Scoperte Cacciatori di comete

Con il cuore tra le comete

Nell'anniversario dell'atterraggio del lander Philae sulla cometa 67P, una intervista a Giannantonio Milani, astrofilo della UAI appassionato di comete

Oggi, 12 novembre 2021 si festeggia un importante anniversario dell’esplorazione spaziale. Un anniversario di quelli storici. Oggi, sono passati esattamente 7 anni dall’atterraggio della sonda Philae della missione ESA Rosetta sulla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. Siamo stati molto fortunati a poter festeggiare l’occasione con Cattura la cometa!, una campagna di astrofotografia nata per realizzare un ritratto collettivo della nostra amica 67P, tornata in questi giorni a solcare i nostri cieli. Grazie all’entusiasmo dei tanti e bravi astrofili italiani che hanno co-organizzato con EduINAF l’iniziativa, siamo riusciti a raccogliere numerose e bellissime immagini della cometa di Rosetta. Per festeggiare l’occasione mettendo in risalto il ruolo fondamentale che gli astrofili hanno nella comunità scientifica, abbiamo intervistato Giannantonio Milani della Sezione Comete della UAI (Unione Astrofili Italiani), grande appassionato e studioso di comete.

Giannantonio, la cometa 67P è una cometa dalla storia molto bizzarra, diventata target della missione Rosetta in modo del tutto fortuito. A dire la verità, le comete sono tutte oggetti celesti con storie particolari. Ci racconti come la tua vita da “osservatore del cielo” sia stata influenzata da 67P e dalle altre comete e più in generale, perché la cometa di Rosetta è stata così importante nella storia dell’astrofilia italiana?
La cometa 67P è un oggetto bizzarro già dalla sua scoperta, effettuata da Klim Churyumov e Svetlana Gerasimenko nel 1969, mentre cercavano di osservare un’altra cometa, la 32P. Nello stesso periodo, stava crescendo in me la curiosità per questi oggetti celesti, in seguito all’apparizione della cometa Bennett che mi aveva molto impressionato, soprattutto vedendo le fotografie pubblicate nelle riviste astronomiche per le complesse e delicate forme della coda. Negli anni seguenti ho potuto osservare alcune comete luminose: Kohoutek nel 1973, Kobayashi-Berger-Milon nel 1975 e soprattutto la cometa West nel 1976, affascinante per il suo aspetto peculiare dovuto alla frammentazione del suo nucleo mentre passava vicina al Sole. Riguardare i miei disegni di quella cometa mi fa rivivere l’emozione di quei momenti.
Ma non ero il solo: l’interesse generale destato dalla cometa West ha  portato alla nascita della Sezione Comete dell’Unione Astrofili Italiani che ha rappresentato un punto di riferimento e di incontro per tutti gli appassionati di comete.  In seguito, vent’anni fa, da una collaborazione tra  alcuni astrofili ed astronomi professionisti, è nato un programma completamente nuovo per l’osservazione delle comete, con lo scopo di ottenere dati più incisivi e confrontabili con quelli professionali e di sfruttare a fondo la tecnica digitale che aveva ormai preso piede anche tra gli astrofili. Il progetto, denominato CARA, ha subito coinvolto osservatori a livello europeo ed in seguito anche internazionale.
Nello stesso periodo, la missione Rosetta stava entrando nella fase operativa e, a causa di un rinvio del lancio, era stato necessario modificare il suo obiettivo: non più il suo oggetto di studio originale, la cometa 46P/Wirtanen ma 67P/Churyumov-Gerasimenko, una piccola cometa appartenente a una numerosa famiglia di oggetti con orbite governate dall’influenza di Giove. 67P fino a quel momento era poco studiata dalla comunità scientifica, ma alcuni di noi la stavano già osservando in quel periodo.

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Disegni della cometa C/1975 N1 (Kobayashi-Berger-Milon) realizzati con binocolo 10×50. La cometa si è resa visibile sotto un buon cielo nell’estate del 1975. Giannantonio Milani – flickr

