Continua la gestione estiva della rubrica Il cielo del mese di EduINAF, il magazine di didattica e divulgazione dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, da parte dei ricercatori e dei divulgatori dell’Osservatorio Astronomico della Regione Autonoma Valle d’Aosta. Nell’articolo di luglio abbiamo spiegato che questa estate è speciale per noi, perchè segna i vent’anni dell’entrata in attività del nostro centro di ricerca e cultura scientifica. Le prime visite guidate al pubblico furono proposte in maniera continuativa nel mese di agosto 2003. Fu un momento fatidico per studiosi e appassionati di astronomia perchè il pianeta Marte si trovò alla minima distanza orbitale dalla Terra come non capitava addirittura da circa 50.000 anni!
Chi c’era ricorda ancora il fulgore cremisi con cui il pianeta brillava in cielo in quelle caldissime notti agostane. Tantissime persone accorrevano ai telescopi per cogliere con il proprio occhio all’oculare qualche confuso dettaglio del pianeta: impresa non facile anche in quelle condizioni ideali, nonostante gli ingrandimenti, perchè si trattava comunque di osservarlo da 56 milioni di km di distanza, cioè non proprio da dietro l’angolo, e perchè Marte è intrinsecamente piccolo, avendo un diametro di meno di 6.800 km, cioè all’incirca la metà della Terra. Ma volete mettere l’emozione di vedere il pianeta rosso come nessun essere umano l’aveva mai osservato al telescopio?
Tutto questo valeva vent’anni fa, ma questo agosto che cosa ci riserva? Ebbene, stavolta la frenesia potrà riguardare la Luna, che ci regalerà una doppia Superluna, tra cui la Superluna più super di tutta l’estate, e le immancabili “lacrime di San Lorenzo”, il più noto sciame di stelle cadenti, o meglio di meteore, com’è corretto chiamarle dal punto di vista scientifico.
Se passate dalla Valle d’Aosta, permetteteci di segnalare che da giovedì 10 a domenica 13 agosto proporremo l’evento speciale à‰toiles et musique, quattro notti tra scienza e tradizione dedicate alle stelle cadenti. Osserveremo insieme il cielo aspettando il repentino passaggio delle lunghe e veloci scie delle meteore, accompagnati da musica suonata dal vivo. Nel resto del mese, dal martedì al sabato (ma non martedì 15 agosto) proponiamo spettacoli pomeridiani in Planetario e visite guidate notturne in Osservatorio Astronomico, entrambi situati a Lignan, la frazione montana del Comune di Nus che ospita la nostra struttura, nel primo Starlight Stellar Park certificato dagli astronomi di tutto il mondo e riconosciuto anche dall’UNESCO.
Anche se non siete in Valle d’Aosta, non perdete l’occasione di ammirare le bellezze della volta celeste, a cominciare dalle indicazioni che vi diamo di seguito.
Le fasi della Luna e le Superlune, al plurale!
La Luna sarà piena il 1° agosto, nella fase di ultimo quarto l’8, nuova il 16, al primo quarto il 24 e ancora piena il 31 agosto.
Quindi, per cominciare, quest’anno il mese di agosto avrà due volte la Luna piena! Com’è possibile?
In realtà non c’è nulla di strano, se ricordiamo che il ciclo delle fasi lunari è dovuto all’orbita del nostro satellite attorno alla Terra. Man mano che cambia la sua posizione, dal punto di vista terrestre possiamo vedere una porzione diversa della superficie lunare illuminata dal Sole, passando dalla Luna nuova alla Luna piena, poi di nuovo alla Luna nuova e così via. Il periodo con cui si ripetono le fasi, osservate dalla Terra, si chiama mese sinodico e dura circa 29,53 giorni (intesi come la giornata di 24 ore). Quindi, se una fase di Luna piena si verifica il primo giorno di un mese, la Luna piena successiva potrà avvenire entro la fine del medesimo mese: è proprio ciò che capita questo agosto.
