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La voce del padrone

Stanislaw Lem prova a capire quali sono le difficoltà nell'interpretare un segnale alieno. Difficoltà che, a ben vedere, si trovano anche sulla Terra.

L’arrivo del progetto A sing in space risulta interessante sotto molti punti di vista. Le domande che tale operazione si porta dietro sono state alla base di molti libri, sia saggi sia romanzi, tutte legate alla problematica della ricezione di un segnale extraterrestre di origine intelligente.
Sulla questione trovate, per esempio, due saggi recensiti qui sulle nostre colonne, Alieni: C’è qualcuno là fuori?, raccolta di articoli a cura di Jim Al-Khalili, e Se l’universo brulica di alieni… dove sono tutti quanti? di Stephen Webb. Ci sono poi anche opere di fiction come Vita su un altro pianeta, romanzo a fumetti di Will Eisner, o Gli ascoltatori di James Edwin Gunn, romanzo che non abbiamo recensito qui su EduINAF, ma che presenta la questione da un punto di vista sicuramente più tecnico, almeno relativamente alla ricerca e alla ricezione di un eventuale segnale alieno, senza dimenticare le conseguenze politiche e sociali che, invece, sono il punto su cui ruota la vicenda costruita da Eisner.
Oggi, però, vorrei discutere di un romanzo che, a mio parere, fornisce alcuni punti di vista piuttosto interessanti e poco esplorati. Mi riferisco a La voce del padrone di Stanislaw Lem, romanzo pubblicato originariamente nel 1968 con il titolo di Głos Pana e ristampato di recente (giugno 2022) dalla Mondadori nella traduzione di Vera Verdiani.

Problemi di comunicazione

voce_padrone-coverProtagonista e narratore della storia è il matematico inglese Hogarth, personaggio molto particolare: irriverente, senza peli sulla lingua, quasi anarchico nel suo approccio all’autorità. Racconta di come venne coinvolto nel progetto La voce del padrone portato avanti dagli Stati Uniti e dai suoi alleati: era stato, infatti, ricevuto un particolare segnale neutrinico che, dai primi esami, sembrava di origine intelligente. Allo scopo di decodificarlo era stato assemblato un gruppo che, nello stesso stile del Progetto Manhattan, avrebbe affrontato la questione sotto diversi punti di vista.
Proprio grazie a Hogarth, Lem rende edotto il lettore di una serie di problematiche relative alla decodifica. Ammesso di essere di fronte a un segnale realmente prodotto da una società intelligente, ci si trova di fronte a una serie di ostacoli che spesso non prendiamo in considerazione, abituati dalla fantascienza usuale ad abbattere i problemi di comunicazione grazie ai traduttori universali.
Se, per esempio, pensiamo alla Stele di Rosetta, questa ha permesso agli archeologi e ai linguisti di tradurre i geroglifici perché il messaggio in essa contenuto era scritto in tre lingue differenti. Un messaggio proveniente dallo spazio non può, però, usufruire di un simile sistema, quindi bisogna applicare alcuni ragionamenti di partenza che, d’altra parte, si scontrano con altri due ostacoli: la nostra ricerca di una chiave di traduzione si basa sulla cultura, la formazione e la logica di chi traduce, ma non c’è nulla che ci garantisca che queste tre caratteristiche siano esattamente identiche a quelle di chi trasmette. E già assumere che la logica debba essere identica è una supposizione abbastanza importante, visto che, come molti logici hanno dimostrato, si possono costruire logiche differenti.
Emblematico di questo punto focale è il modo in cui gruppi di ricerca differenti siano riusciti a interpretare in maniera differente il messaggio, ottenendo quindi "traduzioni" differenti, oltre che parziali.
Il problema della decodifica, che è metafora abbastanza evidente del problema della comunicazione tra popoli differenti sulla Terra, non è l’unico tema trattato da Lem: si spazia dalla comunicazione della scienza e dei suoi risultati, al rapporto degli scienziati con la politica e con i militari, senza dimenticare la situazione di tensione presente all’epoca tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Quest’ultima è, in effetti, la questione che pesa maggiormente sul romanzo: in molte occasioni, infatti, Lem racconta delle pressioni dei politici e dei militari sugli scienziati affinché decodifichino il messaggio prima dei sovietici.
Nel complesso, quindi, La voce del padrone ci pone delle domande intelligenti e non banali. La lettura, d’altro canto, non è stata semplice, un po’ per la prosa di Lem, che in alcuni punti ha rasentato quella della conferenza (i comunque scarni dialoghi presenti nel romanzo hanno tenuto lontano l’effetto Golem XIV, altro romanzo di Lem costituito da una piccola serie di conferenze vere e proprie), un po’ per l’assenza di una suddivisione netta in capitoli o paragrafi, che avrebbe indubbiamente dato un maggior ritmo al tutto.
Risulta, quindi, una lettura forse un po’ più adatta a chi è avvezzo alla saggistica più che al romanzo, in particolare quello di fantascienza, categoria che viene generalmente applicata a La voce del padrone, titolo che si porta dietro un’altra interessante questione che lascio al lettore il piacere di scoprire.

Abbiamo parlato di:
La voce del padrone
Stanislaw Lem
Traduzione di Vera Verdiani
Mondadori, giugno 2022
226 pagine, brossurato – € 13.5
ISBN: 978880473094

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Scritto da

Gianluigi Filippelli Gianluigi Filippelli

Ha conseguito laurea e dottorato in fisica presso l’Università della Calabria. Tra i suoi interessi, la divulgazione della scienza (fisica e matematica), attraverso i due blog DropSea (in italiano) e Doc Madhattan (in inglese). Collabora da diversi anni al portale di critica fumettistica Lo Spazio Bianco, dove si occupa, tra gli altri argomenti, di fumetto disneyano, supereroistico e ovviamente scientifico. Last but not least, è wikipediano.

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