Aggiornato il 20 Novembre 2020
Primo gennaio 1801, notte fonda. Padre Giuseppe Piazzi, originario della Valtellina, si ritrovava a guardare le stelle dall’Osservatorio Astronomico di Palermo. Lo strumento che aveva in mano era quanto di meglio fosse disponibile all’epoca: un Cerchio Altazimutale che si era fatto costruire dieci anni prima a Londra, dal celebre Jesse Ramsden, quando gli era stato chiesto di realizzare la Specola dell’Accademia dei Regi Studi. Appena istallato, iniziò a utilizzare quello strumento per realizzare un catalogo stellare di grande precisione e completezza. Dopo anni di lavoro certosino lo aveva quasi completato, ma quella sera scoprì qualcosa di nuovo. Si trattava di un oggetto celeste che nessuno aveva mai visto prima. Continuando a osservarlo nei giorni successivi si rese conto che si muoveva rispetto alle altre stelle, quindi stella non era. Si trattava forse di una cometa? Comunicò la sua scoperta soltanto a Barnaba Oriani, compatriota e amico di Milano, sottolineando che il suo movimento, così lento e uniforme, gli suggeriva che potesse essere “qualcosa di meglio di una cometa“.
Dopo alcuni giorni dovette interrompere le osservazioni per problemi di salute, poi l’oggetto muovendosi si avvicinò troppo al Sole per poter essere seguito da altri, e andò perduto. Per ritrovarlo passò quasi un anno e ci si riuscì soltanto grazie ai calcoli di un nascente astro della matematica, il tedesco Carl Friedrich Gauss, all’epoca ventiquattrenne. Per far breve una lunga e avvincente storia, Padre Piazzi aveva scoperto Cerere, il principale corpo celeste che fa parte della Cintura Principale degli Asteroidi, di cui abbiamo parlato ieri.
La classificazione di Cerere però è cambiata numerose volte in passato. Inizialmente, l’astronomo Johann Elert Bode propose che si trattasse del “pianeta mancante” tra Marte e Giove, previsto da una curiosa legge matematica nota come “Legge di Titius-Bode“.
Altri corpi simili furono scoperti negli anni successivi nella stessa regione del Sistema Solare: Pallade (1802), Giunone (1804) e Vesta (1807). Troppi per essere tutti “pianeti”.
Già subito dopo Pallade, l’inglese William Herschel coniò il termine “asteroide”, riconoscendo a questi “corpi minori” del Sistema Solare l’appartenenza a una classe diversa da quella dei pianeti principali. Tale definizione divenne comunemente accettata soltanto a metà ‘800.
Incredibilmente, gli astronomi non hanno concordato su una definizione scientifica di cosa fosse un “pianeta”, un “satellite” o un “asteroide” fino al 2006. Ci si riuscì soltanto dopo un acceso dibattito, finito ai voti in una concitata assemblea dell’Unione Astronomica Internazionale, nella quale si stabilì che Plutone doveva essere declassato a “pianeta nano” (vedi scheda del 14 dicembre), categoria a cui venivano promossi anche Cerere, Haumea (16 dicembre), Eris (17 dicembre) e Makemake (18 dicembre). Questa classificazione rispecchia una caratteristica fisica importante, che non hanno altri corpi minori del Sistema Solare: Cerere, ma non Vesta, ha una massa abbastanza grande da rendere la propria forza di gravità superiore alle forze che tengono uniti i corpi rocciosi, e quindi ha potuto assumere una forma quasi sferica (corpo in “equilibrio idrostatico”).
Perchè allora parlare insieme di Cerere e Vesta?
Semplicemente perché quasi tutto quello che sappiamo sulla loro costituzione si deve alla sonda spaziale americana Dawn, che li ha visitati entrambi nel 2011 (Vesta) e nel 2015 (Cerere).
Vesta, grande circa la metà di Cerere, ha una superficie ampiamente scolpita con crateri. Si è probabilmente formato nella parte interna del Sistema Solare, dov’è tuttora, ed ha subito un’evoluzione simile a quella degli altri pianeti rocciosi. La composizione chimica della superficie suggerisce che si tratti di lava solidificata, mentre gli elementi più pesanti sono concentrati oggi in un nucleo metallico. Questa differenziazione è stata probabilmente causata da un lento raffreddamento dell’asteroide dopo la sua formazione.
Cerere invece sembra si sia formato molto più lontano dal Sole, come indicano i composti chimici leggeri presenti in superficie, e sia poi successivamente migrato verso l’interno. Ciò ha consentito anche la conservazione di grandi quantità di acqua che probabilmente costituiva oceani, forse ancora in parte esistenti oggi sotto la superficie ghiacciata.
La presenza d’acqua, già nota in alcuni satelliti di Giove e Saturno oltre che sulla Terra, è di grande importanza per il possibile sviluppo di forme di vita. Di fatto, la sonda Dawn ha anche indicato grande abbondanza di composti organici sulla superficie di Cerere, e attività geologica (crio-vulcanesimo) anche in tempi relativamente recenti. Tutti questi aspetti rendono Cerere ormai più propriamente definibile come un “proto-pianeta”.
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