Aggiornato il 1 Aprile 2020
L’astronomia è decisamente una scienza strana. Eh sì, perché contrariamente a quello che si potrebbe pensare, non è vero che gli oggetti a noi più vicini siano sempre i più esplorati. Prendiamo il Sole, ad esempio. Ad appena otto minuti luce da noi, potremmo supporre che ormai sia completamente conosciuto. E invece no: di fatto, la nostra stessa stella è ancora contornata – potremmo dire – da una serie di piccoli e grandi misteri scientifici, che attendono ancora compiuta articolazione, e convincente soluzione.
Osservate questa sequenza di immagini del nostro amato Sole. Tutte le istantanee sono state acquisite nella stessa giornata, il giorno 27 del mese di ottobre, per la precisione. Ma mentre la prima “fettina” di Sole ci viene restituita in luce “bianca” (ovvero, nel modo in cui lo vedrebbe un occhio umano), tutte le altre sono acquisite in bande ultraviolette estreme, ovvero nella regione più energetica dello spettro, rispetto alla banda ottica. Sono anche disposte in bell’ordine secondo una scala di temperatura, crescente verso destra : la prima è su una temperatura di circa 6000 gradi, mentre l’ultima arriva a ben 10 milioni di gradi.
Una prima cosa che si può notare, ad un esame abbastanza puntuale, è che ogni immagine ci regala in realtà dei particolari diversi. Possiamo dire che ogni intervallo in lunghezza d’onda trasporta e rivela informazioni relative a diversi processi che stanno avvenendo sulla superficie solare (e al di sotto). E’ appena un accenno in scala ridotta dell’astronomia cosiddetta multi-messenger che si sta rivelando come approccio estremamente fecondo nella comprensione “a tutto campo” dei fenomeni celesti. Potremmo dire, in parole semplici, che occorre avere “occhi” per ogni specifica radiazione, sensori per ogni specifico “segnale”, per sperare di ricostruire un quadro completo e compiuto, di quanto stiamo osservando.
L’altra cosa, naturalmente, è l’ampio intervallo di temperatura in cui è capace di “splendere” il Sole. Arriviamo a dieci milioni di gradi, come abbiamo visto. E questo, per di più, accade nell’alta atmosfera solare, dunque molto più calda dei circa seimila gradi della base della fotosfera (da dove si originano i fotoni che arrivano fino a noi). Sì, avete letto bene: da seimila a dieci milioni di gradi, procedendo dalla “superficie” all’atmosfera solare! E’ una faccenda che ha dato ben più di qualche grattacapo ai fisici solari, per diversi anni, ma forse proprio adesso – grazie anche a dati precisi e dettagliati come questi – sta arrivando verso una sua piena comprensione.
Salve! Come mai la temperatura salendo verso l’esterno (dunque andando sempre più lontano dal nucleo centrale) aumenti di temperatura e non il contrario?
Cara Alessia,
grazie per la domanda, che mette l’accento proprio su uno dei “rompicapo” più grandi della fisica solare!
Questo è esattamente uno dei due problemi (l’altro è la quantità “anomala” di neutrini solari che arrivano a Terra, ormai compreso tramite il fenomeno dell’oscillazione dei “sapori” di queste particelle) che ha letteralmente attanagliato la comunità dei fisici solari per molti decenni.
Diciamo subito che, a rigor di logica, come ben dici tu, sarebbe da attendersi una diminuzione di temperatura, procedendo verso l’esterno del Sole: i meccanismi di produzione di energia (fusione nucleare) sono infatti localizzati essenzialmente verso il centro della struttura. E in effetti, per buona parte, è così: la temperature centrale del Sole è di decine di milioni di gradi, per poi scendere progressivamente, procedendo verso l’esterno, fino ad attestarsi, sulla superficie dove vengono “rilasciati” i fotoni che ci permettono di vedere (“fotosfera”), a circa 6000 gradi Kelvin, ovvero la temperatura corrispondente, in buona sostanza, alle lunghezze d’onda del visibile.
Fin qui, tutto a posto, potremmo dire: tutto come atteso.
Il bello viene quando si passa dalla fotosfera alla parte ancora più esterna, detta “corona solare”. Le temperature nella corona infatti possono raggiungere e superare il milione di gradi! Evidentemente (e questo è il punto cruciale), queste altissime temperature indicano che è in gioco qualche altro fenomeno, oltre la trasmissione del calore prodotto all’interno, e trasmesso fino alla fotosfera.
Un articolo “di rassegna” relativamente moderno, ancora riconosce la portata enorme del problema:
http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/asna.200710803/full
Il problema, te lo dico subito, è lungi dall’essere compiutamente compreso. Tuttavia si è abbastanza confidenti, ad oggi, che il riscaldamento sia dovuto a moti turbolenti a livello più superficiale. Un meccanismo tra quelli proposti, vede il riscaldamento come il prodotto di onde (acustiche, o idrodinamiche) prodotte nelle zone più interne, che si propagano verso gli strati esterni rilasciando lì la loro energia. Un altro meccanismo ipotizzato vede come protagonista il campo magnetico, che intrappola una grande quantità di energia poi rilasciati in “sbuffi” improvvisi quali i brillamenti solari.
Per essere del tutto sinceri, la ricerca è ancora in corso, perché questi meccanismi qui appena delineati, non convincono del tutto gli studiosi: in particolare, sembra che debbano rilasciare energia PRIMA di poter arrivare veramente alle altezze della corona solare. Dunque è ancora un “work in progress”, dove cose ormai chiare (il ruolo del campo magnetico e del plasma carico) si accostano a cose ancora poco comprese (la modalità esatta con cui l’energia necessaria per spiegare queste temperature viene incanalata e rilasciata in gran parte a livello della corona, e non prima).
Se vuoi un dettaglio maggiore, ti consiglio un ottimo articolo uscito su MEDIA INAF un paio di anni fa, che fa il punto sia sulle “certezze” che sulle “incertezze” di questo bizzaro fenomeno di “inversione termica”: http://www.media.inaf.it/2015/08/24/il-mistero-della-corona-solare/
Per ultimo, non ti stupisca il fatto che sia una cosa poco compresa: considera che i fenomeni che avvengono nello strato superficiale del Sole (e delle stelle, in generale) per la loro intrinseca complessità nella modellizzazione (si parla di plasma immerso in campi magnetici intensissimi), sono assai più ardui alla comprensione dello stesso nucleo stellare, relativamente più facile a capirsi, una volta noti i meccanismi della fusione nucleare.
Un caro saluto,
Marco