Aggiornato il 1 Giugno 2022
Era il 25 giugno del 1792 quando i due astronomi Pierre Mèchain e Jean-Baptiste Delambre partirono per un lungo viaggio, un’impresa scientifica che fu anche un’avventura: la misurazione della Meridiana, uno dei meridiani francesi più misurati, che peraltro passa per Parigi. E questa avventura è stata magistralmente raccontata da Denis Guedj ne Il metro del mondo.
L’importanza della misura che i due astronomi, dotati di una considerevole scorta, si accingevano a realizzare era legata al caos sulle unità di misura che vigeva all’epoca e al desiderio di voler trovare uno standard condiviso. Questo caos era, in larga parte, ereditato dalle definizioni in uso presso gli Antichi greci e romani, tutte basate su oggetti, manufatti, che per loro stessa natura erano destinati al cambiamento, al deperimento sotto l’azione degli elementi naturali, come avevano rilevato Charles Maurice de Tayllerand-Pèrigord e Claude Antoin Prieur-Duversois. Alla fine emersero due “concorrenti” per la definizione del metro: il pendolo e il meridiano.
In particolare è il matematico Auguste Savivian Lebland a proporre come definizione della nuova unità di misura della lunghezza, ovvero la lunghezza di un grado di meridiano misurata alla latitudine di 45°.
E’ qui che ha origine l’impresa di Mèchain e Delambre, citata persino in un romanzo di Jules Verne, complicata dai giochi politici dell’epoca: i due astronomi, infatti, vissero a cavallo tra Luigi XVI e la rivoluzione francese e la cosa strana fu che l’Assemblea della Rivoluzione alla fine decise di procedere seguendo l’ultimo decreto del re che stabiliva proprio che il metro doveva essere la decimilionesima parte del meridiano terrestre.
La storia dei due astronomi viene così a intrecciarsi con la rivoluzione francese e Guedj coglie così l’occasione di raccontare non solo della nascita del sistema metrico decimale, in cui la misura della Meridiana era centrale, ma anche come gli scienziati vivevano e sopravvivevano durante quel periodo piuttosto instabile. Se Mèchain e Delambre si imbarcarono in un’impresa non certo tranquilla, visti i tempi (come scritto, avevano bisogno di una scorta), con un viaggio che durò oltre un anno, il chimico Antoine Lavoisier venne ghigliottinato l’8 maggio del 1794 come nemico della rivoluzione e questo nonostante i suoi meriti scientifici, incluso il ruolo fondamentale nella definizione del grammo. Anche a Mèchain non andò poi così bene: la misura portata a termine venne più volte contestata, spingendo l’astronomo a tornare sul campo. Era il 1804 quando partì per la Spagna per proseguire la sua precedente serie di misure quando venne colpito dalla febbre gialla, morendo a Castellón de la Plana.
C’è comunque da dire che Mèchain e Delambre portarono a termine un lavoro egregio, ottenendo una misura di 551584.7 tese, da confrontarsi con quella del 1980 di 551589.3 tese. La tesa, come unità di misura, era proprio l’emblema del caos nelle definizioni, visto che cambiò tre volte in Francia. Inoltre sia la Svizzera sia la Valle d’Aosta avevano due definizioni differenti tra loro (seppur di poco) ma anche diverse dalle definizioni francesi.
Per cui, fidandoci del controllo delle fonti di Guedj, non resta che consigliare il recupero di un libro che costituisce un interessante spaccato sulla storia non solo della scienza, ma anche d’Europa, oltre che un racconto appassionante di come la scienza si “faceva” sul campo.
Abbiamo parlato di:
Il metro del mondo
Denis Guedj
Traduzione di Mauro Raggini
Longanesi, 13 maggio 2004
336 pagine, brossurato – € 17,50
ISBN: 9788830419322
La versione recensita è quella pubblicata nel 2009 nella collana La biblioteca de Le Scienze
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