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Buchi bianchi di Rovelli: tra Dante e scienza

buchi_bianchi-rovelli-coverLa collaborazione di Carlo Rovelli con la Adelphi continua con un nuovo libriccino dalla foliazione leggera di all’incirca 140 pagine che dopo L’ordine del tempo (che in qualche modo potremmo considerare come una versione ridotta de La realtà non è come ci appare, ma non solo) da alle stampe Buchi bianchi. Dentro l’orizzonte.
L’idea di base del testo è quella di raccontare, però, la sua versione dei buchi bianchi, quella che è emersa dalle ricerche condotte insieme con Hal Haggard intorno al 2015.
In generale un buco bianco è una deformazione dello spaziotempo dentro la quale è impossibile entrare, ma che introduce nel nostro universo materia ed energia. Lo si può, in effetti, vedere come l’altra faccia della medaglia del buco nero: non a caso si possono descrivere con la stessa soluzione alle equazioni di Albert Einstein della relatività generale, solo con il tempo invertito: è un po’ come vedere il passato di un buco nero.
E’ dunque inevitabile immaginare che buchi neri e buchi bianchi siano in qualche modo connessi, ed è proprio intorno a questa connessione che ruotano i ragionamenti di Rovelli non solo nella sua attività di ricerca, ma anche nel libro che la descrive. Il punto di vista del fisico teorico, ovviamente, si basa sul modello matematico che ha contribuito a sviluppare insieme con Lee Smolin, la gravità a loop, che introduce il concetto della quantizzazione dello spaziotempo: si vede, per semplificare la faccenda, lo spaziotempo come una rete le cui maglie hanno una dimensione stabilita dalla famosa costante di Planck.
Al di là del fatto che chi scrive concordi o meno con tale posizione teorica, è inevitabile confrontare il testo con un best seller di questo sottogenere della saggistica. Mi riferisco a Dal Big Bang ai buchi neri di Stephen Hawking. E seppure dal punto di vista stilistico Rovelli riesce a tenere il lettore attaccato alle pagine, forse anche con maggiore efficacia di Hawking (e questo anche grazie ai riferimenti filosofici e letterari, su tutti Dante Alighieri), è proprio il punto di vista il vero punto debole del testo, perché rispetto a quanto raccontato dal titolo, non è una visione quanto più generale sullo stato dell’arte della ricerca sui presumibili buchi bianchi, ma un punto di vista parziale. Valutando secondo questo punto di vista, non solo le Sette brevi lezioni di fisica risultano il suo libro migliore, ma anche la prima parte dedicata ai buchi neri risulta quella più interessante di tutto il volumetto, poiché fornisce al lettore non solo la chiave di lettura standard sui buchi neri, ma anche una sua visione alternativa e poco raccontata.
Si potrebbe dire che in qualche modo è lo stesso difetto de L’ordine del tempo, ma in quel caso l’aver letto il precedente La realtà non è come ci appare, ha in qualche modo influenzato le mie attese di lettore sul testo che avrei letto. Con Buchi bianchi, invece, le mie attese erano completamente differenti, motivo per cui ritengo, del trittico divulgativo di Rovelli uscito nella Piccola biblioteca di Adelphi, che Buchi bianchi sia il più debole.
Questa senza nulla togliere all’efficacia del testo e alla capacità di Rovelli di creare un clima di confidenza con il lettore con uno stile in alcuni passaggi quasi narrativo rendono alla fine il testo fruibile per qualunque lettore.

Abbiamo parlato di:
Buchi bianchi. Dentro l'orizzonte
Carlo Rovelli
Adelphi, 2023
148 pagine, brossurato – € 14
ISBN: 9788845937538

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Scritto da

Gianluigi Filippelli Gianluigi Filippelli

Ha conseguito laurea e dottorato in fisica presso l’Università della Calabria. Tra i suoi interessi, la divulgazione della scienza (fisica e matematica), attraverso i due blog DropSea (in italiano) e Doc Madhattan (in inglese). Collabora da diversi anni al portale di critica fumettistica Lo Spazio Bianco, dove si occupa, tra gli altri argomenti, di fumetto disneyano, supereroistico e ovviamente scientifico. Last but not least, è wikipediano.

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