Aggiornato il 15 Settembre 2023
Questo mese, la nostra rubrica visita i Paesi Bassi, un piccolo paese con una forte comunità astronomica, con un’intervista a Marieke Baan, responsabile della comunicazione presso la Netherlands Research School for Astronomy. Attraverso la sua esperienza di giornalista e comunicatrice scientifica, andiamo alla scoperta delle attività per portare l’Universo sui media e nella società olandese, ma anche dei principali stereotipi e delle sfide che caratterizzano la comunicazione della scienza oggi, sia a livello nazionale che globale.
Benvenuta sulle pagine di Universo mondo, Marieke. Puoi presentarti, raccontarci di cosa di occupi e cosa ti ha portato fin qui?
Ho lavorato come giornalista per l’emittente televisiva olandese NOS prima di passare al “lato oscuroâ€, come alcuni chiamano la comunicazione scientifica. Ho studiato scienze sociali e politiche, con una specializzazione in comunicazione di massa e corsi complementari in diritto internazionale (spaziale) e psicologia di massa.
Ho lasciato il NOS dopo 12 anni perchè, come caporedattrice del dipartimento online in rapida crescita, ho iniziato a sentire la mancanza del mestiere di giornalista. Dopo un anno da giornalista freelance, nel 2005 ho deciso di candidarmi per la posizione che ora occupo presso NOVA, la collaborazione degli istituti universitari di astronomia olandesi. Cercavano qualcuno con competenze giornalistiche, un buon network nei media e “affinità †con l’astronomia. La posizione giusta al momento giusto.
Com’è andato questo ‘atterraggio’ da giornalista tra gli astronomi?
Molto bene, in realtà . Sono rimasta un po’ sorpresa che mi abbiano assunto perchè non avevo esperienza in astronomia. Dopo il liceo non avevo più fatto nulla di fisica. Ma alla fine mi sono ritrovata “in un bagno caldoâ€, come diciamo noi olandesi. Ho avuto la possibilità di frequentare le lezioni del primo anno, c’era un comitato con i rappresentanti dei quattro istituti, che forniva consulenza su questioni strategiche e aiutava anche a costruire rapidamente una rete all’interno dell’astronomia olandese. Sono ancora grata per il loro supporto. Alcuni astronomi all’inizio erano un po’ scettici per via del mio background e delle idee che avevo per la comunicazione astronomica, ma le cose sono cambiate rapidamente.
Quali sono, secondo te, i principali stereotipi e malintesi che gli scienziati hanno nei confronti dei giornalisti?
Il principale malinteso che gli scienziati hanno sui giornalisti è l’idea che si possa determinare in larga misura ciò che un giornalista produce alla fine, che si tratti di un servizio televisivo o di un articolo di giornale. Naturalmente si può chiedere un fact check prima della pubblicazione, ma non si può modificare il pezzo. I giornalisti sono liberi di fare [quello che desiderano] con le informazioni che vengono fornite loro. Ovviamente, ci sono dei trucchi e suggerimenti per assicurarsi che raccontino la storia che si vuole raccontare. A volte anche i giornalisti hanno interessi diversi. Esserne consapevoli permette di iniziare un’intervista con una preparazione migliore. Trattiamo queste cose nel media training che organizziamo per gli scienziati in diverse fasi della loro carriera.
Un secondo malinteso è che gli astronomi a volte non riescono a credere che i loro risultati non siano abbastanza interessanti da essere coperti dai media. Questo perchè il mondo dei media non può essere paragonato al mondo della scienza. In quest’ultimo contano fatti concreti e scoperte, mentre nei media sono importanti anche cose come le notizie della giornata, il giorno della settimana (mai inviare un comunicato stampa il giorno delle elezioni o di venerdì), se qualcosa è stato trattato in precedenza, e molte altre considerazioni e linee guida giornalistiche. Anche questo viene chiarito bene nel media training.
E viceversa?
Il principale malinteso dei giornalisti nei confronti degli scienziati è sopravvalutare gli scienziati. Anche i giornalisti scientifici tendono spesso a chiedere alle stesse persone di commentare una notizia scientifica. Ma in molti casi, questo scienziato non è uno specialista in quel campo specifico. Il loro pezzo potrebbe essere molto più interessante con il commento di un esperto.
Puoi parlarci della comunità astronomica nei Paesi Bassi: quanto è grande, come è organizzata, quali sono gli argomenti e i progetti principali?
L’astronomia nei Paesi Bassi non è così grande, rispetto ad esempio alla fisica o alla chimica, ma è una delle discipline più visibili nelle notizie, nella divulgazione e sui social media. NOVA rappresenta i quattro istituti delle Università di Amsterdam, Groningen, Leiden e Nijmegen. Per la radioastronomia e la scienza spaziale esistono due istituti separati: ASTRON e SRON, finanziati direttamente dall’organizzazione scientifica nazionale NWO. La società nazionale si chiama Royal Netherlands Astronomy Society (KNA). La comunità amatoriale è organizzata all’interno della Royal Netherlands Association for Meteorology and Astronomy. Gli astronomi olandesi lavorano insieme all’interno di NOVA sui grandi temi scientifici, sulla strumentazione, sulla formazione di eccellenti dottorandi e sulla comunicazione dell’astronomia a livello (inter)nazionale (attraverso il NOVA Information Center).
