Aggiornato il 28 Novembre 2024
Bentornate e bentornati sulle pagine di Universo Mondo. Questo mese facciamo un viaggio molto speciale, al confine tra Italia e Slovenia, dove incontriamo Dunja Fabjan, astrofisica e divulgatrice scientifica presso l’Università di Ljubljana. Oltre a pendolare tra questi due paesi, Dunja divide il suo tempo tra la ricerca e la disseminazione della cultura scientifica.Iniziamo come di consueto parlando un po’ di te: raccontaci di cosa di occupi, il tuo lavoro e il percorso che ti ha portato fin qui?
Sono ricercatrice in astrofisica e nel mio lavoro utilizzo le simulazioni numeriche per studiare gli ammassi di galassie e la struttura a grande scala [dell’universo].
Vivo con la mia famiglia in Italia, ma faccio la pendolare, visto che lavoro all’Università di Ljubljana, dove insegno astrofisica a studenti della laurea triennale e specialistica.
Facendo parte della comunità slovena che vive in Italia, ho frequentato le scuole italiane con lingua d’insegnamento slovena per poi completare il percorso di fisica e astrofisica all’Università di Trieste. Una volta concluso il dottorato ho collaborato con il centro d’eccellenza Space-SI di Ljubljana all’interno del gruppo di astronomia della Facoltà di matematica e fisica, dove tutt’ora lavoro.
L’aspetto della divulgazione scientifica mi ha affascinato a tal punto da conseguire il Master in Comunicazione della Scienza della Sissa. Pur continuando nella ricerca ho voluto cercare di tenermi aggiornata anche in questo ambito, entrando in contatto con una realtà molto diversa, ma che mi permetteva di spaziare.
Quanto è diffusa la ricerca in astronomia e scienza dello spazio in Slovenia?
In Slovenia, presso le Università di Ljubljana e di Nova Gorica, la ricerca nell’ambito astronomico copre ambiti molto vasti: da ricerche legate al Sole, a stelle binarie e a sorgenti compatte, fino a ricerche nell’ambito stellare, galattico e di strutture a grande scala. Essendo i due gruppi di ricerca relativamente piccoli è molto importante la collaborazione internazionale e la partecipazione attiva in diverse missioni "“ tra cui JWST, Gaia, 4MOST, Fermi e gli osservatori Pierre Auger e Vera Rubin.
Anche fare parte dell’ESA fornisce vantaggi in questo ambito: la Slovenia è “cooperating state" dal 2009 e a breve dovrebbe diventare membro effettivo.
Cosa puoi dirci invece sullo stato della didattica e divulgazione scientifica?
In questo momento storico in Slovenia si sta verificando lo stesso problema che ritroviamo anche in Italia, anche se i due sistemi funzionano e sono strutturati diversamente. C’è una forte carenza di insegnanti nelle materie STEM a livello di scuole elementari e secondarie, tanto da includere nell’organico scolastico anche persone non ancora abilitate all’insegnamento.
Questo influisce indirettamente anche sulla didattica dell’astronomia, che non è materia curricolare nella scuola dell’obbligo, ma viene insegnata in attività pomeridiane oppure come materia a scelta (se ci sono abbastanza iscritti).
In passato le materie tecniche e scientifiche erano molto ben integrate sia nelle scuole come anche al di fuori, con un alto numero di riviste e quotidiani rilevanti per ogni genere di pubblico. Negli anni credo sia cambiata la percezione della scienza e il modo di comunicarla, complicato anche dai problemi legati alla carta stampata in generale. Ci sono molte meno riviste (specializzate e non), lo spazio per la scienza sui giornali si è ridotto, e anche nell’ambito della comunicazione ci sono state delle trasformazioni dovute per esempio alle nuove tecnologie. Alcune modalità di comunicazione della scienza "“ ad esempio tramite i social "“ sono arrivate più tardi rispetto a quanto è successo in Italia.
Come vengono affrontati questi problemi?
In generale credo ci sia molto bisogno di divulgatori scientifici, che siano formati per affrontare temi complessi, ma (a parte alcune eccezioni) viene dato loro poco spazio nei media o non ne viene considerata l’importanza. Anche per la comunicazione della scienza in generale vi è poco ascolto, soprattutto dalla politica.
