Aggiornato il 28 Novembre 2024
Scrutare il Cosmo non serve solo a comprendere il nostro ruolo nell’Universo ma è anche un monito a prenderci cura del nostro fragile, bellissimo pianeta. In risposta ai primi articoli dell’iniziativa Destinazione Futuro, il Gruppo Storie di INAF (nelle persone di Marco Castellani, Daria Guidetti, Claudia Mignone, Adamantia Paizis e Anna Wolter) ha accettato di rispondere a una serie di domande formulate da Nicoletta Benatelli in occasione della pubblicazione dell’annuale Agenda del riciclo per il Gruppo Veritas "“ società multiservizi pubblica del Veneto "“ a proposito di responsabilità ecologica e sostenibilità .
Il Gruppo Storie, attraverso la testata EduINAF (magazine di didattica e divulgazione dell’INAF), ha scelto di proporre ai propri appassionati lettori un questionario sul Futuro. Com’è nata l’idea? Quale prospettiva sta emergendo dalle risposte raccolte? Possiamo dire che il Futuro è soprattutto una nostra responsabilità ?
Siamo in un’epoca di grandi cambiamenti, anche l’esplorazione del Cosmo ha subito una formidabile accelerazione rispetto a solo pochi anni fa. Oggi è normale avere sonde che passeggiano su Marte, droni che compiono voli automatici sul pianeta rosso. Nello stesso tempo altre sonde sono ormai uscite dal Sistema Solare e ci consegnano dati direttamente dallo spazio interstellare (come le gemelle Voyager 1 e Voyager 2), mentre già si pianificano future missioni umane su Marte. Insomma, la scienza invade prepotentemente il campo un tempo esclusivo della fantascienza, forzandoci così a considerare possibile quello che fino a ieri era fantasia. Ce n’è abbastanza per domandarci come e in che misura venga recepito tutto questo: se ciò generi un senso di ottimismo e fiducia – in questi tempi difficili – o se prevalga la cautela o anche un certo disorientamento, di fronte a tali e tanti risultati. Abbiamo pertanto scelto di metterci in ascolto, facendolo in modo non troppo serioso, a cavallo tra scienza e fantascienza, approfittando di due importanti ricorrenze, cadute entrambe ad agosto di quest’anno, legate allo scienziato e scrittore Fred Hoyle (venti anni dalla morte) e a Gene Roddenberry, creatore di Star Trek (cento anni dalla nascita). Le prospettive che emergono sono decisamente interessanti, perchè ci parlano di una percezione ampia del fenomeno vita (la gran parte di chi ha risposto è convinto che vi sia vita fuori dalla Terra, anche se non abbiamo ancora prove dirette) e soprattutto di una fiducia diffusa (che di questi tempi non è scontata), anche verso il non conosciuto, il diverso: moltissimi vorrebbero incontrare direttamente un extraterrestre, per esempio. Ma prima di tutto, si percepisce dalle risposte un forte monito alla responsabilità . Colonizzare altri pianeti, per esempio, può essere fatto soltanto ponendo grande attenzione a “esportare” un modello virtuoso di sostenibilità e di vita sociale. Inoltre, c’è grande tensione a non voler ripetere gli stessi errori, ma imparare da ciò che è accaduto sulla Terra, per garantire – a chi andrà a vivere altrove – un futuro migliore e pienamente sostenibile.
Miliardi di stelle nella nostra galassia e miliardi di galassie nell’universo da noi osservabile, ma finora la presenza di vita, al di fuori del nostro pianeta resta una ipotesi: siamo un’eccezione?