A essere precisi, sappiamo che nel calendario che comunemente usiamo un anno è formato da 12 mesi (di durata tra 28 e 31 giorni), mentre le fasi lunari si susseguono in media 12,37 volte all’anno. Di conseguenza, una volta ogni 2,8 anni, uno stesso anno contiene 13 fasi di Luna piena anzichè 12, con un mese che avrà due volte la Luna piena. Si riferisce a questo fenomeno il titolo del film drammatico Un anno con 13 lune (In einem Jahr mit 13 Monden), del regista tedesco Rainer Werner Fassbinder: l’opera però non parla di astronomia, bensì di disagio esistenziale, e lo fa con scelte artistiche che scioccarono il pubblico quando uscì in sala, nel 1978, e che non hanno perso forza neppure dopo 45 anni.
Ma non abbiamo ancora finito con la Luna. Come già annunciato nel cielo del mese di luglio, questa estate ci regala una sequenza di Superlune. Con il termine Superluna (o Super Luna) si indica la fase di Luna piena che avviene quando il nostro satellite è nei pressi del perigeo, ovvero il punto dell’orbita lunare alla minima distanza dalla Terra. Ne segue che il disco lunare appare lievemente più grande come dimensione angolare e un po’ più brillante rispetto a quando la fase di Luna piena capita con il satellite più distante dalla Terra.
Ribadiamo, a scanso di equivoci, che non è qualcosa di cui ci possiamo accorgere a occhio nudo: sono variazioni quantificabili solo con strumentazione appropriata e professionale. Tuttavia, i calcoli ci permettono di anticipare ciò che può sfuggire ai sensi. Secondo l’esperto mondiale Fred Espenak, sia la prima che la seconda Luna piena d’agosto sono classificabili come Superluna, con quella del 1° agosto che avverrà con il nostro satellite a 357.530 km dalla Terra, rispetto alla distanza media di 384.400 km circa; ma quella successiva, il 31 agosto, porterà il nostro satellite ancora più vicino, a 357.344 km, risultando la Superluna più super dell’anno.
Infine, una curiosità . Nella cultura anglosassone la seconda Luna piena dello stesso mese è indicata con l’espressione Blue Moon, cioè Luna blu. La Luna piena del 31 agosto, quindi, sarà una rara combinazione: una Superluna blu! Ciò non vuol dire che apparirà di questo colore. In inglese blue indica, oltre al colore, anche un umore triste, malinconico: come quando ci si sente fuori posto. E siccome una seconda Luna piena mensile può essere considerata fuori posto rispetto a quella che è la norma per le nostre abitudini, cioè una sola Luna piena al mese, ecco spiegato, secondo alcuni studiosi, l’utilizzo dell’attributo blue in questo contesto. Non è ben chiaro quando l’espressione cominciò a essere usata, comunque divenne assai popolare dopo che fu citata nel 1946 dalla rivista statunitense Sky & Telescope, ancora oggi una delle più importanti al mondo per la divulgazione astronomica; da allora ha preso definitivamente piede per indicare la seconda Luna piena dello stesso mese.
Tra i più famosi omaggi alla Luna blu c’è la canzone Blue Moon, composta nel 1934 dagli statunitensi Richard Rodgers (musica) e Lorenz Hart (parole), anche se in questo caso l’accento è appunto sulla malinconia, piuttosto che sull’astronomia (una persona confessa alla Luna quanto soffra di solitudine, ma non rattristatevi, perchè prima della fine del brano troverà l’amore). Questo successo mondiale, interpretato dai maggiori artisti internazionali, è anche l’inno della squadra di calcio del Manchester City, che ha la casacca celeste (in inglese la sfumatura è detta sky blue); Italian Blue Moon è proprio il nome del principale club di tifosi italiani del Manchester City. Insomma, tenendo conto che in questo 2023 c’è la Superluna blu e che il club mancuniano allenato da Pep Guardiola ha appena vinto campionato, coppa nazionale e Champions League, sembra quasi che il cielo abbia tifato per i blues di Manchester!
I pianeti
Se i pianeti che insieme alla Terra costituiscono il Sistema Solare interno – Mercurio, Venere e Marte – non daranno granchè spettacolo, nel corso del mese i pianeti del Sistema Solare esterno – Giove, Saturno, Urano e Nettuno – diventeranno sempre più protagonisti del cielo notturno. Vediamo perchè.