Per esempio, di recente è stato abbandonato il progetto dello Znanstveni center – un centro scientifico – che poteva essere rilevante da questo punto di vista. Nello stesso tempo però il fatto che il paese sia relativamente piccolo fa sì che ci sia una buona connessione tra i media (e i relativamente pochi giornalisti scientifici) e i ricercatori e le ricercatrici.
C’è comunque ancora molto lavoro da fare sia nel presentare ai giovani ricercatori l’ambito della comunicazione, sia nel lavorare con il pubblico generico. Anche in ambito universitario e degli istituti di ricerca la comunicazione istituzionale non è ben consolidata e avrebbe bisogno di comunicatori esperti. Inoltre, da qualche anno si svolgono in Slovenia le prime conferenze sulla comunicazione della scienza, che potrebbero portare a un percorso di studi universitario dedicato.
Vivendo e lavorando tra Italia e Slovenia, quali credi che siano le principali somiglianze e differenze in questi ambiti tra i due paesi?
A causa della mia storia mi è più facile notare somiglianze e differenze tra i due paesi tra i quali mi divido. Chiaramente si tratta di due paesi che hanno storie molto diverse; tuttavia alcune delle problematiche, come quella della mancanza di insegnanti di materie STEM, ma anche la mancanza dei medici di base, sono incredibilmente simili.
Una delle differenze che più mi ha sorpreso e con la quale ho più difficoltà è inerente al sistema scolastico: in Slovenia infatti il voto scolastico (e i voti o la loro media) è uno dei requisiti chiave per l’iscrizione alle scuole superiori (che di fatto si differenziano in base al successo scolastico degli studenti), e successivamente all’università . Un sistema così strutturato porta a diverse problematiche "“ anche di disuguaglianza sociale "“ delle quali adesso si sta in parte discutendo.
Oltre alla ricerca e l’insegnamento universitario, sei molto attiva nella didattica e divulgazione scientifica. Come riesci a conciliare questi due aspetti della tua carriera?
Non credo di riuscire a conciliare gli aspetti di didattica, ricerca e divulgazione; c’è un continuo riassestamento. Trovo però che in qualche modo si completino.
La parte di didattica, a cui mi sono avvicinata collaborando alle selezioni per il concorso nazionale di astronomia e nella preparazione dei partecipanti alle Olimpiadi internazionali dell’astronomia e astrofisica, mi ha avvicinata ai più giovani, a quelli che successivamente sono diventati miei studenti. Questo mi ha permesso anche di migliorarmi nell’insegnamento e cercare nuove modalità per avvicinare gli insegnamenti universitari agli studenti. Nello stesso tempo la comunicazione scientifica, lo scrivere e parlare di scienza, mi ha aiutata a tenermi aggiornata e spaziare nell’insegnamento.
Viceversa, ho compreso che alcuni dei temi trattati nel mio ambito di ricerca possono essere debitamente presentati anche a un pubblico di giovani interessati all’astronomia. In pratica, c’è un circolo virtuoso che mi aiuta nella ricerca e nell’insegnamento, e dal quale traggo anche molti spunti per cercare di migliorarmi come comunicatrice.
Tra i tuoi tanti progetti di comunicazione, qual è il tuo preferito?
Il progetto a cui tengo di più è sicuramente quello del podcast di astronomia “Temna stran Lune” (Il lato oscuro della Luna). Come amante della radio e ascoltatrice di diversi podcast quattro anni fa ho finalmente deciso che era tempo di provare a farne uno dedicato all’astronomia. Credo fosse il momento giusto: ci trovavamo nella seconda ondata di podcast in Slovenia (molti podcast nuovi sono nati in quegli anni) e questo è stato il primo podcast (nel vero senso della parola) interamente dedicato all’astronomia che non facesse parte di un circuito radiofonico.
E com’è andata?