Non dobbiamo sentirci dei privilegiati, perchè non abbiamo evidenze scientifiche per dire quanto sia rara o comune la vita nell’Universo. Ci stiamo concentrando soprattutto nell’esplorare la possibilità che nel nostro Sistema Solare e fuori di esso esistano forme di vita, anche semplicemente batterica, basate sull’acqua, uno degli ingredienti essenziali per lo sviluppo della vita sulla Terra. Per questo si definisce “fascia di abitabilità " quella zona attorno a una stella dove le condizioni sono tali che un pianeta roccioso possa mantenere acqua liquida eventualmente presente in superficie. Ma non basta. Per favorire il fiorire della vita, il pianeta deve anche possedere un’atmosfera con la chimica giusta e un campo magnetico che lo protegga dall’azione sterilizzante di radiazioni ad alta frequenza e del flusso di particelle energetiche provenienti dalla stella madre e dallo spazio interplanetario. Senza questi scudi, la superficie del pianeta presenterebbe condizioni letali anche per i batteri più tenaci che conosciamo (gli estremofili in Antartide, per esempio). Inoltre, bisogna che le condizioni atte a favorire lo sviluppo della vita siano durature su lunghi periodi, anche miliardi di anni, in quanto la vita ha bisogno di tempo per svilupparsi, e ancor di più una forma di vita intelligente. Quindi la stella attorno a cui ruota il pianeta deve avere una massa che le permetta di vivere a lungo e deve essere stabile, cioè senza variazioni improvvise di luminosità ed emissioni violente.La Terra possiede tutti questi ingredienti, oltre a trovarsi nella fascia di abitabilità del Sistema Solare. Inoltre si trova anche nella zona di abitabilità della Via Lattea, dove non ci sono nè troppe stelle nè troppo poche: fondamentale, perchè anche una densità “sbagliata" di stelle potrebbe impedire non solo lo sviluppo della vita ma anche la formazione di pianeti. Non dobbiamo stupirci di essere “fatti così", nel posto giusto e al momento giusto: siamo figli di tutte quelle condizioni che sulla Terra si sono verificate. Nel frattempo continuiamo a cercare tracce di vita passata o attuale nel nostro Sistema Solare sotto la crosta ghiacciata di Marte e quella di Encelado, satellite di Saturno. Prossimamente anche Europa, satellite di Giove, sarà oggetto di una missione spaziale ad hoc. Si tratta di corpi celesti per i quali c’è evidenza della presenza di acqua e, nei primi due, anche di composti organici.
Per quanto riguarda gli esopianeti ora sono 60 quelli classificati in prima battuta come potenzialmente abitabili, ma si sta anche esplorando la possibilità di avere forme di vita basate su sostanze diverse dall’acqua. Del resto gli esopianeti sono una popolazione molto variegata suggerendo che anche le forme di vita che si possono sviluppare nell’Universo possano esserlo altrettanto.
Quale responsabilità ecologica dobbiamo avere nei confronti del nostro pianeta che ha reso possibile lo sviluppo della vita e tuttora ci ospita? Noi abitiamo un frammento dell’incommensurabile mistero del cosmo, come possiamo esserne degni?
La Terra è la nostra placenta: da essa traiamo nutrimento e vita. Lo abbiamo fatto da sempre e forse per questo finiamo con il darla per scontata. La responsabilità ecologica, che dovrebbe essere percepita come un diritto e non come un dovere, rientra nel quadro più ampio del rispetto di se stessi e del prossimo. Difficile essere degni di questo “frammento", essere all’altezza della sua capiente biodiversità . Nei confronti della natura spesso ci sentiamo forti, dominanti. E invece basterebbe così poco per capire che siamo minuscoli, nello Spazio e nel Tempo. Basterebbe fare uno zoom-out emotivo, sulla scia di quello reale fatto nel 1990 dalla già citata sonda Voyager 1 che, da una distanza di 6 miliardi di chilometri "“ oltre l’orbita di Nettuno, ha fotografato la Terra: un pallido puntino blu, granello di polvere, che fluttua nel silenzio.
Perseverance resterà sul suolo di Marte. Le sonde Voyager sono uscite dal sistema solare e stanno inviando messaggi dallo spazio interstellare. Che fine faranno questi sistemi? Stiamo producendo rifiuti anche nello spazio? Quanto le nostre tecnofirme possono essere inquinanti? E quali precauzioni vengono prese per non diffondere inquinamento anche biologico nello spazio?