Mercurio. Sempre difficile da osservare per la sua vicinanza al Sole, il pianeta più piccolo e veloce del Sistema Solare potrà essere scorto nella prima parte del mese, piuttosto basso nelle luci del crepuscolo serale, più o meno nella direzione in cui è tramontato il Sole. Si trova nella costellazione del Leone. Il giorno 10 raggiungerà la massima elongazione dal Sole, ma trovandosi lungo il ramo discendente (ovvero diretto verso sud) dell’eclittica, per vederlo a occhio nudo saranno favoriti gli abitanti dell’emisfero australe. Possiamo comunque tentare di scorgerlo anche alle nostre latitudini, ricordando che il pianeta è molto basso e visibile solo nel chiaro cielo crepuscolare. Nella seconda metà del mese Mercurio si renderà rapidamente invisibile, correndo verso la congiunzione inferiore col Sole del prossimo 6 settembre.
Venere. Dopo diversi mesi di ottima osservabilità , Venere cesserà di essere visibile al tramonto andando in congiunzione inferiore col Sole il giorno 13 agosto. Comparirà nuovamente verso fine agosto come astro del mattino, brillando in cielo prima dell’alba. Se vi piace alzarvi presto, non perdete l’occasione di osservarlo: infatti verso fine mese sorgerà intorno alle 5.00 del mattino, apparendo al telescopio come una falce, la fase più bella da vedere. Dalla costellazione del Leone si sposterà in quella del Cancro.
Marte. Le condizioni di osservabilità del Pianeta rosso continuano a peggiorare. A causa dei rispettivi moti orbitali, infatti, appare in cielo prospetticamente sempre più vicino al Sole, passando dalla costellazione del Leone a quella della Vergine. Di luminosità piuttosto contenuta, si perde nelle luci del crepuscolo serale verso occidente, diventando di sera in sera sempre meno visibile.
Giove. Il pianeta continua a essere meglio osservabile nelle ore antelucane, ma il periodo di osservabilità aumenta sempre più e conquista le ore centrali della notte. Infatti a inizio mese lo si vede basso verso oriente dopo l’una del mattino, mentre a fine mese comincia a essere visibile dalle ore 23.00 e verso l’alba culmina molto alto verso sud. Si trova nella costellazione dell’Ariete, passando dalla magnitudine apparente -2,4 a -2,6. Ricordiamo che in astronomia la magnitudine è la grandezza che misura quanto un corpo celeste appare brillante. Funziona più o meno come una classifica: più la magnitudine è piccola, più l’astro ha una posizione alta. Una magnitudine negativa implica che Giove sarà davvero splendente, come capita sempre per questo pianeta quando ben posizionato rispetto alla Terra, mentre compiono le rispettive rivoluzioni attorno al Sole.
Saturno. Nella costellazione dell’Acquario, passerà dalla magnitudine 0,6 alla 0,4. Sorge un paio d’ore prima di Giove e lo possiamo cercare basso a sud est dalle 22.30-23.00 a inizio mese, mentre a fine mese appare già col primo buio. Infatti il giorno 27 raggiunge l’opposizione al Sole, trovandosi così nelle migliori condizioni di osservabilità per quest’anno! Culmina, non molto alto verso sud, intorno alle ore 3.00 a inizio mese, alle ore 1.00 verso la fine.
Urano. Non molto distante da Giove in cielo (prospetticamente parlando, s’intende), si trova anch’esso nella costellazione dell’Ariete, ai confini con il Toro. Come per Giove, le sue condizioni di osservabilità vanno migliorando nel corso del mese: nel complesso, sorge una mezz’ora dopo il pianeta più grande del Sistema Solare. Seppur debolmente visibile a occhio nudo, lo si vede meglio con un binocolo, mentre al telescopio mostra il suo disco di color turchese.
Nettuno. Si trova nella costellazione dei Pesci tra la posizione di Giove e quella di Saturno; per questo, lo si può cercare con un telescopio a partire dalle ore 23.30 circa a inizio mese, e dalle 21.30 verso la fine. Apparirà come un piccolo dischetto con una sfumatura lievemente bluastra.
Sciami meteorici: le Perseidi e…
Lo sciame meteorico più intenso di agosto è anche il più famoso di tutti, le Perseidi, popolarmente dette Lacrime di San Lorenzo. Infatti in passato il picco di attività si collocava intorno al giorno di San Lorenzo, il 10 agosto, data immortalata dal componimento in cui il poeta Giovanni Pascoli ricorda l’omicidio del padre, avvenuto nella notte in cui la Terra è inondata da un pianto di stelle. Tuttavia, nel tempo il massimo dello sciame si è spostato verso il 12-13 agosto.
