Scoperte Le frontiere del Sistema Solare

Il bip che cambiò la storia

Aggiornato il 3 Ottobre 2020

Era il 4 ottobre del 1957. Fino ad allora tutti i tentativi di staccare un razzo dalla superficie terrestre e portare in orbita un qualche genere di manufatto erano falliti. Quell’anno, infatti, da un lato gli Stati Uniti avevano lanciato due Jupiter, l’AM-1A l’1 marzo e l’AM-1B il 26 aprile, rimasti in aria rispettivamente 7,4 e 93 secondi. Dall’altro l’Unione Sovietica aveva lanciato il 15 maggio l’R-7 Semyorka rimasto in volo per 20 secondi. Quel 4 ottobre, però, Sergei Korolev riponeva grandi speranze nel lancio in programma, in ritardo di ben 17 giorni sui festeggiamenti del centesimo compleanno di Ciolkovskij.

Visionari verso lo spazio

Schizzo di navicella spaziale di Ciolkovskij del 1883
Konstantin Ėduardovič Ciolkovskij può essere considerato come il principale ispiratore dei programmi missilistici di entrambi i contendenti alla corsa per la conquista dello spazio. Il sogno di Ciolkovskij prese le mosse dall’opera di Jules Verne, in particolare quel Dalla Terra alla Luna in cui lo scrittore francese descriveva un metodo per raggiungere il nostro satellite utilizzando un opportuno cannone in grado di sparare un proiettile alla velocità iniziale di 11000 metri al secondo.
L’idea di potere in qualche modo sollevare l’uomo dalla superficie del pianeta e proiettarlo verso l’esplorazione del cosmo sconfinato venne al giovane Ciolkovskij tra il 1873 e il 1876 e portò i suoi primi frutti in un manoscritto, pubblicato postumo, datato 1883 in cui lo scienziato russo schizzò una navicella spaziale dalla forma sferica. I suoi studi si concentrarono essenzialmente sul distacco dalla superficie terrestre, sulla dinamica dei razzi, sugli effetti dell’accelerazione di gravità sugli esseri viventi. Uno dei suoi risultati ancora oggi fondamentali per l’attuale ingegneria spaziale è l’equazione del razzo di Ciolkovskij in cui riusciva a determinare la relazione tra velocità del razzo in qualunque istante, velocità del gas in uscita, massa del razzo e massa del combustibile consumato.
I suoi lavori spaziavano da saggi scientifici a romanzi e racconti di fantascienza, questi ultimi evidentemente ispirati da Verne. Il più noto di tutti è però il saggio L’esplorazione dello spazio cosmico per mezzo di motori a reazione del 1903, dove per la prima volta affermò la possibilità di mandare un razzo nello spazio, fornendo le formule matematiche necessarie per calcolarne la traiettoria. Un testo fondamentale che ispirò una trentina di anni più tardi un altro appassionato di Verne, Robert Goddard, padre della missilistica statunitense.
In effetti la sua paternità ha preso una strada tortuosa: ostracizzato dai colleghi e dalla stampa locale (il New York Times ironizzò in un paio di occasioni sulle sue teorie), volse lo sguardo verso la Germania nazista, dove le sue idee trovarono terreno fertile in Wernher von Braun. Quest’ultimo, infatti, partendo dalle idee di Goddard dapprima progettò i famigerati missili tedeschi, quindi, una volta chiaro che i nazisti avevano perso la guerra, si consegnò agli Stati Uniti per proseguire il sogno di Goddard: portare un uomo nello spazio.

Trasmettere dallo spazio

Sergei Korolev
E’ indubbio che von Braun sfruttò la situazione di tensione bellica tra statunitensi e sovietici per proporre e vedere finanziati progetti scientifici grazie alle implicazioni militari di questi ultimi. In fondo era lo stesso modus operandi di Korolev, che il 17 dicembre del 1954 aveva proposto al ministro della difesa Dimitri Ustinov di inviare un satellite nello spazio. E tale progetto si stava, ormai, concretizzando proprio quel 4 ottobre del 1957.
Immaginate la tensione, i sogni, le attese di quel giorno, mentre lo Sputnik 1 si trovava sulla rampa di lancio del cosmodromo di Baikonur a pochi attimi dalla fine del conto alla rovescia, o mentre si staccava dal razzo per posizionarsi in orbita intorno alla Terra, restando lì sospeso a orbitare per ben tre mesi, inviando un bip che indicava il suo passaggio. E tutti i radioamatori del pianeta che si trovavano lungo il suo percorso poterono ricevere quello storico segnale semplicemente sintonizzandosi sulle frequenze rilasciate pubblicamente dai sovietici.
Fu il primo di una serie di successi dei russi nella corsa allo spazio: seguirono Laika, Jurij Gagarin, Valentina Tereskova, la prima attività extraveicolare, e altro ancora. Ciò che mancò loro fu la spinta dell’ultimo miglio, quell’ultimo colpo di reni che avrebbe permesso di raggiungere la Luna.
Questa della Luna, però, è, come si suol dire, un’altra storia, che parte proprio dal successo dello Sputnik 1, un evento ormai entrato nella storia e che possiamo considerare come l’inizio dell’era spaziale.

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Scritto da

Gianluigi Filippelli Gianluigi Filippelli

Ha conseguito laurea e dottorato in fisica presso l’Università della Calabria. Tra i suoi interessi, la divulgazione della scienza (fisica e matematica), attraverso i due blog DropSea (in italiano) e Doc Madhattan (in inglese). Collabora da diversi anni al portale di critica fumettistica Lo Spazio Bianco, dove si occupa, tra gli altri argomenti, di fumetto disneyano, supereroistico e ovviamente scientifico. Last but not least, è wikipediano.

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