova proprio un buco nero, che al tempo stesso rappresenta il motivo dell’esistenza (4)Ferrarese L. (2000). A Fundamental Relation between Supermassive Black Holes and Their Host Galaxies, The Astrophysical Journal, 539 (1) L9-L12. doi:10.1086/312838 e il destino ultimo di strutture come la nostra Via Lattea, al cui centro si trova Sagittarius A* (5)Hamaus N., Paumard T., Müller T., Gillessen S., Eisenhauer F., Trippe S. & Genzel R. (2009). Prospects for testing the nature of Sgr A*’s near-infrared flares on the basis of current very large telescope – and future very large telescope interferometer – observations, The Astrophysical Journal, 692 (1) 902-916. doi:10.1088/0004-637X/692/1/902.

Sagittarius A*: immagine presa dal telescopio Chandra via commons

Quasi nulla sfugge dall’orizzonte degli eventi di questo mostro cosmico: immaginate la materia mentre, strato dopo strato, cade al suo interno, scomposta nei suoi costituenti fondamentali, e l’unica traccia di questo pasto è una semplice, piccola radiazione (6)Hawking S.W. (1974). Black hole explosions?, Nature, 248 (5443) 30-31. doi:10.1038/248030a0, un leggero calore che riesce a sfuggire, la prova di una digestione millenaria. Questa radiazione, però, è estremamente piccola per poter essere rilevata direttamente, così ciò che si osserva prima sono i segni della scomposizione della materia, le radiazioni infrarosse e radio emesse da gas e polveri mentre vengono inesorabilmente catturati dall’attrazione di Sagittarius A*. Come nel caso del timelapse che segue, realizzato con immagini prese dal satellite Chandra nel corso di un decennio (7)I ricercatori hanno trovato prove che la regione normalmente fioca molto vicina al buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea si è accesa con almeno due brillanti esplosioni negli ultimi cento anni. Queste immagini provengono da uno studio delle osservazioni di Chandra raccolte in dodici anni e mostrano rapide variazioni nell’emissione di raggi X da nubi di gas che circondano il buco nero supermassiccio. Il fenomeno, noto come “eco della luce”, offre agli astronomi l’opportunità di mettere insieme ciò che oggetti come Sgr A* stavano facendo molto prima che i telescopi a raggi X li osservassero.
Dalla didascalia del timelapse.
Credit: NASA / CXC / A. Hobart
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Note

Note
1 Vogel H. (1979). A better way to construct the sunflower head, Mathematical Biosciences, 44 (3-4) 179-189. doi:10.1016/0025-5564(79)90080-4
2 Mack D.R. (1990). The magical Fibonacci number, IEEE Potentials, 9 (3) 34-35. doi:10.1109/45.101398
3 Antonucci R. (1993). Unified Models for Active Galactic Nucle and Quasars, Annual Review of Astronomy and Astrophysics, 31 (1) 473-521. doi:10.1146/annurev.aa.31.090193.002353
4 Ferrarese L. (2000). A Fundamental Relation between Supermassive Black Holes and Their Host Galaxies, The Astrophysical Journal, 539 (1) L9-L12. doi:10.1086/312838
5 Hamaus N., Paumard T., Müller T., Gillessen S., Eisenhauer F., Trippe S. & Genzel R. (2009). Prospects for testing the nature of Sgr A*’s near-infrared flares on the basis of current very large telescope – and future very large telescope interferometer – observations, The Astrophysical Journal, 692 (1) 902-916. doi:10.1088/0004-637X/692/1/902
6 Hawking S.W. (1974). Black hole explosions?, Nature, 248 (5443) 30-31. doi:10.1038/248030a0
7 I ricercatori hanno trovato prove che la regione normalmente fioca molto vicina al buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea si è accesa con almeno due brillanti esplosioni negli ultimi cento anni. Queste immagini provengono da uno studio delle osservazioni di Chandra raccolte in dodici anni e mostrano rapide variazioni nell’emissione di raggi X da nubi di gas che circondano il buco nero supermassiccio. Il fenomeno, noto come “eco della luce”, offre agli astronomi l’opportunità di mettere insieme ciò che oggetti come Sgr A* stavano facendo molto prima che i telescopi a raggi X li osservassero.
Dalla didascalia del timelapse.
Credit: NASA / CXC / A. Hobart

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Scritto da

Gianluigi Filippelli Gianluigi Filippelli

Ha conseguito laurea e dottorato in fisica presso l’Università della Calabria. Tra i suoi interessi, la divulgazione della scienza (fisica e matematica), attraverso i due blog DropSea (in italiano) e Doc Madhattan (in inglese). Collabora da diversi anni al portale di critica fumettistica Lo Spazio Bianco, dove si occupa, tra gli altri argomenti, di fumetto disneyano, supereroistico e ovviamente scientifico. Last but not least, è wikipediano.

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