Come funziona il coordinamento nazionale della comunicazione astronomica?
Tutti gli istituti dispongono di personale per la divulgazione (spesso part-time o volontari) per gli open day, le serate di osservazione delle stelle e altri eventi pubblici locali o progetti scolastici. Spesso vengono coinvolti anche astronomi professionisti. La comunicazione alla stampa, la divulgazione e la didattica (per le scuole) a livello (inter)nazionale sono coordinati da NOVA.
Hai molti collaboratori?
Quando ho iniziato a lavorare al NOVA Information Center (NIC) nel 2005, ero l’unica, mi occupavo dell’ufficio stampa scientifico e della comunicazione online (web, social media). Nel corso degli anni, siamo riusciti ad espandere il NIC che ora include un addetto stampa, un coordinatore della didattica e un programmatore per il planetario. Il nostro principale progetto di didattica (quattro planetari mobili) coinvolge 25 studenti che tengono lezioni/spettacoli nelle scuole. Alcuni si occupano anche della logistica. Lavoriamo anche a stretto contatto con il personale della divulgazione degli istituti SRON e ASTRON.
Il pubblico olandese è curioso di scienza? E di astronomia?
Come in ogni paese, anche nei Paesi Bassi l’astronomia è popolare. Non solo tra il grande pubblico ma anche tra i giornalisti. Il gruppo Leiden Science Communication and Society ha esaminato la rappresentazione della fisica in cinque importanti giornali olandesi nel 2018 e 2019. I risultati mostrano che l’astronomia e l’astrofisica sono i settori di maggior spicco, con il 44% degli articoli. Sarebbe interessante scoprire quale sia l’impatto del lavoro di comunicazione dell’astronomia. Per quanto ne so, non esiste nessuna ricerca sugli effetti della comunicazione della stampa scientifica di un determinato campo sulla rappresentazione nei media. Se mai dovessi fare un dottorato di ricerca, vorrei farlo su questo argomento!
Come riuscite a suscitare interesse verso un argomento esotico come l’astronomia?
In generale la gente si entusiasma per le cose belle, come le splendide immagini dell’Universo, e per le cose più o meno incomprensibili ed esotiche come i buchi neri e le onde gravitazionali. Ovviamente è stato il telescopio spaziale Hubble a portare l’astronomia nei salotti – non ricordo di chi sia questa citazione, ma è sicuramente così.
C’è qualche “trucco†speciale che usate nelle vostre attività di comunicazione per coinvolgere pubblici diversi?
Ai giornalisti piace scrivere di astronomia, soprattutto quando si tratta di belle immagini. In un paese piccolo come il nostro è facile costruire e mantenere una rete mediatica. Ci conosciamo tutti e il confine tra giornalismo scientifico e il cosiddetto lato oscuro (gli uffici stampa) è molto più sottile di quanto spesso si percepisca. Usare valori giornalistici nella comunicazione scientifica e operare secondo principi giornalistici contribuisce a rendere il rapporto con i giornalisti scientifici molto gratificante.
Sicuramente aiuta il fatto che all’interno di NOVA abbiamo una netta separazione tra la comunicazione della scienza e altre attività di comunicazione condotte nelle università come il reclutamento degli studenti, le pubbliche relazioni e il marketing. Anche queste attività fanno parte dei dipartimenti di comunicazione, ma hanno un approccio messaggio-mezzo-pubblico completamente diverso e obiettivi diversi rispetto alla comunicazione della stampa scientifica e al coinvolgimento del pubblico.
Questo mi ricorda il tuo recente contributo al meeting annuale della European Astronomical Society 2023 intitolato: Stop reinventing science communication! (Please don’t, but also invest in building structures). Cosa intendi per ‘reinventare la comunicazione scientifica’ e cosa dovremmo fare invece?
La comunicazione scientifica sta fiorendo negli ultimi dieci anni circa. Università e istituti investono in comunicazione. Nascono nuove iniziative ovunque, sempre con le migliori intenzioni, ma spesso senza la consapevolezza dei progetti esistenti e talvolta anche senza alcuna conoscenza della ricerca e della pratica della comunicazione scientifica. Uno studio nel Regno Unito ha dimostrato che i tradizionali uffici stampa scientifici sono spesso trascurati e che i dipartimenti di comunicazione si concentrano sempre più sul marketing.
A mio parere, il lavoro degli addetti stampa scientifici dovrebbe essere considerato fondamentale: hanno la visione migliore del loro campo, sono molto ben informati, sanno dove accadono le cose interessanti, hanno una rete interna ed esterna, sanno scrivere testi chiari, comunicare e interagire con il pubblico, eccetera. Pertanto, consiglierei di collegare tutte le nuove iniziative, quando possibile, a quelle esistenti e di creare gruppi di comunicazione scientifica. àˆ più efficiente, più efficace e più sostenibile.
