Le più grandi esplosioni dell’Universo

Aggiornato il 4 Novembre 2020

[vc_row][vc_column][vc_column_text]Il più grande spettacolo dopo il Big Bang siamo noi. Così recita una nota canzone di Jovanotti. Ma perché accostare in una stessa frase il genere umano e la più grande esplosione di tutti i tempi conosciuti?
Se pensiamo alla storia dell’uomo, infatti, ci rendiamo conto che si tratta di un’evoluzione avvenuta in un clima tutto sommato pacifico: negli ultimi 10.000 anni la Terra ha cominciato ad avere temperature più miti rispetto alle precedenti ere glaciali; l’uomo, da cacciatore e raccoglitore nomade, ha potuto cominciare a sviluppare l’agricoltura, sviluppando un surplus della produzione alimentare. Ciò ha permesso a vari gruppi di persone di specializzarsi in attività prima inesistenti, come soldati, politici, astronomi… in altre parole ha permesso la nascita della civiltà. Eppure la nostra zona di Universo non è sempre stata in questo stato di relativa tranquillità, ed è solo grazie a eventi catastrofici che noi siamo qui oggi.
[/vc_column_text][vc_custom_heading text=”Le esplosioni” font_container=”tag:h3|text_align:left|color:%23000000″ use_theme_fonts=”yes”][vc_column_text]Quando si tratta questo argomento non possiamo fare altro che partire dalla madre di tutte le esplosioni, il Big Bang, avvenuto 13,8 miliardi di anni fa [mfn] Sapere quando è avvenuto è un fatto di per sé straordinario: non è infatti una stima approssimativa, ma frutto di calcoli a dir poco complessi effettuati sui moti delle galassie. [/mfn].
Non sappiamo nulla su cosa ci fosse (o non ci fosse) prima del Big Bang, perciò vedremo solo gli eventi successivi a esso. Un centesimo di secondo dopo l’esplosione, la temperatura era pari a circa 100 miliardi di gradi, in rapida diminuzione poiché l’Universo si stava espandendo. A temperature così elevate i quark si uniscono e formano i protoni [mfn] componenti di carica positiva alla base della struttura atomica. [/mfn]. Essendo l’idrogeno (H) l’elemento più semplice dal punto di vista strutturale [mfn] è costituito infatti da un protone e da un elettrone. [/mfn], è anche il primo che viene a formarsi. I nuclei di tutti gli atomi di idrogeno si sono formati simultaneamente 13,8 miliardi di anni.
Per la formazione di elementi più pesanti, come l’elio (He) o l’ossigeno (O), deve intervenire una forza diversa da quella elettrica [mfn] la forza elettrica attrae cariche opposte e respinge cariche simili. Per questo più protoni necessitano di un’altra forza per unirsi. [/mfn], maggiore di essa e che agisca solo quando i protoni sono molto vicini [mfn] se la distanza non fosse rilevante, tutti gli atomi dell’Universo si riunirebbero in un’unica entità. [/mfn]. Questa forza è stata chiamata forza nucleare forte. Per vincere la loro forza repulsiva, due atomi devono essere scagliati l’uno contro l’altro a grande velocità al fine di avvicinare sufficientemente i nuclei. Processi di questo tipo sono avvenuti dopo circa due minuti dalla nascita dell’Universo, quando la temperatura era di circa 1 miliardo di gradi. Si forma quindi l’elio, il secondo elemento più semplice, formato da due protoni e da due neutroni, i quali fungono da “collante” tra le varie cariche positive che, in loro assenza, si respingerebbero. A seguito di questa fusione nucleare [mfn] la produzione energetica è così alta che l’uomo si sta muovendo in questa direzione per sostituire i derivati del petrolio (troppo inquinanti) e le energie rinnovabili (troppo poco redditizie). L’Europa è leader nella ricerca. [/mfn] si crea un’enorme quantitativo di energia, che però non basta a scatenare ulteriori fusioni: quando infatti l’elio è il 25% della massa totale, la nucleosintesi si interrompe [mfn] gli elementi più pesanti si sono formati, e continuano a formarsi, da altre esplosioni. [/mfn].
A questo punto l’Universo continua a espandersi, ma non in modo omogeneo. Vi sono infatti nello Spazio delle minuscole fluttuazioni, sovraddensità (1 parte su 100.000) che iniziano ad attirare a sé più materia rispetto alle altre.