Proprio nella notte tra questi due giorni ci aspettiamo il picco per quest’anno, con un massimo di circa 100 meteore visibile per ora, in particolare tra la piena notte e l’alba. Il massimo, peraltro, cade in prossimità della Luna nuova, circostanza molto favorevole per l’osservazione. Se, complice il periodo vacanziero, potete stare alzati fino a tardi, questa è una buona occasione per farlo.
Le stelle cadenti non sono stelle che cadono e per questo in astronomia sono indicate con il termine “meteora”. Si tratta, nella stragrande maggioranza dei casi, di microscopici frammenti di cometa. Le Perseidi in particolare derivano dalla disintegrazione parziale del nucleo della cometa 109P/Swift-Tuttle lungo l’orbita che percorre attorno al Sole, con un periodo di circa 133 anni. Si chiamano così perchè nella costellazione di Perseo si trova il loro radiante, ovvero il punto da cui sembrano prospetticamente avere origine le traiettorie di queste meteore. Questo non significa che bisogna guardare necessariamente verso Perseo, che si trova a nord est nelle sere di agosto. Le Perseidi possono apparire in qualsiasi direzione; semplicemente, il prolungamento della loro traiettoria porta invariabilmente a Perseo. Anche se il massimo cade verso metà agosto, lo sciame è visibile praticamente tutto il mese, ma a inizio e fine agosto le meteore brillanti saranno sicuramente poche.
Può capitare che, mentre si aspetta una Perseide, si veda apparire una meteora con traiettoria completamente diversa: si tratta probabilmente di una Sud Delta Acquaride, il cui radiante, come suggerito dal nome, è nella costellazione dell’Acquario. Questo sciame ha il picco a fine luglio, perciò ne abbiamo già trattato nella precedente puntata di questa rubrica; tuttavia, la sua visibilità si estende anche alla prima metà di agosto, rendendo possibile la sovrapposizione con le Perseidi. Lo sciame è molto bello perchè le sue meteore, anche se non frequentissime, tendono a essere piuttosto luminose.
L’abbiamo già scritto che dal 10 al 13 agosto proponiamo l’evento speciale à‰toiles et musique, proprio per ammirare insieme le Perseidi e, perchè no, anche le Sud Delta Acquaridi? Vi aspettiamo a Saint-Barthèlemy, non mancate!
La costellazione del Sagittario
Attorno alle ore 21.30, nella luce del crepuscolo a sud ovest si vede il luccichio di Spica, la stella principale della Vergine. A sud occhieggia Antares, che invece è la stella principale dello Scorpione e di cui abbiamo ampiamente scritto nel cielo del mese di luglio. La costellazione dell’aracnide celeste è visibile dalla testa fino al pungiglione.
A oriente dello Scorpione troviamo il Sagittario, la costellazione zodiacale più meridionale di tutte. In latino sagitta è la freccia, quindi il Sagittario è chi scocca le frecce. Il legame tra questa costellazione e l’uso dell’arco precede però la civiltà romana. Già millenni prima gli Accadi della Mesopotamia, per esempio, associavano la costellazione all’arco, strumento per la caccia, arma di guerra, simbolo di potere e prestigio.
Nella cultura classica vi è una certa ambiguità riguardo alla figura rappresentata nella costellazione. Tradizionalmente si tramanda il disegno di un centauro, mezzo cavallo e mezzo essere umano, che appunto imbraccia un arco da cui sta per scagliare una freccia. Tuttavia il greco Eratostene identifica il Sagittario, più che con un centauro, con un satiro, cioè una persona con gambe caprine oppure equine, perchè guardando il cielo riusciva a individuare con facilità solo due zampe e non quattro; inoltre sostiene che non si è mai visto un centauro con l’arco (ci chiediamo perplessi se l’illustre astronomo e geografo avesse mai visto un centauro tout court, anche senza l’arco). Lo scrittore latino Manilio descrive la figura rappresentata da questa costellazione come mixtus equo, quindi nella versione che anche a noi pare più consueta, composta da un cavallo nella parte inferiore e da un essere umano dalla cintola in su.
