Aggiornato il 23 Agosto 2022
Il Giffoni film festival, per chi è nato o cresciuto in Campania dalla “Generazione X†in poi, come la sottoscritta, era un appuntamento regolare e attesissimo ogni estate. Era il momento in cui le star del pantheon cinematografico nazionale e internazionale facevano capolino nella nostra spesso dimenticata, sempre bistrattata regione. In quei giorni, su televisioni e giornali non si parlava che degli ospiti illustri in visita al festival, e anche, ma forse un po’ di meno, dei film in concorso. Tutte e tutti volevamo far parte di quella leggendaria giuria formata da bambini e bambine, ragazzi e ragazze – un’idea quasi visionaria eppure così semplice, così ovvia. Se ne parla ancora oggi, del Giffoni. Anzi, se ne parla molto di più, e di certo non solo in Campania: il brand del festival è ormai globale e, in quella manciata di giorni di luglio, trasforma il piccolo paese dei Monti Picentini in una passerella cinematografica da far invidia alle kermesse più rinomate del pianeta. Anche perchè, parole di Franà§ois Truffaut, di tutti i festival del cinema questo sarebbe “il più necessario”.
Così, quando la casa di produzione Koch Media ha contattato l’Istituto Nazionale di Astrofisica per proporre una collaborazione proprio durante il festival, non ho esitato un istante a propormi come speaker dell’evento in questione. Si trattava di introdurre, parlando della Luna da una prospettiva astronomica, il film fuori concorso Moonbound – Peter va sulla Luna, diretto dal regista tedesco-iraniano Ali Samadi Ahadi, appena uscito nelle sale di tutta Italia. Il film, un lungometraggio d’animazione ispirato a una nota fiaba tedesca, racconta il viaggio avventuroso dalla Terra alla Luna che il giovane Peter, appassionato di stelle e pianeti, intraprende per liberare la vispa sorellina e restituire a un’antica comunità di maggiolini la loro dimora ancestrale, una longeva betulla. Entrambe – sorellina e betulla – sono infatti tenute prigioniere sul nostro satellite naturale dal cattivo Uomo Luna.
Non sapevo bene cosa aspettarmi. Certo, c’ero stata anche io, al Giffoni, tra i membri della giuria La finestra sul cortile nel lontano 2000, l’anno del Millennium bug che non arrivò mai. Ma erano altri tempi. I giurati erano ottocento, mica cinquemila come oggi. Non esisteva ancora la Cittadella del Cinema: i film si guardavano nelle sale e altri luoghi del paese. E poi io c’ero stata da (relativamente) grande, mentre l’evento dello scorso 22 luglio sarebbe stato un incontro con la giuria Elements +3, formata da bambini e bambine tra i 3 e i 6 anni. I più giovani tra i giovani. Un pubblico che sa sempre stupire, e che questa volta l’ha fatto ben oltre le aspettative, con un entusiasmo, un’energia e un impeto travolgente.
L’intervento a tema astrofisico, dalle osservazioni della Luna al telescopio fino alle esplorazioni spaziali di ieri, oggi e domani, era stato collocato in un punto intermedio del programma, dopo l’incontro con un famoso duo della rete, accolto da una giovane folla in delirio, e poco prima della proiezione del film. Nulla di tutto ciò ha distolto minimamente l’attenzione dell’affiatatissimo pubblico – qualche centinaio tra bambini e bambine, accompagnati dai rispettivi genitori – che alla domanda chi vuole partecipare a un esperimento scientifico? sono saliti in massa sul palcoscenico per svolgere un importante e delicatissimo compito: sostenere il pianeta Terra.
Non era un esperimento in senso stretto, quanto piuttosto una dimostrazione della distanza tra la Terra – la Earthball gonfiabile del progetto Universe Awareness (Unawe), affidata alle mani dei piccoli “giffoner” supervisionati dalla conduttrice Ludovica Turrini, valente Atlante che ha più volte “salvato” il pianeta dal baratro – e la Luna, un modellino in scala avvolto nella stagnola, che ho provveduto a portare, passo dopo passo, circa 15 metri più in là , ovvero 30 volte la dimensione della palla che fungeva da Terra. Perchè il corpo celeste a noi più vicino non è poi così vicino: dista circa 380mila chilometri, e la luce – che viaggia più veloce di qualsiasi altra cosa nel cosmo – impiega poco più di un secondo a percorrere il viaggio.
Pochi minuti più tardi, indossando una maschera parte del kit Universe in a Box (anch’esso di Unawe), mi sono io stessa trasformata in Luna, memore della danza replicata innumerevoli volte dalla grande Margherita Hack per dimostrare come il nostro satellite naturale impieghi lo stesso tempo a ruotare sia intorno a sè stesso che intorno alla Terra, mostrandoci così sempre la stessa faccia.
Ho scelto di chiudere l’incontro con l’estremo opposto del cosmo: il campo profondo di JWST, la prima immagine a colori rilasciata dal potente osservatorio spaziale. Un pezzettino di cielo molto più piccolo della stessa Luna, che a guardarlo bene svela migliaia e migliaia di galassie, tra le più distanti e le prime a formarsi nell’Universo. Ma questa, ho concluso, è un’altra storia.
Chiosa che chiaramente i bambini e le bambine hanno colto al volo, aspettandomi al varco a fine proiezione con una moltitudine di domande, pertinenti e curiose, leggere come solo le domande poste a quell’età sanno cadere. Come fa la luna a “volare”? Perchè la vediamo anche di giorno? Qual è il pianeta più luminoso? E la costellazione più grande? Di cosa sono fatte le stelle? Perchè cambiano colore? E ancora altri quesiti, tra cui uno sulle distanze – e forse anche il tempo – che purtroppo ho dimenticato, ma sospetto il motivo: era molto probabilmente un’ottima domanda, una di quelle a cui io, noi, la comunità scientifica tutta, ancora non sappiamo rispondere.
Scrivendo queste righe, ho ripensato più volte al tema di questa 52esima edizione del Giffoni film festival: “Invisibili“. Agli esclusi, gli ultimi della società , il cui lavoro invisibile ai più permette al mondo, così come lo conosciamo, di continuare a girare. Ripenso ai bambini e alle bambine che hanno partecipato all’incontro, alle ragazze e ai ragazzi che ho incrociato nelle strade e tra le sale di Giffoni, emersi dopo due anni e mezzo di pandemia, una frazione delle loro vite ben più significativa rispetto a quelle degli adulti. Alla contagiosità dei loro sorrisi, all’allegria di poter vivere questo evento un po’ speciale, tornato finalmente in presenza, e alle connessioni che li legano, apparentemente invisibili ma tanto salde, per chi le vive, quanto la morsa gravitazionale che tiene la Luna in orbita attorno alla Terra. E ripenso al nostro lavoro, all’energia che richiede ogni giorno, alla cura di chi raccoglie pezzetti di conoscenza e cerca di dar loro uno spazio un po’ più grande. Energia e cura, anch’esse, invisibili agli occhi ma, per chiamare in causa ancora una volta il lungimirante Truffaut, quanto mai necessarie.
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