La sfida maggiore era cercare di creare contenuti di astronomia, una scienza che viene spesso raccontata soprattutto con le immagini, ma tramite la voce: in fondo la radio è un mezzo visivo, perchè permette all’immaginazione di spaziare. Con MaruÅ¡a Žerjal, anche lei astrofisica, abbiamo iniziato parlando di temi astronomici, includendo degli indovinelli astronomici basati su tracce audio, allargando poi lo sguardo alle ricerche collegate all’astronomia, spaziando nell’archeoastronomia fino a microbiologia, tecnologie astronomiche, meteorologia, astronautica, comunicazione… A entrambe dà molte soddisfazioni e ritengo ci sia ancora molta possibilità di crescita.
Cosa pensi che contribuisca maggiormente al buon esito di un progetto simile?
Credo che al buon esito di ogni progetto contribuisca il gruppo di persone, la squadra che lo crea e lo aiuta a crescere.
Potrei nominarne molti di progetti, ma se ne dovessi scegliere uno nominerei Cosmolab, perchè un po’ li racchiude tutti: un’associazione che abbiamo creato Andrej GuÅ¡tin, Andreja Gomboc, Barbara RovÅ¡ek e io, e al quale si sono aggiunti anche Jure Japelj e MaruÅ¡a Žerjal. Il nostro intento è quello di offrire notizie interessanti di astronomia, e non, sul “Portal v vesolje" (Portale verso l’universo) ma anche materiale didattico per ragazzi e ragazze, genitori e insegnanti.
Inoltre, nel concreto organizziamo laboratori, mostre e collaboriamo a progetti internazionali, coinvolgendo anche giovani astronomi (per lo più studenti e studentesse). L’intento è quello di contribuire a creare una comunità , anche di divulgatori.
Secondo te, quali sono le sfide più grandi oggi per la comunicazione scientifica, sia nel tuo paese che a livello globale?
In Slovenia credo la sfida maggiore sia quella di creare una comunità di comunicatori della scienza e di convincere la politica dell’importanza che riveste la comunicazione della scienza nell’epoca attuale.
A livello globale credo che nei prossimi anni dovremo lavorare molto nel racconto della complessità , sia essa legata ai problemi del riscaldamento globale o dell’intelligenza artificiale, e anche fornire al pubblico strumenti adeguati per prendere decisioni consapevoli.
Uno dei tuoi ruoli è quello di National Astronomy Education Coordinator (NAEC) per la International Astronomical Union (IAU) per la Slovenia. Come funziona la collaborazione con i partner internazionali all’interno della IAU e cosa porti a casa da queste esperienze?
L’IAU offre la possibilità di crescere e collaborare con partner internazionali tramite diversi progetti e diffusione di buone pratiche. Qualche anno fa abbiamo partecipato al progetto di codesign STEAM-Med, un progetto di creazione di attività astronomiche per le scuole sviluppato tra nazioni che si affacciano sul Mediterraneo e guidato dal Centro OAE Italia.
È stato più di un progetto: il codesign è stato un processo, che ha racchiuso storie di paesi molto diversi e ci ha dato modo di confrontarci anche su temi non di astronomia. Attualmente collaboro come facilitatore al Progetto Sabir, nel quale stiamo lavorando con quattro paesi allo sviluppo di attività con approccio IBL (inquiry based learning).
Uno degli aspetti più difficili per me è riuscire a contrastare la mia timidezza generale, anche perchè la parte più entusiasmante è stare con nuove persone, imparare a parlare e a collaborare.
Credo che il progetto STEAM-Med sia stato per me molto formativo, perchè mi ha dato modo di conoscere persone, luoghi e complessità che probabilmente non avrei mai incontrato nel mio ambito di ricerca.
Ultima domanda (ormai anche questa diventata un classico…) Ci sono autori, libri, persone o eventi speciali che ti hanno influenzato durante il tuo percorso?
Uno degli eventi che amo raccontare è stato la prima volta che ho guardato attraverso un telescopio. Ero a un campo astronomico, e il primo oggetto che mi hanno mostrato era la Luna: a guardarla da vicino mi sembrava di fluttuare sopra la superficie lunare. Da lì il percorso era segnato (anche se non diventerò mai astronauta…)
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