Perseverance resterà su Marte e le due sonde Voyager continueranno il loro viaggio nell’Universo, ma in generale l’inquinamento prodotto su altri pianeti e nello spazio interplanetario è ritenuto trascurabile, poichè si parla di poche decine di sonde spaziali sparse su scale estremamente ampie. Per quanto riguarda l’ambiente terrestre, i propellenti usati dai lanci spaziali sono e saranno la fonte principale di inquinamento degli strati più alti dell’atmosfera terrestre. Gli studi di tale impatto però sono appena iniziati, per cui al momento sono pochi i dati per prevedere le possibili conseguenze e in particolare se ve ne saranno sul clima globale del pianeta. L’inquinamento più consistente lo abbiamo però prodotto nelle orbite attorno alla Terra: lì insieme ai satelliti operativi orbitano circa 6500 tonnellate di rifiuti spaziali (per capirci, circa il peso di 1500 elefanti), che includono interi satelliti fuori servizio, stadi di razzi, ma anche oggetti piccoli come bulloni, frammenti di vernice, che possono costituire un serio problema per il funzionamento dei satelliti attualmente in funzione.
Poichè le attività spaziali procedono a pieno ritmo, soprattutto dopo l’accesso allo Spazio delle aziende private, oggi vari enti di tutto il mondo sono impegnati nel cercare soluzioni per mitigare almeno il problema dell’inquinamento spaziale e lavorare per uno spazio sostenibile. L’Inter-Agency Space Debris Coordination Committee ha elaborato una serie di linee guida per ridurre al minimo la produzione di nuovi rifiuti spaziali in orbita e per ripulire le orbite già inquinate. Inoltre sono allo studio tecniche per rimuovere i rifiuti più grossi da parte di satelliti “spazzini" e progetti che mirano a sviluppare satelliti basati sul riciclo e propellenti più ecologici.
Per quanto riguarda la contaminazione biologica, si adotta il principio di “Protezione Planetaria": un insieme di requisiti elaborati dalla NASA al fine di garantire l’efficacia della ricerca di possibile vita extraterrestre. Essi prevedono standard di pulizia dei veicoli spaziali per limitare la quantità di organismi terrestri e materiali organici trasportati sugli altri pianeti (vengono raggiunti livelli di sterilizzazione più alti di quelli degli strumenti chirurgici!) e standard per la conservazione e l’analisi di campioni di suolo raccolti sugli altri corpi celesti trasportati a Terra. In particolare, al fine di realizzare veicoli spaziali sterili (o a basso carico biologico), i vari componenti vengono assemblati in spazi asettici (camere bianche) e ripuliti a fondo per uccidere i microbi viventi, anche con il riscaldamento di alcune parti a oltre 100-200° Celsius. Infine, per le sonde in orbita attorno ad altri pianeti, la Protezione Planetaria richiede che sia garantita la stabilità delle loro orbite per secoli in modo che ci sia tutto il tempo affinchè la sonda possa essere sterilizzata dal bagno di radiazioni e particelle provenienti dal Sole e dallo Spazio.
Il valore dell’ambiente. Quali condizioni ambientali richiede osservazione astronomica del cielo? Quali motivazioni profonde spingono allo studio dell’astrofisica, come si correla la passione per la ricerca e il rispetto per l’ambiente?
L’astrofisica studia la struttura, la composizione, l’origine e l’evoluzione dell’Universo. Per effettuare queste osservazioni con telescopi ottici da terra, gli osservatori devono trovarsi in luoghi con poca turbolenza atmosferica e inquinamento luminoso: dunque luoghi remoti, generalmente in alta quota, con poca umidità e ridottissimo inquinamento. I radiotelescopi invece, che osservano il cielo nelle onde radio, hanno bisogno di zone poco inquinate dal punto di vista delle interferenze radio e microonde, come deserti liberi da emissioni per telecomunicazioni e da altri usi umani. Altre frequenze della luce si possono osservare solo dallo spazio, perchè sono bloccate molto efficacemente dalla nostra atmosfera.
