Lo spazio tra le pagine Arte e letteratura

Un po’ di fantasia e di bontà 

Una riflessione intorno alla canzone La Luna, di Angelo Branduardi

Torno a parlare di testi musicati, due mesi dopo l’articolo su Peter Gabriel. E di Luna, sopratutto. Perchè è impossibile negare che ci sia un ritorno alla Luna dopo tanto tempo: per la precisione, dopo cinquant’anni di silenzio, mezzo secolo nel quale una sorta di dialogo scientifico tra noi e il nostro unico satellite naturale si è praticamente interrotto.
Quello che invece non si è mai interrotto – fin dall’inizio dei tempi – è l’altro rapporto che noi intratteniamo con la Luna: quel rapporto che è perpetuamente nutrito dall’immaginazione, dall’arte, dalla fantasia. La Luna si associa spesso alla femminilità , e nella sua innegabile dolcezza c’è anche qualcosa, a mio avviso, di irresistibilmente musicale. Almeno, così è per un artista del calibro di Peter Gabriel, come abbiamo visto.

LunaMondo
“La Luna guarda il mondo” disegno di Davide Calandrini – @davidecalandrini – vedi la versione originale

Ma doveva essere così, già  molti anni fa, anche per Angelo Branduardi. Autore di bellissime canzoni, anche molto sofisticate (per i palati fini, risulta imperdibile è l’album Branduardi Canta Yeats, in cui poesia e la musica si fondono in un riuscitissimo connubio), fautore con Futuro Antico della riscoperta di un patrimonio musicale spesso ingiustamente dimenticato, è comunque conosciuto presso il grande pubblico per la sua Alla Fiera dell’Est, che – grazie alla sua struttura a filastrocca – tutti i bambini (ed una buona frazione di adulti) per un arco considerevole di anni dall’uscita del disco (annata 1976), potevano intonare senza esitazione.
Ci spostiamo ancora indietro di un anno, rispetto alla Fiera. Angelo è al suo secondo disco. E lo chiama proprio così, La Luna. Siamo appunto all’esatta metà  dei Settanta, la prima epopea lunare si è ormai conclusa da alcuni anni: con il rientro a Terra dell’Apollo 17, nel 1972, il programma (che in origine prevedeva altre tre missioni) viene bruscamente terminato. Le ultime missioni Apollo sono state un pieno successo – tanto dal punto di vista organizzativo quanto da quello scientifico – ma la Luna non interessa più l’opinione pubblica. Dopotutto si è visto, si è toccato con mano, che è brulla, arida, senza vita. Ed è decisamente presto per quei propositi di colonizzazione che invece ci muovono oggi.
Ma se per una certa visione razionalistica la Luna ha perso la magia, non l’ha certo persa per il cuore profondo degli artisti, come pure dell’artista che ognuno porta dentro di sè. Così scrive Angelo, riferendosi al brano da cui l’album prende il titolo

La Luna è la prima fiaba originale che abbiamo scritto Luisa (la moglie, NdA) ed io. C’è una specie di empatia,di intesa solidale fra la luna e l’uomo: anche la luna nasce, cresce e muore. In questa canzone la luna sembra avere i sentimenti di una bambina…

Ed è veramente una Luna che fa propri i sentimenti delicati di una bambina, quella che canta Angelo. Ed è anche curioso come, in questa delicatissima favola in musica, le prospettive vengano morbidamente capovolte: è la Terra l’ambiente inospitale, non certo la Luna.

Nell’immaginazione della favola (qui il testo completo) la luna è una bambina curiosa che decide scendere a far visita al nostro pianeta, ma si ferisce i piedi e fugge piangendo.