Forse uno dei motivi per queste differenti attribuzioni è da ricondurre al non rutilante splendore delle stelle del Sagittario. Basti pensare che la stella Alfa, Rukbat, è soltanto di magnitudine 3,95, mentre la più luminosa è la stella Epsilon, Kaus Australis, con una magnitudine di 1,79.
Nel Medioevo, anche la cultura araba associava le stelle di questa parte del cielo all’arco: non a caso le tre stelle che lo compongono, Lambda, Delta e l’appena ricordata Epsilon Sagittarii, portano il nome proprio di Kaus, ossia “arcoâ€, seguito da un suffisso che, dal basso all’alto, ne designa la posizione: Kaus Australis, Kaus Media e Kaus Borealis, in una curiosa ma nondimeno suggestiva commistione tra la lingua araba e quella latina.
E tanto per non farci mancare nulla dal punto di vista delle lingue antiche, il nome della stella Sigma, Nunki, sembra avere un’origine molto antica, sicuramente babilonese e forse addirittura precedente, qualcuno ritiene sumera. Non sorprende che il significato del nome si sia perso… nella notte dei tempi.
Passando agli oggetti di profondo cielo visibili al telescopio, la regione che dal Sagittario si estende alle vicine costellazioni del Serpente e dello Scudo è ricchissima, tra le altre cose, di nebulose importanti come la Laguna (M8), la Trifida (M20), quella dell’Aquila (M16, attenzione che si intende la nebulosa e non la costellazione dell’Aquila) e Omega (M17). Questi e diversi altri oggetti della medesima zona di cielo si trovano tutti a distanze dell’ordine di 4-6 mila anni luce, non per caso. Infatti appartengono a un braccio a spirale della Galassia diverso dal nostro (il Braccio di Orione) e collocato in posizione più vicina alle regioni centrali: si tratta del Braccio della Carena-Sagittario. Se immaginiamo la Galassia come una città di stelle, i bracci di spirale sono quartieri galattici. Allora possiamo considerare il Braccio di Orione come un quartiere semiperiferico, a 26-27.000 anni luce dal centro della Via Lattea, mentre quello del Sagittario è un quartiere prospiciente, ma più vicino al centro, da cui lo separano comunque altri 20.000 anni luce.
Tra gli oggetti citati, la nebulosa Laguna è addirittura visibile a occhio nudo se il cielo è davvero buio, in particolare grazie alla luminosità dell’ammasso di stelle giovani che contiene, il cui nome di catalogo è NGC 6530. L’età di queste stelle è di soli 4-6 milioni di anni, ovvero sono giovanissime, quasi neonate (se vi sembra strano considerare giovanissima una stella accesa da milioni di anni, pensate che il Sole è acceso da circa 4,5 miliardi di anni, cioè mille volte di più). Nessuna sorpresa nel trovarle dentro la nebulosa: essa è infatti una cospicua regione di formazione stellare, cioè quelle stelle si sono formate dentro la nebulosa, dal collasso gravitazionale del gas che la costituisce.
A occhio nudo, ma anche al binocolo o telescopio la nebulosa appare grigia, perchè a bassi livelli di luminosità la nostra vista percepisce male i colori. La spettacolare immagine ripresa dall’astrofotografo Alessandro Cipolat Bares, proprio dal nostro Osservatorio Astronomico, evidenzia che in realtà è di colore rosato, tipico dell’idrogeno ionizzato di cui è prevalentemente costituita. La sua dimensione è, per il lato lungo, di un centinaio di anni luce. Per capirci, se fossimo sul bordo della nebulosa Laguna e la volessimo attraversare fino al bordo opposto, lanciando una sonda come la Voyager 1, che viaggia a 60.000 km/h, ci vorrebbero 2 milioni di anni!
Non visibili a occhio nudo (di poco, basta un binocolo per scorgerle come deboli macchie), nella stessa regione di cielo della Laguna troviamo le nebulose Trifida e Omega. La Trifida ha come elemento peculiare una particolare bellezza estetica, data dalla presenza di una zona rossa e una blu, con alcune nervature nere che la percorrono. Si tratta, in effetti, di “tre nebulose in una”, nel senso che tre diverse tipologie di nebulose sono presenti in questo oggetto: la nebulosa a emissione, individuata dalla luce rossa emessa dall’idrogeno ionizzato dai raggi UV irradiati dalle stelle calde immerse nella nebulosa (come abbiamo già visto nella Laguna); quella a riflessione, riconoscibile per la luce blu di tali stelle riflessa dalle polveri interstellari circostanti; quella oscura, tracciata dalle venature scure, dovute a polveri non illuminate e opache, che assorbono la luce retrostante.