Queste zone, all’inizio leggermente più dense, iniziano ad attirare più materia delle altre e dopo circa un miliardo di anni si creano dei filamenti di materia talmente voluminosi che danno all’Universo la forma di una spugna scura [mfn] essendo l’80% della materia oscura, l’universo in questa fase (prima delle prime stelle) si presenta per la maggior parte nero.[/mfn]. Col passare del tempo, si formano anche le galassie, come la Via Lattea.[/vc_column_text][vc_single_image image=”12149″ img_size=”full” add_caption=”yes”][vc_custom_heading text=”Il Sole” font_container=”tag:h3|text_align:left|color:%23000000″ use_theme_fonts=”yes”][vc_column_text]La Terra è situata vicino al braccio di Orione, uno dei bracci[mfn] I bracci sono zone di intensa formazione stellare all’interno delle galassie. [/mfn] principali della Galassia. La nostra stella è il Sole, una stella media, gialla con un raggio di 700.000 km [mfn] il raggio terrestre è di circa 6500 km [/mfn]; come le altre stelle, anche il Sole è sede di continue fusioni nucleari, che portano l’astro a perdere 2 milioni di tonnellate di materia al secondo [mfn] l’equivalente di 20 navi da crociera [/mfn] (materia in parte riacquisita dai detriti che si riversano giornalmente nel Sole); ciò provoca un cambiamento della traiettoria della Terra di pochi centimetri all’anno. La fusione dell’idrogeno in elio [mfn] il Sole è composto appunto da questi 2 elementi [/mfn] permette sì la nostra esistenza (ci illumina, ci scalda…) ma, se la nostra specie vivrà tanto a lungo, sarà anche la nostra fine: quando infatti tutto l’idrogeno sarà stato convertito in elio (tra 4/5 miliardi di anni), il Sole si espanderà fino a raggiungere l’orbita di Marte, inglobando nel suo globo infuocato qualsiasi cosa. Questa espansione sarà dovuta alla cessata produzione di energia nucleare, che porterà al collasso del nucleo. A questo punto però la temperatura e la densità del nucleo cresceranno e questo calore provocherà l’espansione degli strati superficiali del Sole. In questo stadio, in cui il Sole sarà una Gigante Rossa, dai suoi poli potranno diramarsi delle escrescenze, degli “sbuffi” di gas che andranno a costituire nebulose planetarie [mfn] il nome deriva dalle osservazioni fatte nel corso dell’800: queste nebulose apparivano estese come pianeti ma indefinite come nebulose. [/mfn]. Per una stella con una massa inferiore alle 8 masse solari [mfn] sebbene il Sole abbia una massa molto grande, in campo astronomico è al contrario tra i corpi meno massivi [/mfn], la massa dell’inviluppo esterno che preme sul nucleo non è sufficiente per innescare la reazione nucleare successiva all’elio; quindi da Giganti Rosse, queste stelle divengono nane bianche, astri con un raggio intorno ai 10000 km e una densità enorme: dove un cucchiaino di materia può pesare anche una tonnellata! Le nane bianche, raffreddandosi, diventano nane brune e poi nere (non sono però state ancora osservate nane nere in quanto l’Universo è ancora troppo “giovane”).[/vc_column_text][vc_custom_heading text=”E gli altri elementi?” font_container=”tag:h3|text_align:left|color:%23000000″ use_theme_fonts=”yes”][vc_column_text]Abbiamo visto come si formano l’elio e l’idrogeno, ma non sappiamo come si sono formati tutti gli altri elementi, alcuni dei quali fondamentali per la vita: il nostro corpo, ad esempio, è formato per il 99% da ossigeno, carbonio [mfn] il carbonio, per le sue proprietà, è adatto a creare lunghe catene atte a conservare informazioni [/mfn], idrogeno, azoto, calcio e fosforo. Mentre l’idrogeno ha 13.8 miliardi di anni, poiché è stato prodotto dal Big Bang, tutto il resto deve essere stato prodotto da qualcos’altro, prima che si fosse formato il sistema solare. Chi sono queste antiche fucine di elementi? Sono le stelle grandi, di massa pari a più di 20 volte quella solare. Un esempio può essere Zeta Puppis, che ha una massa di 50 Soli e luminosità pari a 60.000 volte quella del Sole.
