L'astronomo risponde Buchi neri Relatività

Buchi neri e lenti gravitazionali

Nel nuovo appuntamento de "L'astronomo risponde" proviamo a spiegare le lenti gravitazionali

Aggiornato il 31 Luglio 2020

[Parlando di] buchi neri, si parla dell’ effetto “lente gravitazionale”. Ora, se un ipotetico buco nero si trovasse tra la terra e una stella, e quest’ultima fosse posta, ad es., 20° a destra rispetto lo stesso, in virtù di tale effetto noi dovremmo vedere o più stelle (anche se sempre la stessa) oppure questa dovrebbe essere visibile ancora più a destra del buco nero. Ma chiedo: se il buco nero ha una così grande forza gravitazionale, piegando quindi la luce verso di sé, perché noi non vediamo tale stella ancora più vicina al buco (es. a 10°)? La ringrazio per la cortese attenzione e spero che mi risponda.

Tomaso

Per rispondere alla sua domanda, vediamo come funzionano le lenti gravitazionali con l’aiuto di un immagine:

La forza di gravità di un oggetto molto massivo (in questo caso una nana bianca) curva lo spazio tempo, modificando la traiettoria dei raggi di luce che vi passino sufficientemente vicino. Fonti: NASA, ESA, e A. Feild (STScI)

La teoria della Relatività Generale dice che ogni oggetto massivo deforma lo spazio attorno a se. Questa deformazione è proporzionale alla massa dell’oggetto e diminuisce con la distanza da esso. Ora, la luce nel vuoto si muove ordinariamente in linea retta, ma la definizione stessa di linea retta dipende allo spazio in cui ci troviamo. Se lo spazio cambia “forma” (in termini tecnici cambia la sua geometria), allora la luce non fa altro che seguire questa deformazione. Possiamo quindi pensare alla luce come ad un treno: esso non sterza mai, ma cambia direzione seguendo l’andamento dei binari. In analogia con il comportamento delle lenti in ottica, questo effetto di curvatura della luce prende il nome di lente gravitazionale.
Come può vedere dall’immagine, la curvatura della luce fa generalmente apparire una stella sullo sfondo a distanza maggiore, non minore dall’oggetto.
Questo effetto è comunque molto debole in caso di oggetti di massa simile al Sole, tale da risultare praticamente non esistente se la distanza dell’oggetto è 20 gradi, come nell’esempio da lei suggerito. I buchi neri di origine stellare hanno masse simili e, per quanto siano oggetti molto peculiari (cosa che li ha resi popolari in fantascienza), uno dei tanti motivi per cui sono difficili da individuare e studiare è il fatto che (in pieno accordo con le leggi della fisica) non c’è niente di “speciale” nella loro forza di gravità: a meno di non essere molto vicini, il loro effetto è uguale a quello di una stella di pari massa.
L’effetto diventa però misurabile se consideriamo raggi di luce che passano molto più vicini all’oggetto. Fu quello che fece Arthur Eddington nel 1919, che con la sua misura dell’effetto di lente gravitazionale causato dal Sole, fornì la prima verifica sperimentale della Teoria della Relatività Generale di Einstein.

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Scritto da

Luca Lionetto Luca Lionetto

Laureato in Fisica con una tesi in Cosmologia,volontario di Servizio Civile nazionale presso la sede INAF di Padova, Luca Lionetto è aspirante divulgatore, avido lettore e appassionato di giochi da tavolo.

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