Come la Trifida e la Laguna, anche la nebulosa Omega (detta anche nebulosa Cigno, da non confondere con la costellazione omonima che si trova in un’altra parte del cielo) è una nursery stellare: tutte e tre hanno i loro bravi ammassi di stelle giovani al loro interno. L’ammasso all’interno dell’Omega, NGC 6618, è costituito di stelle davvero neonate, avendo solo 1 milione di anni: come ordine di grandezza, è il tempo minimo perchè una stella possa formarsi, un po’ l’equivalente dei 9 mesi di gestazione umana. Più piccole della Laguna, le nebulose Trifida e Omega misurano comunque 40 e 20 anni luce di diametro, rispettivamente.
Le stelle da record del Triangolo estivo
Risalendo dal Sagittario lungo la Via Lattea, man mano che ci allontaniamo con lo sguardo dall’orizzonte meridionale raggiungiamo prima la magnifica costellazione dell’Aquila, con la brillante stella Altair, dopodichè troviamo le piccole costellazioni della Freccia e della Volpetta, sormontate dal Cigno, la cui forma a croce è facile da riconoscere, anche grazie alla presenza della brillante stella Deneb. In questa zona di cielo, alta sopra la nostra testa, la Via Lattea sfiora la costellazione della Lira, dove si trova la splendente Vega, quinta stella più brillante del cielo. Di Vega, Altair e Deneb, che formano l’asterismo noto come Triangolo estivo, abbiamo già scritto nel cielo del mese di luglio; però sono stelle talmente belle che vale la pena aggiungere ulteriori dettagli sulle loro caratteristiche fisiche. Infatti hanno una peculiarità , una sorta di record che le contraddistingue.
Delle tre stelle, Altair è la più vicina, trovandosi a soli 16,73 anni luce da noi. Anzi, la sua peculiarità è che si tratta proprio della stella più vicina tra tutte quelle ben visibili nelle sere d’estate. Preferiamo dire “ben†visibili perchè in realtà c’è anche 61 Cygni, distante 11,4 anni luce, che è tecnicamente visibile a occhio nudo essendo di quinta magnitudine, ma per niente appariscente e bisogna proprio andarsela a cercare. Lo stesso vale per la stella 70 Ophiuchi, di quarta magnitudine e posta a 16,71 anni luce. Altair è invece nientemeno che la dodicesima stella più brillante del cielo notturno e la terza tra quelle visibili nelle sere di agosto, dopo Arturo e Vega. ​​Altair è una stella nana, come il Sole, che supera però in dimensioni: ha una forma piuttosto schiacciata dato che ruota velocemente, con un raggio equatoriale pari a 2 volte quello solare, e un raggio polare 1,6 volte maggiore.
Un’altra peculiarità di Altair è che è una delle sole quattro stelle di classe spettrale A poste entro 10 parsec dal Sistema Solare. Che cosa significa?
Ricordiamo innanzitutto che il parsec è un’altra unità di misura della distanza impiegata in astronomia e corrisponde a circa 3,26 anni luce. Quindi 10 parsec sono circa 32,6 anni luce. Entro tale distanza ci sono circa 500 stelle e sono tutte nane (comprese svariate nane brune, cioè stelle mancate perchè non dotate di sufficiente massa per innescare con continuità le reazioni nucleari che tengono accese le stelle normali). Non ci sono giganti o supergiganti (la stella gigante più vicina al Sistema solare è Polluce, nei Gemelli, poco oltre i 10 parsec, posta com’è a 33,9 anni luce, e peraltro d’estate non si vede di notte).
Tra le stelle nane, quelle di classe O e B sono le più luminose, ma entro i 10 parsec da noi non ce n’è nessuna, perchè sono molto rare. La classe più luminosa dopo O e B è appunto la A e in questa categoria ricadono Altair, Vega, Sirio e Fomalhaut. Si tratta quindi delle più luminose del nostro vicinato galattico.
La luminosità di Altair, complice anche la maggiore temperatura superficiale (che assegna questa stella alla sottoclasse spettrale A7 e le dona un colore bianco leggermente tendente all’azzurro), è 11 volte superiore a quella del Sole.