Grazie alla loro massa, all’interno di queste stelle è possibile raggiungere livelli sufficientemente alti di pressione, densità e temperatura e produrre quindi gli elementi della tavola periodica fino al ferro (Fe).[/vc_column_text][vc_custom_heading text=”Le Supernovae” font_container=”tag:h3|text_align:left|color:%23000000″ use_theme_fonts=”yes”][vc_column_text]Stelle di circa 30 masse solari, al termine del loro ciclo vitale, esplodono dando luogo alle cosiddette Supernovae: il loro nome deriva dagli antichi, che osservarono più volte nel cielo dei corpi nuovi e di dimensioni super. Durante l’esplosione di queste stelle, si formano molti elementi pesanti, fino ad arrivare all’oro. Il ritmo di esplosioni di Supernove calcolato nella nostra galassia è di circa 3/4 al secolo, ma è dal 1600 che non ne avvengono; la più recente è invece avvenuta il 23 febbraio 1987 in una galassia satellite, nella nube di Magellano. Osservando le fotografie dell’Hubble Space Telescope, è possibile vedere questa enorme nube di gas in espansione che si sta scontrando con dei grumi espulsi prima dell’esplosione; quando questa onda di materia li incontra, li eccita e forma una corona. Si trova a 150.000 anni luce di distanza: ciò significa che la luce che ci è arrivata nel 1987 era stata prodotta 150.000 anni prima. Cassiopea a (Cas a) è una delle supernovae storiche, vista nel 1680 e distante 11.000 anni luce, mentre la più famosa è la nebulosa del Granchio, un resto di supernova scoppiata nel 1054, avvenimento registrato da alcuni astronomi cinesi. Di giorno è stata osservabile per settimane e di notte per mesi, ma nessuno studioso in Europa ha però registrato il fenomeno, probabilmente poiché era vietato secondo la religione cristiana affermare che fossero avvenuti dei cambiamenti nelle sfere extralunari, considerate immutabili. In conclusione, siamo vecchi e siamo letteralmente costituiti da polvere di stelle: l’idrogeno di cui siamo fatti risale a 13.8 miliardi di anni fa e gli altri elementi a un’esplosione di una stella di grande massa, di cui non conosciamo il nome, avvenuta almeno 5 miliardi di anni fa.
[/vc_column_text][vc_single_image image=”12148″ img_size=”full” add_caption=”yes”][vc_custom_heading text=”Fino all’oro… e poi?” font_container=”tag:h3|text_align:left|color:%23000000″ use_theme_fonts=”yes”][vc_column_text]Fino a una decina di anni fa si pensava che tutti gli elementi oltre il ferro si fossero formati a spese dell’enorme energia impiegata nell’esplosione della supernova stessa, ma è stato scoperto che si formano solo elementi fino all’oro, poiché per formare metalli più pesanti servirebbero più neutroni di quelli presenti nelle stelle di neutroni. Ci si è quindi chiesto quale evento potesse superare per emissione energetica la formazione di una stella di neutroni. Grazie anche alle recenti osservazioni riguardanti le onde gravitazionali, un fronte sempre più cospicuo di astronomi ritiene che uno scontro fra stelle di neutroni possa generare sufficiente energia da formare tutti gli elementi presenti nella tavola periodica, e forse anche altri più pesanti…[/vc_column_text][vc_custom_heading text=”L’esplosione” font_container=”tag:h3|text_align:left|color:%23000000″ use_theme_fonts=”yes”][vc_column_text]L’esplosione più potente, dopo il Big Bang, è però quella di un altro fenomeno: stelle di 40 o più masse solari, quando implodono, non formano una stella di neutroni, ma continuano a comprimersi dando vita a un Buco Nero. Questa continua compressione fa sì che la materia, quando si avvicina al raggio di non ritorno, emetta due getti diametralmente opposti che scaturiscono a una velocità vicina a quella della luce. Queste sorgenti, chiamate Gamma Ray Burst, emettono energia pari a 100 supernovae, pari a quella che il sole emetterebbe in 3000 miliardi di anni e che la nostra galassia emetterebbe in 100 anni. Se ciò avvenisse nelle nostre vicinanze [mfn] per vicinanze si intende nell’ordine delle migliaia di anni luce [/mfn], la Terra verrebbe investita da una notevole quantità di radiazioni, tra cui raggi X e raggi UV, e questi ultimi distruggerebbero la barriera dell’ozono. Poiché per riprodurla ci vorrebbero migliaia di anni, i raggi UV emessi dal Sole che raggiungono la Terra ucciderebbero il fitoplancton, organismi alla base della catena alimentare: si arriverebbe quindi a una nuova estinzione di massa. Eta Carinae, una stella di notevoli dimensioni non così distante da noi, sta per esplodere, ma non dovrebbe causare interferenze nel nostro Sistema: bisogna infatti considerare non solo la distanza, ma anche l’orientamento della stella.[/vc_column_text][vc_single_image image=”12147″ img_size=”full” add_caption=”yes”][vc_custom_heading text=”Vita e morte, tutto dipende dalle esplosioni” font_container=”tag:h3|text_align:left|color:%23000000″ use_theme_fonts=”yes”][vc_column_text]Abbiamo visto come alcune esplosioni stellari possano rendere possibile la vita sul nostro pianeta e come altre esplosioni possano distruggerla. Eppure una domanda sorge spontanea: ma se un’esplosione ha creato quei 6 elementi che, sostanzialmente, ci formano per intero, siamo davvero soli nell’Universo? Non è possibile rispondere, forse non lo sarà mai, ma un dato lascia ben sperare: questi elementi, fatta eccezione per il fosforo, sono i più diffusi nell’Universo![/vc_column_text][vc_single_image image=”12146″ img_size=”full” add_caption=”yes”][/vc_column][/vc_row]