Per le comete, come per molti altri corpi celesti, le osservazioni degli astrofili sono estremamamente importanti dal punto di vista scientifico. Cosa avete contribuito a scoprire della cometa 67P e come avete aiutato i professionisti in questa occasione?
Le comete sono oggetti il cui comportamento può variare in modo imprevedibile. Il vantaggio degli astrofili è di poterne seguire le gesta con continuità, cosa non sempre possibile per gli astronomi professionisti che il più delle volte devono programmare con largo anticipo le osservazioni con i grandi telescopi. Se in una cometa avviene qualcosa di insolito spesso i primi ad accorgersene sono gli astrofili, mentre saranno poi i professionisti a effettuare osservazioni approfondite con grandi strumenti e da siti che garantiscano condizioni ideali di cielo.
Come già detto, su 67P inizialmente c’erano pochi dati e il fatto che la stessimo già osservando, ha permesso di delineare bene il suo comportamento. In questo modo abbiamo contribuito a prevedere l’ambiente di polveri che avrebbe incontrato Rosetta una volta giunta a destinazione. Non dimentichiamo che il target iniziale di Rosetta, la 46P/Wirtanen, era più piccola e meno attiva della 67P. Le cosa preoccupava, perché Rosetta e Philae erano stati progettati per un ambiente diverso ed era essenziale capire in anticipo cosa avrebbe incontrato la missione. La gran soddisfazione è stata vedere che poi la sonda ha trovato esattamente quanto era stato previsto. Un secondo risultato inatteso è venuto dall’analisi  delle prime immagini della 67P riprese nel 2002/2003 che hanno proposto un enigma inizialmente incomprensibile. Infatti con il passare dei mesi la coda andava assumendo un orientamento che era impossibile sia per una coda di tipo gassoso che per una normale coda di polveri. E’ stato Marco Fulle dell’Osservatorio di Trieste dell’INAF a risolvere l’enigma, scoprendo che la coda osservata era in realtà una particolare struttura di polveri, fino ad allora mai osservata su una cometa periodica.  Una scoperta importante perché indicava che la 67P era attiva anche a grande distanza dal Sole e quindi Rosetta avrebbe incontrato molte più polveri del previsto, anche di grandi dimensioni, uno scenario molto diverso rispetto a quanto era stato ipotizzato per la 46P/Wirtanen.

Le comete sono state e sono tuttora studiate da molte missioni spaziali, con approcci diversi tra loro. Le prime missioni si sono dovute limitare a rapidi sorvoli. Altre, come Rosetta, hanno accompagnato la cometa per parte della sua orbita. Altre ancora, si spingono a impattare questi oggetti e raccoglierne campioni. A parte Rosetta, vi siete trovati a dare supporto ad altre missioni spaziali e come?
Decisamente si, a parte Rosetta, abbiamo avuto altre interessanti occasioni di collaborazioni. Per Deep Impact ed EPOXI la collaborazione si è estesa per tutta la durata delle missioni e il ruolo degli astrofili è stato di effettuare un monitoraggio pressoché continuo  su un intervallo di tempo molto ampio integrando i dati professionali, in modo da avere un quadro molto dettagliato sul comportamento della cometa. Lo stesso è avvenuto per la campagna professionale sulla cometa ISON e per la Borisov, la prima cometa interstellare osservata. Nella missione Deep Impact è stato anche cruciale seguire il momento dell’impatto del modulo che è stato lanciato come un proiettile sul nucleo per sondare cosa avrebbe prodotto. L’effetto dell’impatto è stato ben visibile per le polveri scagliate verso l’esterno e i nostri risultati erano in perfetto accordo con quelli professionali.  Oltre a queste collaborazioni vi sono stati professionisti che ci hanno chiesto dati su specifiche comete per estendere ed integrare quelli in loro possesso.

Con l’avvento delle tecnologie digitali che hanno soppiantato le lastre fotografiche, come è cambiato il vostro modo di osservare e studiare le comete?

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Una fotografia della cometa C/1996 B2, ripresa con un piccolo teleobbiettivo da 135 mm di focale la notte del 24-25 marzo 1996 dal Monte Grappa. Giannantonio Milani – flickr

Negli ultimi anni, effettivamente, le possibilità osservative per gli astrofili sono completamente cambiate. Mediante camere CCD è diventato possibile osservare molte più comete, anche deboli, prima irraggiungibili visualmente e fotograficamente, ed effettuare anche misure quantitative. L’osservatore non è più costretto a stare per ore all’oculare del telescopio ma può controllare il telescopio e le riprese attraverso un computer.  Un quadro, se vogliamo, meno romantico della classica immagine dell’astronomo che osserva costantemente il cielo attraverso il suo strumento, ma molto più efficace, anche perché con il dilagante inquinamento luminoso l’osservazione visuale diretta è oramai pesantemente limitata.
Con il digitale, la possibilità di sommare un numero elevato di immagini e di utilizzare filtri fotometrici (gli stessi utilizzati a livello professionale) ha consentito  di ottenere immagini sufficientemente profonde e dettagliate e  con più valore scientifico.  In particolare con il progetto CARA, che prevede  l’utilizzo di specifici filtri e di un software dedicato, è stato possibile produrre delle misure ben standardizzate e relative alle polveri emesse dal nucleo delle comete, con risultati perfettamente confrontabili con quelli professionali.  Lo studio delle diverse componenti gassose e polverose è importante per comprendere i fenomeni che avvengono sulle comete e quindi i nostri dati hanno potuto integrare quelli ottenuti dai professionisti.

