Aggiornato il 28 Novembre 2024
Come avrete probabilmente notato riguardo le illustrazioni di questa rubrica, alla consolidata collaborazione con l’artista ed amico Davide Calandrini, si è quietamente avviata negli articoli più recenti una sperimentazione di immagini generate con i motori di intelligenza artificiale, i cosiddetti text-to-image.
Il reale muta molto velocemente, siamo in accelerazione anche noi – proprio come il cosmo – ed è più che opportuno sperimentare con le nuove soluzioni tecnologiche, comprenderne potenzialità e limiti: tutto questo, con l’intento di non farsi condurre da esse in modo passivo, ma educarsi anche qui ad un proficuo rapporto, che tuteli quella creatività che è la forma specifica ed irriducibile che distingue l’umano dalla macchina.
L’intelligenza artificiale – lo sappiamo – non è realmente creativa (provate a chiederle di generare una poesia e vi metterete le mani nei capelli), è un insieme di algoritmi, pur estremamente sofisticati. La creatività è però il centro gravitazionale specifico di questa rubrica, così possiamo avvertire questa indagine come una parte organica di questo nostro attivo dimorare nel punto di intersezione, sempre vivo, tra letteratura e scienza.
Tecnicamente, i motori text to image (da testo ad immagine) generano una illustrazione a partire da un input testuale, anche molto strutturato: si può domandare, per esempio, non soltanto di avere una immagine di un gatto in una vecchia casa ma aggiungere dettagli stilistici o pittorici, tipo un gatto su un tavolo stile Vermeer (non so se lui abbia mai dipinto qualcosa del genere, ma è inessenziale in questa sede). Vi sono diversi motori di questo tipo, disponibili online: cito solo alcuni tra i più noti, come Image Creator di Microsoft, NightCafè o Firefly di Adobe, ma la lista esaustiva sarebbe assai lunga. Tuttavia non è tanto il lato tecnico che ci interessa qui, quanto le ricadute in ambito creativo. E vogliamo capire come se la cavano, specialmente, con la parola poetica. Soprattutto, che immagini ne riescono a trarre.
In una Roma torbidamente soffocata nel caldo estivo, con la ridotta lucidità consentita dalle temperature in fuga ascendente, ho provato dunque a compiere un minimo esperimento, dando in pasto ai tre motori citati, un verso di Annalisa Manstretta, un verso che abbiamo già commentato qualche mese fa (quella volta, accompagnato da una immagine elaborata da Davide):
due cerchi perfetti. In questa campagna astrale
ci son finita io, quella fuori scala,
dalla taglia modesta di una donna.
Non ho impartito raccomandazioni stilistiche e mi sono limitato alle impostazioni di default, per la generazione di immagine: ogni sito peraltro permette di giocare con una serie di regole in modo da ottenere, dallo stesso prompt testuale, una grande varietà di immagini. Ancora, spesso le immagini generate sono molteplici: qui ne riporto appena una per ogni caso, scelta a mio gusto personale.
Ecco dunque cosa mi propone Image Creator.
Una composizione astratta decisamente cosmica dove correttamente un astro simile al Sole appare sulla sinistra, un corpo simile alla Luna sulla destra. La figura femminile si pone evocativamente come tratto d’unione tra i due. Forse il modesta è stato appena tralasciato, essendo chiaramente più difficile da tenere in conto (come per le immagini generate dagli altri motori, del resto), ma tant’è.
L’interpretazione di NightCafè del medesimo verso della Manstretta è alquanto differente, come possiamo vedere qui sotto:
La figura femminile qui è portata in primo piano e a differenza del caso precedente, ci appare di fronte, il contesto astronomico di Sole e Luna (anzi, lune) è invece relegato sullo sfondo, anche se informa potentemente l’immagine stessa. L’impressione che personalmente ho è quello di una principessa o una guerriera, comunque a differenza della prima, dove l’essere umano è spoglio davanti al cosmo, qui la ricercatezza dell’abbigliamento mi rimanda ad una storia complessa, mi induce a pensare ad uno status regale di questa donna misteriosa (innegabilmente, in netta divergenza dalle suggestioni poetiche del verso originale).
Decisamente più stilizzata l’immagine che si ottiene con Firefly di Adobe.