Eran solo sassi
E i piedi si ferì
Piangendo di nascosto lei fuggì

La storia sembra triste, ma di fatto le parole sono avvolte in una sorta di morbidissima trapunta musicale, che scalda il cuore e ammorbidisce il disagio stesso della bimba. L’atmosfera sognante e quasi direi vaporosa del tappeto strumentale, restituisce un senso di ultima tranquillità , così che alla fine quasi resta in bocca un sapore agrodolce, ottenuto attraverso la sapiente e quieta divergenza tra il testo e la melodia.
Fu in assoluto il secondo album musicale che comprai, da ragazzo. Ancora non ascoltavo musica: la mia collezione di dischi era allora in gran parte costituita dalla collana delle Fiabe Sonore, se qualcuno se le ricorda. Ad un certo punto però sentii Branduardi alla filodiffusione, proprio con la sua Fiera, e rimasi immediatamente conquistato, totalmente affascinato.
Una folgorazione, proprio. Quindi la musica dei grandi non era tutta noiosa! Esisteva una musica che mi interessava, che mi muoveva un desiderio di ascolto e riascolto, apriva un canale con qualcosa che è nel cuore, faceva parlare ciò che non si esprime in un discorso logico ma si appoggia alla magia del suono. Nel concreto, quel disco dovevo assolutamente farmelo comprare.
Reperito facilmente il 33 giri del momento, mi misi a cercare sistematicamente – con la assidua dedizione di un adolescente innamorato – tutto quello che Angelo aveva inciso prima. Fu necessaria una ricerca lunga e paziente (in collaborazione con i miei genitori, va da sè): non era l’epoca di Spotify e la musica dovevi ancora andartela a cercare nei negozi, i quali – non essendo archivi storici ma esercizi commerciali – tendono ad avere principalmente i titoli del momento.
Ma prima ancora di cercare per negozi, è stato necessario raccogliere informazioni su cosa cercare (non c’era nemmeno Wikipedia, perchè era – incredibile a pensarsi ora – un mondo senza internet). Si dovevano spulciare giornali, riviste, articoli, dare la caccia a trasmissioni radiofoniche e televisive a tema, raccoglierei informazioni da amici. Google non sapeva nulla, nemmeno che ad un certo punto sarebbe nato.
Il percorso fu ricostruito, alla fine. Andando a ritroso, l’album da conquistare, dopo la fiera, era proprio La Luna. Lo trovai abbastanza facilmente (conservo ancora la musicassetta originale, che ho ascoltato così tante volte da logorare forse addirittura il nastro, più sicuramente la pazienza dei miei familiari). Ben più difficile da trovare si rivelò però l’opera prima, Angelo Branduardi, a cui diedi la caccia, praticamente, su tutti i negozi di musica di Roma e dintorni (inclusa una puntata in un negozio di Frascati, hai visto mai). Alla fine lo trovai, ma questa è già  un’altra storia.
Tornando alla filastrocca della Luna, c’è una considerazione nella parte finale, se vogliamo una morale (anche se non amo il termine), come in tutte le favole degne di questo nome. Qualcosa che la nostra bimba lunare impara a sue spese:

Affrontare il mondo a piedi nudi
Non si può
E dall’alto a spiarlo lei restò

Se infatti la luna è dolce e delicata, soffusa di luce gentile, il mondo non si può affrontare a piedi nudi, non si può cioè affrontare senza un riparo, una protezione, un posto sicuro dove tornare. Rischiamo di ferirci, di farci male. In tal caso, meglio guardarlo da lontano.
Ora che siamo in procinto noi di conquistare la Luna, ci possiamo chiedere se questo avverrà  in modo delicato e rispettoso anche della irriducibile diversità  che tale ambiente esibisce: una alterità  evocativa ed affascinante, la cui eventuale cancellazione si tradurrebbe immediatamente in una perdita colossale per ognuno di noi. Saremo dunque capaci di fare il tragitto inverso, di scendere come bambini sul suolo lunare? Sapremo capaci di custodire quella carica evocativa, quella magia del contatto con l’altro che è anche rispetto della sua alterità , così presente nelle favole e spesso così assente nel nostro vivere quotidiano?
Mai come ora abbiamo davanti due possibilità , ci si aprono davanti due porte. Apriamo quella verso il mondo fatato? Non è troppo difficile: come diceva A mille ce n’è, la canzone che faceva da introduzione alle Fiabe Sonore, in fondo basta un po’ di fantasia e di bontà .

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Scritto da

Marco Castellani Marco Castellani

Ricercatore presso l'Osservatorio Astronomico di Roma. Si interessa di popolazioni stellari ed è nel team scientifico del satellite GAIA di ESA. Divulgatore e scrittore per passione, gestisce da anni il blog divulgativo Sturdust.blog (già  GruppoLocale.it) e coordina il progetto Altrascienza.it.

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