Questo punto che sollevi è molto importante, specialmente nell’attuale ecosistema dei media digitali in continua evoluzione. Pensando anche a queste nuove tendenze, quali ritieni siano le principali sfide della comunicazione scientifica oggi, nel tuo paese e anche a livello globale?
Penso che la sfida principale sia che le università e gli istituti prendano più seriamente la comunicazione scientifica, la aggiungano alla loro missione e strategia di comunicazione e colleghino le nuove iniziative a quelle esistenti. In secondo luogo: si dovrebbe dare sufficiente spazio agli scienziati che hanno affinità e buone idee per la comunicazione – non da soli, ma in collaborazione con i comunicatori di professione. Una terza sfida potrebbe essere il dibattito sulla qualità invece della quantità . Di più non è sempre meglio. àˆ importante valutare l’impatto della comunicazione scientifica e adattare la propria strategia quando necessario. Quando si ha una buona missione, strategia e “strutturaâ€, è tutto molto più semplice rispetto a quando progetti e iniziative sono frammentati.
Abbiamo parlato prima di malintesi tra scienziati e giornalisti, ma credi che ce ne siano anche verso i professionisti e gli studiosi di comunicazione scientifica?
La comunicazione scientifica è una professione, e la scienza della comunicazione scientifica è un campo accademico, non qualcosa che si fa “a margineâ€. La comunicazione scientifica è molto più che tenere una conferenza nella scuola del proprio figlio. àˆ un messaggio che ripeto spesso perchè gli astronomi sono testardi come qualsiasi altro scienziato.
Raccontaci di un grande progetto di comunicazione a cui hai partecipato e cosa ha contribuito a renderlo un successo…
Non saprei scegliere tra l’Anno Internazionale dell’Astronomia 2009, il primo rilevamento di onde gravitazionali da parte di LIGO/Virgo nel 2015/2016, il centenario della IAU (IAU100) nel 2019, inclusa la campagna NameExoWorlds, e la release delle prime osservazioni di JWST nel 2022. In termini di coinvolgimento del pubblico, IAU100 è stato un enorme successo, in parte grazie alla campagna NameExoWorlds: 16mila persone hanno proposto nomi per l’esopianeta e la stella “olandesi”, dopo un’enorme campagna mediatica con dozzine di articoli e interviste in TV. Nel 2019 Twitter era ancora un ottimo strumento per amplificare i messaggi. All’interno del NIC combiniamo diverse competenze e anche questo contribuisce al successo di grandi progetti. All’inizio di ogni grande progetto, il team sviluppa un piano integrato per la campagna stampa, i contenuti multimediali, i social media, mostre e attività di coinvolgimento del pubblico.
Vuoi parlarci di qualche altro dei vostri progetti in corso?
Nel 2010 abbiamo lanciato un progetto per le scuole con un planetario portatile. Nel frattempo siamo passati da una a quattro cupole e ad oggi abbiamo raggiunto quasi mezzo milione di studenti. Abbiamo analizzato i dati raccolti fin dall’inizio e abbiamo scoperto che non abbiamo raggiunto alcuni gruppi: le scuole nelle aree svantaggiate delle grandi città e le scuole nelle zone più rurali. Con alcuni finanziamenti stiamo facendo qualche ricerca aggiuntiva e abbiamo richiesto dei fondi per fare un primo passo verso un progetto più inclusivo e diversificato. Anche per quanto riguarda le notizie stiamo lavorando per espandere le nostre attività verso pubblici che non abbiamo ancora raggiunto. Stiamo esaminando in dettaglio nuovi strumenti e canali di comunicazione, ad esempio, per coinvolgere meglio i giovani.
Quali sono le parti più emozionanti e quelle più difficili del tuo lavoro?
La cosa più emozionante: essere aggiornata sulle notizie di astronomia, a volte già con mesi di anticipo. àˆ entusiasmante realizzare un piano di comunicazione con gli astronomi coinvolti, organizzare una conferenza stampa, eventi pubblici e sviluppare i materiali. La cosa più difficile: lavorare nell’ambito delle enormi collaborazioni globali che oggi spesso adottano una strategia di comunicazione centralizzata. Spesso non tengono conto delle abitudini e delle esigenze nazionali, per esempio in materia di embarghi. Questo può essere molto frustrante.
Ci sono autori, libri, personaggi importanti o eventi speciali che ti hanno influenzato durante il tuo percorso?
Da bambina ero interessata alla parte esotica del mondo e dell’Universo, principalmente ai vulcani e ai buchi neri. Questi ultimi perchè la rivista di divulgazione scientifica a cui io e i miei fratelli eravamo abbonati dedicava loro molta attenzione. Quando i miei figli erano piccoli, abitavamo accanto all’Osservatorio di Utrecht. In quel momento è iniziato il mio rinnovato interesse per l’universo. Molte persone mi hanno ispirato nel mio lavoro attuale: Ewine van Dishoeck, Gijs Nelemans, Amina Helmi, Henny Lamers, Alex de Koter, Ignas Snellen, Vincent Icke e Paul Groot, solo per citarne alcuni. Tutti astronomi con un grande cuore per la comunicazione della scienza e ottimi compagni di allenamento.
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