Tralasciando Sirio (che alle nostre latitudini si vede bene in inverno) e Fomalhaut (di cui parleremo nel cielo di settembre), è giunto il momento di parlare di Vega, che è la più luminosa del quartetto. Questo è proprio il suo record: emettendo 40 volte più energia del Sole, risulta la stella più luminosa entro 10 parsec da noi.
Vega è una nana, come il Sole, ma una nana… grande, se permettete l’ossimoro. Infatti è circa 2,5 volte superiore al nostro luminare. Come abbiamo già visto con Altair, anche Vega ha una forma piuttosto schiacciata, dato che ruota velocemente attorno al proprio asse. Il raggio polare è circa 2,4 volte quello del Sole, mentre quello equatoriale 2,8. Anche la temperatura superficiale varia tra le zone polari e quelle equatoriali, con le prime significativamente più calde, sui 10.000 K, mentre le seconde sono di poco superiori agli 8.000. La stella rivolge verso di noi proprio uno dei suoi poli.
L’età di Vega è stimata in circa mezzo miliardo di anni e intorno alla stella è stata rivelata la presenza di un disco di polveri grazie all’emissione infrarossa da parte dei minuscoli granuli solidi che lo costituiscono. Tale disco di detriti potrebbe costituire un sistema planetario in formazione, ma non si può escludere che vi siano già pianeti al suo interno, sebbene al momento non ne sia stato scoperto nessuno.
Le stelle si muovono nello spazio, ognuna rispetto alle altre, e Vega è in avvicinamento al Sole. Oggi la sua distanza è pari a 25 anni luce, ma è in diminuzione. Tra 264.000 anni sarà alla minima distanza dal Sole, secondo alcune stime attorno a 13 anni luce, quindi all’incirca la metà rispetto a oggi! La sua luminosità apparente sarà aumentata significativamente al punto che, complice anche la diminuzione di Sirio che nel frattempo si sarà allontanata, Vega risulterà essere la stella più brillante del cielo. Per la precisione, manterrà questo primato tra gli anni 210.000 e 480.000 circa, quando sarà tornata ad allontanarsi e sarà superata da Canopo.
Se ancora non siamo convinti che Vega sia una stella speciale, aggiungiamo questo: è uno standard fotometrico di primaria importanza ed è la prima stella che sia mai stata fotografata (a parte il Sole, ovviamente), nel 1850 da William Bond e John Adams Whipple, e di cui sia stato fotografato lo spettro, da Henry Draper nel 1872.
Molto vicino in cielo a Deneb, e circa alla stessa distanza da noi nello spazio, si trova la nebulosa Nord America, NGC 7000. Si tratta di un’altra regione di formazione stellare, anch’essa al limite della visibilità a occhio nudo (ma per individuarla senza strumenti abbiamo bisogno di condizioni ideali di cielo buio, meteo sereno e vista allenata), distinguibile con un binocolo o un telescopio. In quest’ultimo caso, poichè la nebulosa è molto estesa, coprendo in cielo una superficie dieci volte superiore a quella della Luna piena, è bene applicare bassi ingrandimenti, così da provare ad apprezzare una visione d’insieme. Come per le nebulose già illustrate, il vero colore è rossastro a causa dell’idrogeno ionizzato, ma la sfumatura è visibile solo nelle fotografie, come nel delicato scatto realizzato ancora da Alessandro Cipolat Bares a Saint-Barthèlemy che riproduciamo qui sopra.
Il nome deriva dalla sagoma, che sembra quella del continente nordamericano, con tanto di Golfo del Messico, penisola della Florida e perfino una sporgenza che ricorda la penisola messicana dello Yucatà¡n. Ovviamente la nebulosa non ha nessuna forma, la presunta somiglianza è frutto puramente della nostra immaginazione. Il caratteristico disegno, oltre che all’emissione luminosa del gas, è dovuto anche a nubi di polveri interstellari poste davanti alla nebulosa, che la scolpiscono nel cielo bloccando parte della luce: è il caso, in particolare, della vasta regione scura associabile al Golfo del Messico.
Insomma, alla fine la nebulosa con la geografia terrestre non ha nulla a che fare, ma è comunque divertente paragonare la nebulosa al continente: con una dimensione pari a circa 90 anni luce, NGC 7000 è linearmente ‘soltanto’ 100 miliardi di volte più grande del Nord America!
