Aggiornato il 28 Novembre 2024
L’8 giugno di settant’anni fa moriva in circostanze drammatiche il logico e matematico britannico Alan Turing, ucciso dall’intolleranza, dalla persecuzione, dal pregiudizio e dall’ignoranza. Oggi la sua figura è quanto mai attuale. Infatti è ricordato non solo come uno dei padri dell’informatica, ma anche dell’intelligenza artificiale.
In un articolo del 1950, dal titolo Computing Machinery and intelligence, pubblicato sulla rivista Mind, Turing introduce il concetto di intelligenza artificiale e propone un metodo, noto successivamente come test di Turing, per capire quanto una macchina possa imitare, al punto da risultare indistinguibile, l’intelligenza umana. Questo articolo a tutti gli effetti si può considerare l’inizio dei successivi studi sull’intelligenza artificiale.
Il test di Turing, nella sua formulazione originale, tuttavia, si è rivelato inefficace in alcune circostanze, giudicando intelligenti programmi evidentemente non pensanti, come nel caso, per esempio, del programma ELIZA. Recentemente, in uno studio in cui partecipanti umani hanno avuto una conversazione di 5 minuti con un interlocutore nascosto (un essere umano o una macchina), l’algoritmo GPT-4 è stato giudicato essere umano nel 54% dei casi, facendo dichiarare agli autori del lavoro people cannot distinguish GPT-4 from a human in a Turing test. Pertanto numerose sono state nel tempo le critiche così come le proposte di revisione o di modifica, nel tentativo di rendere i test sempre più stringenti.
Tuttavia la domanda originale di Turing nel suo articolo del 1950 rimane aperta e più che attuale: Le macchine possono pensare?
La risposta a questa domanda ancora non è affermativa, ma gli sviluppi della ricerca e della tecnologia sono così rapidi e imprevedibili che probabilmente dovremo essere pronti a qualche sorpresa anche in tempi non molto lunghi.
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