Aggiornato il 28 Novembre 2024
Durante una passeggiata notturna, di ritorno dalla fornace di famiglia, Antonino, padre di Giovanni Virginio Schiaparelli, prese in braccio il suo giovane figlio e iniziò a raccontargli le costellazioni. Così Giovanni racconta ai posteri quell’avvenimento:
Questo è il primo incontro del grande astronomo piemontese con la vastità del cielo.
Giovanni Virginio Schiaparelli nacque a Savigliano, in provincia di Cuneo, il 14 marzo del 1835. All’età di 19 anni si laureò in ingegneria idraulica e architettura presso l’Università di Torino iniziando, fin da subito, a lavorare come insegnante di matematica presso un Ginnasio torinese. Grazie all’intervento di Quintino Sella e Luigi Federico Menabrea, nel 1857, Schiaparelli riuscì a ottenere una borsa di studio a Berlino dove seguì vari corsi appassionandosi in particolare all’astronomia. Dopo un soggiorno a San Pietroburgo, per approfondire le sue conoscenze astronomiche, ritornò in Italia come secondo astronomo presso l’Osservatorio Astronomico di Brera. Con questo incarico, il governo piemontese intendeva sia fornire nuova linfa in un’istituzione scientifica ormai in declino, che inserire una persona di fiducia in una posizione chiave della vita culturale della città lombarda. Schiaparelli giunse a Milano nel 1860 e alla morte del direttore Carlini, avvenuta nel 1862, ne prese il posto. In questa nuova posizione il giovane Schiaparelli si adoperò per risollevare le sorti dell’osservatorio braidense cercando di ottenere nuovo personale e di ammodernare la strumentazione astronomica della cui inadeguatezza si era immediatamente reso conto. Nel 1861 usando un settore equatoriale di Sisson, che risaliva al 1774, Schiaparelli scoprì un nuovo asteroide che chiamò Esperia, nome con cui gli antichi greci chiamavano l’Italia. Grazie a questa scoperta Schiaparelli mostrò l’abilità e la meticolosità di Schiaparelli. Così, nel dicembre dell’anno successivo, il governo concesse al grande astronomo un finanziamento di 19400 lire per l’acquisto di un telescopio Merz da 21,8 cm di apertura. Con il nuovo strumento Schiaparelli si dedicò all’osservazione di comete, asteroidi, pianeti del Sistema Solare e misurazioni micrometriche di sistemi stellari binari.
Le osservazioni di Marte
La fama di Schiaparelli è riconosciuta a livello mondiale grazie ai suoi studi sul pianeta Marte. Le osservazioni del pianeta rosso iniziarono, in maniera piuttosto casuale, il 23 agosto 1877. Infatti, la pagina del diario delle osservazioni di quel giorno inizia con l’annotazione: “Colle stelle doppie niente vi è da fare“, e prosegue con l’osservazione dei tempi delle varie fasi di un’eclissi totale di Luna che si verificava proprio quella notte. Nei tempi morti di questo lavoro egli puntò il telescopio su Marte, di cui scrive: “Marte giallo, si vede bene calotta australe“, allegando anche due disegni del pianeta appena abbozzati. Da questa prima osservazione probabilmente Schiaparelli si rese conto che il suo nuovo strumento gli permetteva di vedere dettagli della superficie marziana che non comparivano nei disegni pubblicati fino ad allora e decise così di intraprendere un’esplorazione della superficie marziana. Lo fece con la mentalità sistematica di un ingegnere disegnando accuratamente, notte dopo notte, le diverse zone della superficie del pianeta e componendole con un sistema analogo ai metodi topografici usati per la cartografia terrestre. Schiaparelli aveva identificato sulla superficie di Marte 62 particolari facilmente identificabili e, tramite una serie di calcoli prospettici, aveva potuto assegnare a queste formazioni valori di longitudine e latitudine. Questi punti costituivano una griglia di riferimento a cui poteva ancorare tutte le osservazioni successive permettendogli di realizzare il primo planisfero completo della superficie del pianeta. La mappa fu pubblicata in una memoria di 136 pagine, la prima di una serie di sette, pubblicate per l’Accademia dei Lincei, che Schiaparelli preparò in occasione di ognuna delle opposizioni successive del pianeta.
Negli anni successivi le osservazioni si arricchirono con un fenomeno inatteso. Alcuni canali, che nel 1877 gli apparivano come una linea semplice, si vedono ora sdoppiati in due strette linee scure e parallele. Tale fenomeno, che Schiaparelli battezzò “geminazione dei canali“, si rivelò, qualche decennio dopo, solo frutto di illusioni ottiche. Marte, un territorio inesplorato e lontano nei cieli, sul quale si erano concentrate le attenzioni degli astronomi di tutto il mondo, attira anche la curiosità e la fantasia della gente comune. Come non pensare che il pianeta potesse essere abitato, quando le nuove mappe di Schiaparelli, il principe degli osservatori di Marte, mostrano un mondo tanto simile alla Terra? Può Schiaparelli sottrarsi a questo lato della faccenda che si fa ancora più intrigante da quando il termine canali viene tradotto in inglese con canals? Canals è il termine che indica manufatti umani artificiali come il canale di Suez e quello di Panama, diverso da channels, cioè i canali naturali, come il canale di Sardegna o il canale della Manica. Quando gli astronomi di tutto il mondo sostengono l’esistenza dei Canali di Marte, in modo implicito sembrano sostenere l’esistenza di una complessa rete di canali di irrigazione, probabilmente realizzata da una qualche civiltà aliena, dai “Marziani”! Allora altri scritti di Schiaparelli appaiono su riviste di larga diffusione, dove l’astronomo sale sull’Ippogrifo della fantasia e si abbandona a considerazioni che mai avrebbero potuto trovare spazio in un contesto accademico: “Marte diventa così il paradiso degli idraulici!“; passando poi a un ordine più elevato d’idee e immaginando una forma politica nel governo del pianeta, Schiaparelli pensa che Marte possa diventare anche il paradiso dei socialisti. Il viaggio fantastico di Schiaparelli si conclude lasciando al caro lettore, ogni ulteriore considerazione: “Io scendo dall’Ippogrifo; tu, se ti aggrada, puoi continuare la volata.” Salvo annotare a mano “Semel in anno licet insanire”, una volta all’anno è lecito uscir di senno!
Col passare degli anni, Schiaparelli si convinse che le strutture della superficie di Marte, a partire dalle calotte polari ricoperte di neve che poteva sciogliersi e riformarsi, presentavano una evoluzione continua che registrò con cura e precisione notte dopo notte. Pochi mesi prima della sua morte, avvenuta a Milano il 4 luglio 1910, venne pubblicata l’ultima delle Memorie per i Lincei, che confermò Marte come un pianeta “mutevole” e si conclude con il suo auspicio secondo cui la fotografia astronomica potrà , in un futuro, aiutare a comprendere meglio i fenomeni che avvengono sul pianeta rosso. A partire dagli anni ’90 dell’Ottocento la vista di Schiaparelli iniziò progressivamente a indebolirsi, rendendo sempre più difficile la sua attività osservativa. Questo fatto, siamo nel 1900, insieme all’avanzare dell’età , lo portarono alla richiesta di pensionamento. Era ormai un astronomo famoso, e per l’occasione la Domenica del Corriere, la rivista settimanale del Corriere della Sera, gli dedicò la pagina di copertina, illustrata dal famoso disegnatore Achille Beltrame.
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