Negli ultimi trent’anni, abbiamo rilevato migliaia di pianeti in orbita attorno ad altre stelle e certamente esistono miliardi di pianeti solo nella nostra galassia. Possiamo imparare molto dallo studio di questi esopianeti remoti ma, come notato dal Premio Nobel 2019, Michel Mayor, non possiamo raggiungerli: sono troppo lontani e dunque dobbiamo necessariamente prenderci grande cura della Terra: in effetti, al momento, there is no Planet B, non abbiamo alcun pianeta di riserva. Nell’estate 2021, più di 2750 astronomi da 78 paesi del mondo hanno firmato l’appello Astronomers for Planet Earth: si tratta di un movimento spontaneo che riunisce studenti di astronomia, educatori e scienziati di tutto il mondo per condividere con il pubblico la loro specifica prospettiva astronomica sulla Terra e sui cambiamenti climatici.
Dal cielo alla terra. Quali sono le questioni più pressanti per la sostenibilità della vita sul nostro pianeta? Vita intelligente vuol dire saper proteggere il nostro futuro, in quale modo possiamo farlo?
L’astronomia offre una prospettiva privilegiata sull’unicità del nostro pianeta e della vita sulla Terra nel contesto cosmico. Da alcuni anni, la comunità astronomica internazionale è sempre più attiva nel riconoscere l’urgenza della crisi climatica e il nostro impatto su di essa. Il movimento Astronomers for Planet Earth, già citato, invita le istituzioni astronomiche di tutto il mondo a essere di esempio per il settore nel mitigare il contributo alla crisi climatica, facendo della sostenibilità un obiettivo primario, mettendo in atto pratiche sostenibili specifiche per ridurre le emissioni di carbonio e comunicando chiaramente questi cambiamenti sia ai propri affiliati che al grande pubblico. Numerosi astronomi INAF hanno già sottoscritto questo appello. Possiamo dire che in direzione simile si muove, anche, il progetto Sorvegliati Spaziali di INAF, di imminente apertura, come si può leggere nella nota in fondo a questa pagina.
Al laboratorio Green Propulsion laboratory di Veritas, in collaborazione con università ca’ Foscari, si studiano le capacità di depurazione e decontaminazione dagli inquinanti proprie di alcune tipologie di batteri. Batteri all’origine della vita e ancora in grado di darci un aiuto per preservarla?
Una maggiore consapevolezza sta lentamente emergendo, per la quale si cerca prima di tutto di utilizzare ciò che già esiste in natura chiamando l’umanità a collaborare in modo virtuoso ai progetti in corso. Se tanto possono fare i batteri per depurazione e decontaminazione (grazie a progetti meritori come quello dei GPL di Veritas), ricordiamo, dal punto di vista astronomico, che moltissime sonde si muovono – da molti anni – grazie a un contributo importante dell’energia solare.
Plastic smart cities è una campagna del wwf contro la dispersione della plastica in natura a cui ha aderito per prima in Italia anche la città di Venezia. Volete sostenere la campagna lanciando un appello ai vostri lettori?
Siamo lieti che una città meravigliosa e delicata come Venezia abbia aderito a un’iniziativa così meritoria come Plastic Smart Cities. L’astronomia mostra a tutti quanto speciale e fragile sia il nostro ambiente e come abbia comunque un posto particolare nella nostra zona della Galassia. Ci sembra senza dubbio una campagna da sostenere: è proprio la Terra il più importante oggetto astronomico che possiamo indagare!
Sorvegliati Spaziali è un progetto di divulgazione INAF (la cui responsabile è Daria Guidetti) dedicato alla Difesa Planetaria, un termine che include lo studio di eventi celesti e attività spaziali che potrebbero avere effetti sull’ambiente terrestre, nonchè le necessarie misure di prevenzione o mitigazione, quali: possibili impatti di asteroidi e comete in passaggi ravvicinati con la Terra, meteore e impatti di meteoriti, gestione e monitoraggio del traffico spaziale in orbita, e infine fenomeni del Sole che potrebbero, per esempio, provocare black-out elettrici a terra o malfunzionamenti dei satelliti artificiali. Sorvegliati Spaziali debutta il prossimo 20 ottobre con il lancio del sito web dove sarà possibile reperire tante informazioni sulla Difesa Planetaria!
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