Passaggi della ISS e della Tiangong sui cieli italiani
Ricordiamo che le stazioni spaziali con equipaggio che orbitano attorno alla Terra sono due: la Stazione Spaziale Internazionale (ISS), che come indicato dal nome è un’impresa portata avanti dalle agenzie spaziali di più nazioni, cioè la statunitense NASA, la russa Roscosmos, l’europea ESA, la canadese ASC-CSA e la giapponese JAXA, e la stazione spaziale Tiangong, che invece è gestita dalla cinese CMSA (Tiangong significa il palazzo del cielo). Se i primi moduli della ISS sono in orbita da quasi un quarto di secolo, la Tiangong viaggia attorno al mondo da poco più di un paio d’anni.
Entrambe possono essere viste a occhio nudo, quando si verificano contemporaneamente due condizioni: da noi, sulla superficie terrestre, il Sole dev’essere tramontato e il cielo già abbastanza buio; da loro, nello spazio, a circa 400 km di quota, il Sole dev’essere ancora visibile, in modo che le pareti metalliche, i pannelli fotovoltaici e il resto delle strutture, illuminate dalla nostra stella, possano rifletterne la luce, apparendo ai nostri occhi come un punto luminoso che attraversa il cielo. La ISS è più estesa della Tiangong, quindi appare più brillante quando il passaggio è favorevole, ma possiamo scorgere bene anche quest’ultima.
Va segnalato che i parametri orbitali delle due stazioni spaziali possono variare, a seconda delle necessità di manovra, quindi le previsioni che riportiamo nel seguito potrebbero cambiare. Prendiamo inoltre come riferimento la città di Roma, per la sua posizione baricentrica rispetto allo Stivale italiano.
Agosto sembra essere avaro di passaggi della ISS comodamente visibili da tutta Italia, ma suggeriamo di non perdere il passaggio del 24 agosto, quando sorvolerà l’Italia da ovest verso est, tagliando la Penisola in senso trasversale, cioè per il lato corto. Sarà un passaggio spettacolare, in cui la ISS sembrerà comparire in cielo all’improvviso sopra l’orizzonte sud ovest: infatti prima è coperta dall’ombra della Terra, quindi i raggi solari non la possono raggiungere. Sarà accolta dai puntini brillanti dei pianeti Saturno e Giove e proseguirà il suo tragitto fino all’orizzonte nord est, dove fanno già capolino le costellazioni invernali. E sì, perchè se la ISS sarà ben visibile da tutta Italia, isole comprese (a seconda della nostra posizione la vedremo sopra la testa in Italia centrale, man mano più bassa e prossima all’orizzonte andando verso il Meridione e il Settentrione), purtroppo c’è la scomodità dell’ora. Il passaggio avviene nelle ultime ore della notte, poco dopo le cinque e un quarto del mattino, quando l’aurora comincia a farsi strada. Per vederla bisognerà fare una levataccia, oppure far festa fino a tardi, evitando di andare a dormire!
La Tiangong, come abbiamo detto, raggiunge una brillantezza inferiore a quella della ISS, tuttavia nella prima metà del mese di agosto ci terrà compagnia spesso e in prima serata, a seconda dei giorni tra le ore 20.30 e le 23.00, cioè un orario decisamente abbordabile. Nelle date buone per osservarla, segnaliamo quelle dal 9 al 14 agosto, quando saremo già con il naso all’insù a caccia delle stelle cadenti di San Lorenzo, pardon, delle meteore dello sciame delle Perseidi. Se notate un puntino in movimento da occidente a oriente, è la stazione spaziale cinese. Un bel passaggio avverrà l’11 agosto, quando, giungendo dalla direzione della penisola iberica, sarà visibile per parecchi minuti da tutta Italia, poco prima delle ore 21.30 (come per la ISS, l’ora precisa dipende dalla nostra posizione sulla superficie terrestre), scomparendo poi nell’ombra della Terra mentre supera il Mar Egeo.
E se in quel momento, per una coincidenza assai fortunata, vedremo anche una meteora, sarà più vicina a noi della Tiangong! Se infatti quest’ultima orbita a poco meno di 400 km di quota, le meteore solitamente producono la scia a 90 km di altezza.
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