Aggiornato il 8 Febbraio 2021
La ripresa dei pianeti è un’impresa tutt’altro che semplice. Sebbene siano infinitamente più vicini rispetto alle meraviglie del cielo “profondo” e anche molto luminosi, tanto da poter essere individuati con estrema facilità anche dai cieli inquinati delle nostre città , restano oggetti dal diametro apparente davvero piccolo. Marte in particolare è un pianeta ostico a causa delle sue modeste dimensioni, ma che può regalare belle soddisfazioni se sappiamo approfittare degli “incontri ravvicinati” che il pianeta rosso ha periodicamente con la Terra.
Il telescopio
Va bene qualsiasi telescopio per fotografare i pianeti? Sì e no! Con un rifrattore da 400 mm di focale con rapporto focale f/5, non possiamo pensare di ottenere un’immagine molto dettagliata del disco planetario: molto più adatto allo scopo sarà un riflettore da 1200 mm di focale o ancor meglio uno Schmidt-Cassegrain da 1500 mm di focale. In generale maggiore sarà la focale nativa del telescopio maggiore sarà l’ingrandimento ottenibile. Quindi per telescopi a corta focale è tutto perduto? Non proprio! In ogni caso infatti, possiamo avvalerci dell’ausilio della lente di Barlow, una sorta di moltiplicatore che farà aumentare la lunghezza focale di ripresa. Per iniziare a registrare qualche dettaglio interessante è opportuno raggiungere almeno la focale di 2000 mm. In commercio ne esistono tantissime, 2x, 3x o addirittura 5x in base al fattore moltiplicativo. Per evitare fastidiosissime aberrazioni cromatiche, che vanificherebbero i nostri sforzi, bisognerà optare per modelli ED o meglio apocromatiche. Quale scegliere? Il discorso non è semplicissimo, l’ingrandimento non è tutto! Esagerando con il fattore moltiplicativo si rischia il sovra-campionamento, il che significa ottenere un’immagine “grande” ma povera di dettagli perchè abbiamo superato il potere risolutivo del nostro strumento. Al contrario una Barlow troppo piccola potrebbe farci incappare nel problema opposto, il sotto-campionamento, che causerebbe la perdita di dettagli preziosi.
Se siamo alle prime armi non fasciamoci la testa, il risultato potrebbe essere comunque sorprendente anche con una strumentazione modesta!
La camera di ripresa
Cosa altro occorre? Stavolta la reflex non ci è d’aiuto, avremo bisogno di una camera planetaria dedicata e di un pc al quale collegarla: questa volta non faremo foto ma registreremo un video! Ormai il mercato è vasto, e di camere se ne trovano diverse, anche a prezzi ragionevoli. La camera ci permetterà di acquisire moltissimi frame (anche 30 al secondo) che poi andranno mediati con un software apposito. Questo ci consentirà di abbassare il rumore digitale e mitigare il più grosso problema della ripresa planetaria: il seeing.
Per seeing si intende in sostanza la turbolenza atmosferica, sempre presente, che da un lato causa il meraviglioso scintillio delle stelle, ma che dall’altro porta a un inevitabile deterioramento delle immagini planetarie.
Le due immagini rappresentano l’effetto del seeing su due riprese di Marte: a sinistra vediamo una sostanziale assenza di particolari superficiali per via di un seeing non buono, a destra invece è possibile notare come, ad una minore turbolenza atmosferica, corrisponda una maggiore ricchezza di particolari. Mediare le immagini è di grosso aiuto, soprattutto perchè il software che utilizzeremo è in grado di eliminare automaticamente i frame peggiori, ma se ci troviamo di fronte a un seeing davvero scarso, difficilmente otterremo immagini soddisfacenti. La cosa bella della ripresa planetaria è che non risente molto dell’inquinamento luminoso, non sarà necessario portare il telescopio in montagna, nè tanto meno aspettare che l’assenza della Luna, cosa invece molto importante per la ripresa degli oggetti deepsky.
Il software
Il programma che ci viene in soccorso questa volta è RegiStax, completamente gratuito e scaricabile da qui. Una volta terminata la semplicissima fase di installazione ci troveremo davanti a questa schermata; cliccando sul pulsante Select
in alto a sinistra, dovremo indicare il percorso del file video registrato con la nostra camera.
Vedremo ora il video all’interno di una finestra e non dovremo fare altro che scegliere la giusta dimensione dell’Align-box, localizzando il pianeta all’interno del frame e facendo in modo che risulti completamente contenuto nel box di allineamento. In basso a sinistra troveremo una serie di spunte, preselezionate di default, che renderanno automatica tutta la procedura, in maniera tale da non richiedere ulteriori azioni da parte dell’utente. Con il tempo impareremo a settare i vari parametri adattandoli al tipo di ripresa e alle condizioni del seeing. A questo punto siamo pronti, non resta che cliccare sul tasto Align
. Inizierà una procedura più o meno lunga, dipendente sia dalla dimensione del file che dalla potenza del nostro pc, che ci condurrà direttamente alla fase finale: l’applicazione delle wavelet. Nel frattempo il software avrà analizzato il filmato frame per frame, scartando i peggiori e sommando quelli nei quali la turbolenza dell’atmosferica è minore.
L’immagine ottenuta sarà piuttosto morbida, poco contrastata. Agendo sulle leve delle wavelet riusciremo ad evidenziare, partendo dall’alto verso il basso, dettagli via via maggiori. Questa procedura va fatta con calma e senza esagerare, evitando di far apparire artefatti sul disco planetario.
Il programma consente, inoltre, tutta una serie di aggiustamenti: la regolazione della saturazione, il bilanciamento dei canali RGB, la riduzione del rumore e la gestione della luminosità e del contrasto. Insomma tutto ciò che occorre per correggere eventuali imperfezioni dell’immagine. Una volta apportate tutte le modifiche, potrete salvare il file, scegliendo il formato più opportuno.
Questo è il mio risultato ottenuto con telescopio newtoniano 150/750, su montatura motorizzata di tipo equatoriale, con Barlow 3x (per una focale equivalente di 2250 mm) e camera CCD Sky imager 3.
A questo punto non mi resta che augurare buon seeing a tutti!!!
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