Torniamo alla 67P: osservandola riapparire nei nostri cieli, cosa hai provato? E come si sta comportando la nostra amica in questo nuovo passaggio?
Il ritorno della 67P prima di tutto ha riacceso i ricordi e le emozioni regalateci dal lungo periodo della missione Rosetta e degli straordinari dati che ha raccolto. E del periodo avventuroso e pionieristico nel quale abbiamo sviluppato il progetto CARA. Riosservare la 67P quest’anno è stato come incontrare una vecchia amica perché ormai è il quinto ritorno che osserviamo.
La 67P nei precedenti passaggi si è mostrata una cometa molto affidabile e regolare nel suo comportamento, ed anche quest’anno, fino ad ora,  sta replicando fedelmente quello che ha fatto in precedenza.  Naturalmente con le comete nulla è mai scontato e quindi la teniamo costantemente sotto controllo per vedere se tutto continua nella norma. Ora grazie a Rosetta sappiamo che il nucleo è formato da due corpi a contatto, e che si tengono tra loro uniti con un delicato equilibrio. Prima o poi sarà inevitabile che si separino dando vita probabilmente a due comete. Quando questo avverrà è impossibile prevederlo, forse tra molto tempo, ma certamente, se accadesse, ci piacerebbe assistere allo spettacolo.
Per adesso, ci gustiamo l’apparizione della 67P, che per noi è e sarà sempre una grande cometa.

Senza voler fare un torto alla cometa di Rosetta, ci racconti cosa rappresentano le comete per te e quale è la tua preferita -esclusi i presenti, ovviamente?
Le comete, da quando ho iniziato a dedicarmi all’astronomia osservativa vera e propria, hanno scandito la mia vita. Un vero e proprio calendario della memoria. Ogni cometa, soprattutto quelle più luminose, mi ricordano momenti particolari. La West perché mi ricorda un periodo di grande attività astronomica, con molte belle esperienze. La Halley è legata alla nascita di mia figlia, e va da sé che questa cometa l’abbia osservata meno delle altre.
Tra tutte le comete, la mia preferita in assoluto è stata la Hyakutake, apparsa un anno prima del passaggio al perielio della Hale-Bopp. La Hyakutake ha avuto una apparizione fulminea e a poco più di un mese dalla scoperta è passata molto vicina al nostro pianeta risplendendo alta nel cielo per alcuni giorni con una lunga coda. La notte della maggiore vicinanza rimane indimenticabile. Il cielo era coperto ma ugualmente in un gruppo di amici siamo saliti sul Monte Grappa. A volte la fortuna aiuta gli audaci  e poco prima della cima ci siamo trovati sopra le nubi con un cielo limpido e trasparente, la Luna stava per tramontare e la cometa era sopra la nostra testa con le nuvole che coprivano tutto l’inquinamento luminoso della pianura; era l’oggetto più vistoso nel cielo.  Su raffigurazioni e testi antichi avevo sempre visto disegni di grandi comete, ma fino ad allora non potevo dire di aver ancora visto una “grande cometa”. Per rendere l’idea posso solo dire che il binocolo 20×80 era già uno strumento troppo grande per osservarla. Al binocolo mostrava chiaramente i colori nella chioma che sfumavano dal giallo caldo al verde e la si vedeva letteralmente muoversi lentamente tra le stelle.  La coda aveva cambiato forma con il passare delle ore. Nessuno di noi era preparato ad uno spettacolo del genere.  Dopo quella notte si è rapidamente allontanata, rimanendo però ancora visibile per diverso tempo, anche se non più spettacolare come quella notte.

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Una selezione di alcuni disegni della cometa C/1975 V1 (West) effettuati con telescopi rifrattori da 60 e 110 mm di diametro. Giannantonio Milani – flickr

Cosa diresti e come convinceresti un giovane a diventare un astrofilo, ad amare il cielo e a osservarlo per passione?
Prima di tutto gli direi che osservare il cielo non è soltanto guardare le stelle o guardare e riprendere i propri oggetti astronomici preferiti. E’ anche un contatto con lo scorrere del tempo, con i mutamenti delle stagioni, che nel cielo si leggono splendidamente con largo anticipo. Osservare il cielo è anche un contatto con la natura nel suo complesso e ci dà la consapevolezza di dove realmente viviamo: un minuscolo pianeta in un Universo immenso. E questa consapevolezza penso sia fondamentale per affrontare nella giusta prospettiva molti problemi, anche relativi all’ambiente e alle variazioni climatiche.

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Scritto da

Livia Giacomini Livia Giacomini

Direttore di EduINAF, il magazine di didattica e divulgazione dell'Istituto Nazionale di Astrofisica.

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