Come nel caso di Image Creator, anche qui la donna è risolta in una silhouette – stavolta di profilo – per una composizione che può però apparire più moderna ed essenziale. Come per NightCafè, le indicazioni di destra e sinistra contenute nei versi della Manstretta sono sostanzialmente disattese (anzi qui è la Luna semmai che appare un poco più a sinistra), mentre il resto del prompt è stato correttamente considerato (modestia a parte, verrebbe da aggiungere, con significato letterale).
Cosa pensare di questi lavori? Innanzitutto c’è da sgombrare il campo da fraintendimenti imbarazzanti, certo favoriti dall’uso improprio del termine intelligenza. Non c’è vera intelligenza qui, ma un insieme di algoritmi molto sofisticati che, a volte, producono risultati interessanti.
Ancor più interessante è il ruolo che gioca il fattore umano. Che è trasferito essenzialmente dall’immagine alla parole, almeno in questo caso. Poichè il text to image trasforma essenzialmente la parola in immagine, è dunque la scelta precisa della sequenza di parole ad essere importante. Ed è proprio lì che si sposta il vero evento creativo, lì si conserva intatta la fantasia e anche l’imprevedibilità umana, elementi irriducibile a qualsiasi algoritmo.
In fondo questi sono tempi interessanti. Poichè le macchine riescono a fare (anche bene) una parte importante di compiti più o meno routinari un tempo affidati alla persona, ecco che la persona viene spinta per esclusione ad occuparsi di ciò che le è più proprio, di ciò che la distingue irresistibilmente da ogni algoritmo e da ogni macchina. Viene cioè motivata ad essere realmente creativa. Un algoritmo può essenzialmente produrre intrattenimento o perfino simulare un medio lavoro creativo (senza troppe sorprese), ma ciò che rimane nel tempo, ciò che ci commuove e ci esalta, rimane in ambito esclusivamente umano.
Nel caso della parola poetica, preferisco sempre il lavoro di Davide ai risultati, pur interessanti, di questi esperimenti.
Sono persuaso che nessuna macchina – troppo sobria del suo essere computazionale – non solo non ci darà mai immagini realmente mozzafiato, ma non saprà mai creare dei versi di cosmica sperdutezza come ad esempio quelli, da noi già percorsi, di Giuseppe Ungaretti,
come un bambino la mammella
lo spazio
Ora sono ubriaco
d’universo
Sostengo che la radice di ciò è essenzialmente cosmologica. Detto in altri termini, risiede in ciò che possiamo chiamare esperienza. L’esperienza umana nel cosmo è irriproducibile da una macchina, qualsiasi essa sia. Che non vede il contesto globale, non sa nulla dell’universo e del nostro incredibile viaggio al suo interno.
L’amore, il dolore, la fiducia, l’abbandono, la gioia, sono cose che non hanno senso per una macchina. Sono cose che purtroppo siamo tentati di svuotare di senso anche noi, quando ci facciamo troppo facilmente complici di una società computazionale e calcolante, dove le nostre stesse abitudini di lettura e fruizione di contenuti, i nostri comportamenti sono profilati e raccolti e venduti come merce, dove ultimamente noi stessi siamo ridotti a flusso di informazioni.
Quello che Ivano Fossati chiama, in una canzone bellissima e straniante, l’angolo santo del cuore, è qualcosa che semplicemente non ha senso per una macchina, perchè non appartiene all’ambito del computazionale. La macchina gioca – ogni giorno, con maggiore abilità – con gli input che gli forniamo noi, ma non possiede alcun senso del vivere e del morire, del soffrire e del gioire. Ciò che compone la drammaticità unica del vivere su questo pianeta, in questo universo. E che informa necessariamente ogni parola, ogni immagine che viene da chi vive questa esperienza, (forse) unica nel vastissimo universo.
La macchina è un fidato collaboratore, che vale la pena imparare a conoscere bene: ma noi siamo e saremo sempre, ben più di una macchina. Comprendere questo, è difendere l’umano, difendere la vera letteratura e la vera scienza. Ed è non appena un problema culturale o teorico, ma è una questione con risvolti sostanzialmente politici e sociali. Come infatti avverte Federico Faggin, inventore del microprocessore, imprenditore di successo, ora studioso della coscienza,
Sono tempi interessanti questi, come si diceva. Tempi del rilancio dell’umano. Perchè, come dice sempre Faggin, più che di macchine abbiamo bisogno di umanità .
Adesso, più che mai.
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